Dazi e stradazi

Donald Trump


Nella sua poco chiara presentazione, Trump ha parlato di “dazi reciproci”. Fin lì si può anche essere d’accordo, sono solo due parole, ma i fatti sono ben diversi e la rappresentazione trumpiana della realtà, con evidenti tinte fondamentaliste, è assai falsata dai numeri presentati: chiari per chi si documenta, smentendo la loro manipolazione; altrettanto chiari per chi ha fede cieca nelle false notizie. Due realtà diverse. 

Se volessimo parlare di dazi reciproci dovremmo parlare di singoli prodotti. Ciò che ha presentato il presidente degli USA, per non citare tutta la tabella parliamo di ciò che riguarda l’Europa,  quel 39%, è, in realtà, il deficit commerciale import export, quindi non si tratta di dazi. È ovvio, quindi, che il presidente americano ha parlato alla pancia dell’America, quella sua, che però, per fortuna, non rappresenta la totalità. I dati concreti, quelli sono ben altro. 

È vero, alcuni settori industriali del paese più ricco del mondo sono in sofferenza. Però è anche vero che in altri settori, quelli che portano maggiori profitti, sono quasi monopolisti. Vorrei vedere, gli USA hanno esternalizzato molte produzioni (Messico, Cina eccetera… costi ridotti e problemi sindacali zero) concentrandosi sul terziario, cioè, hanno cavalcato la tigre della rivoluzione informatica che poi è diventata la rete, scusate se è poco, per cui reti sociali, Amazon, Microsoft, Google e tutto ciò che è High Tech – quindi non parliamo di fabbriche di Detroit –  e alcune di esse sono le aziende più ricche al mondo. Producono beni soggetti a dazi? Nella maggior parte dei casi producono SW  e, avendo già superato la soglia dell’ammortamento dell’investimento, producono puro margine. Inoltre sono delle spropositatamente grandi banche dati (dati… quel furbo di Zuckenberg ce li fa fornire gratis regalandoci uno spazio effimero su un display).

I dati sono un altro prodotto di valore inestimabile perché dicono cosa facciamo, cosa compriamo, cosa ci piace, cosa pensiamo e cosa desideriamo. Insomma, sono il Grande Fratello. A costo zero. E i nuovi orizzonti della tecnologia ci dicono cosa fare di quei dati, oltre alle banali ricerche di mercato: basta scandagliarli a dovere per trovare risposte in tempi brevi, quindi, strumenti avanzati come le varie declinazioni dell’impropriamente detta Intelligenza Artificiale completano la grande illusione di controllare il mondo. 

Diciamo, comunque, che alcuni servizi sono utili. Ad esempio, l’abitante di uno sperduto paesino dell’entroterra può comprare di tutto, anche quello che non si trova nei negozi a lui vicini, e farselo consegnare a casa. Altri servizi lo sono un po’ meno, come ad esempio la possibilità di postare la foto del piatto di pastasciutta appena cucinato, e altri sono addirittura dannosi, come la possibilità di condividere titoli, slogan e notizie non verificati, o roba peggiore che non dico. 

Queste aziende, va detto e ripetuto, non sono soggette a dazi. E neanche ad una giusta tassazione. Inoltre non c’è un organismo di controllo efficace sulle fesserie che girano sulle loro piattaforme. Anzi, no, c’è: censurano chi condivide le foto del Davide di Michelangelo perché ha il pene in mostra mentre lasciano circolare la peggior spazzatura mentale che fa il gioco di chi detiene il potere, ipnotizzandoci e lobotomizzandoci. E dato che tutto il nostro sapere è ormai condiviso in rete, chi ha il controllo dei server può, in qualsiasi momento, decidere cosa va e cosa non va condiviso. 

Verrebbe da dire che, in alcuni casi, si tratta di aziende che conducono il più grande esperimento sociale della storia. Lo fanno con profitti abnormi e con irripetibile successo. Un risultato di questo esperimento lo vediamo ora: le fesserie di Trump trovano terra fertile. E non ci sarà, nell’America profonda, chi potrà smentirle.

Curiosamente, chi meglio ha analizzato il discorso di Trump, è il filosofo cinese Jianwei Xun, creatura virtuale di Andrea Colamedici e figlio di una grandissima operazione di ricerca sulle potenzialità dell’IA. Come a dire che l’IA può diventare il Bruto che pugnala il Cesare. 

Tornando al tema dei dazi, sfugge un dettaglio: di recente molta ricerca scientifica è stata fatta da privati. Questi hanno il vantaggio di essere organismi decisionali veloci e, se le ricerche non vengono sottoposte alla comunità scientifica, di essere autonomi, di non passare attraverso le forche caudine delle ricerche parallele, le così dette “blind peer reviewed”, e di prostrarsi al dio profitto senza batter ciglio. Inoltre, questi privati, che hanno soldi a volontà, non lavorano per il bene comune, ma per il tornaconto in termini di profitti e di “potere”. Pensate a Musk con il suo SpaceX: quanta ricerca c’è in questo progetto? Andare su Marte ed estrarre minerali preziosi, colonizzare la Luna e roba simile, non è cosa che si fa senza che siano fatte ricerche scientifiche. Solo che se le ricerche pubbliche sono condivise tra i vari atenei del mondo, quelle private, che a volte sono in mano a qualche demente senza scrupoli, possono nascondere mostri pericolosi.

Quindi, con il protezionismo, la ricerca scientifica in mano ai privati (e che livello di ricerca!), la minaccia continua al nemico (che poi è il resto del mondo), la capacità di pilotare crisi economiche spaventose (si è visto come hanno reagito le borse non appena annunciati i dazi) e la valigetta col bottone di comando in mano, Trump ha creato la più spaventosa delle Americhe possibili e al resto del mondo non rimane che rimettersi in piedi (magari!) o inginocchiarsi al re (succederà). 

Tempo addietro lessi un saggio sulla letteratura in cui si parlava di come la scrittura, oggi, è fagocitata dalla “memecrazia”. Jianwei Xun, il filosofo inesistente, si è spinto oltre ed ha coniato il termine “ipnocrazia”. Entrambi i termini chiariscono, senza necessità di ulteriore spiegazione, la situazione attuale. Stiamo diventando popoli di seguaci, quando non “popoli seguaci”. Siamo dei “followers”. Il “meme” è un simbolo, va bene così, ma riduce il pensiero a una rappresentazione immediata e non argomentata. In un’era in cui tutto è veloce (come un “tweet”), la mancanza di capacità di analisi porta l’intelligenza naturale verso la via del tramonto e gran parte della nostra umanità cade in stato ipnotico. Lo stato di ipnosi collettiva in cui siamo immersi facilita il lavoro a chi ha il “potere” e ne vuole ancora di più. Dalla memecrazia all’ipnocrazia il passo è breve. 

Trump vuole che l’America (la sua) sia un fortino di scienza (la sua), di ricerca (la sua)  e di capacità produttiva (la sua). Il resto del mondo vada a farsi fottere. La cultura è inutile, serve solo la ricerca da cui si può trarre profitto. Arte, letteratura, filosofia, diritto, storia eccetera, cosa sono? E poi, comunità scientifica addio? Chi ha i server ha i dati, e chi ha i dati può riscrivere la storia (e la scienza) a proprio piacimento.

Occorrerebbe mettere dei dazi sul pensiero e sulla storia. Già, perché se oggi possono pensare di andare su Marte non è che sono partiti da zero, ma perché esiste un pregresso. Se oggi possono impiantare un chip su un paraplegico per farlo camminare non sono partiti da zero, c’è un pregresso. Tutto il pregresso è fatto di storia, cultura, ricerca scientifica, studi, trionfi, fallimenti, errori… Vanno imposti dazi su tutto questo? Forse. Anzi, mettiamo anche dazi sulla lingua, del resto gli americani parlano una lingua importata. O no? E la democrazia, chi l’ha inventata? Il diritto, che parte dal diritto romano, è anche quello un bene soggetto a dazi? 

Battute a parte, quello che si profila davanti a noi è spaventoso: Trump e la sua strategia da una parte (che si prenderà Groenlandia e Panama), Putin (e la sua Grande Russia) dall’altra, Xi che si sentirà autorizzato a prendersi Taiwan, Netanyahu che caccerà e sterminerà gli arabi (già lo fece Isabel la Católica qualche secolo fa in Spagna) per prendersi altra terra. Chi li ferma? L’Europa, se non si sveglia, verrà divisa dai lacché di Trump che, per ritagliarsi uno spazio per un selfie, scodinzoleranno tutta la loro inettitudine. Viva il protezionismo, per alcuni spacciato per sovranismo, per altri bandiera dell’antieuropeismo. Innalzare barriere, costruire muri, morte all’infedele e via dicendo. Insomma, se non c’è nessuna reazione sensata, finiremo male.

E comunque il gioco dei dazi è cominciato, ma dietro c’è anche la proprietà della scienza, dei dati, del… pensiero… roba che va rinchiusa in un fortino. Quello di Trump. E messa sotto chiave. Quelle di Trump. Gli altri che vadano in malora! 

Ci può salvare solo la cultura, per questo sarà ancora presa di mira. 

Claudio Fiorentini

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