L’arte è inutile, per questo non possiamo farne a meno

In un precedente articolo ho parlato di cosa spinge l’artista verso la sua ricerca espressiva, facendo la differenza tra chi fa arte per pura vanità e chi invece fa arte per dialogare con il mistero che si porta dentro. Ora invece vorrei parlare dell’utilità, o dell’inutilità, dell’arte.

Ora vi chiedo di fare un piccolo sforzo di immaginazione. 

Vi trovate in un mondo senza arte, a scuola non si studia la Divina Commedia e non si organizzano gite per andare ai musei. L’unico scopo della scuola diventa preparare tecnici per progettare solo ciò che serve o che riteniamo utile. 

Come vedreste un mondo così? Saremmo delle macchine pensanti che eseguono programmi, tutti atti a produrre e generare profitto. O dominio. Già, perché il profitto è dominio di qualcosa, ed è chiaro che chi più fa profitti più ha potere, quindi domina. E l’umanità sarebbe solo una macchina da oliare e far funzionare per il “bene” comune e tutti saremmo capaci solo di ambizione e ubbidienza. 

Un mondo privo di tutto ció che é artistico sarebbe un mondo artificiale. Un mondo a cui viene tolta la spontaneità preferendogli tutto ciò che ha un’utilità. Sarebbe forse un mondo sterile, facile a dirsi, ma immaginatelo. Un mondo fatto di certezze che ragiona solo per obiettivi pratici e razionali. Non vi viene un po’ di paura?

O forse non è possibile, forse le certezze qualche spazio al dubbio lo lasceranno sempre, forse perché lo pensiamo migliore, noi che veniamo da culture dove l’arte è stata sempre presente ed è stata, in alcune fasi storiche, libera! Ah, questo è il punto: pensiamo un mondo migliore perché veniamo da una cultura dove esiste l’arte? E già, ci piace pensare che in un mondo sterile comunque qualche dubbio lo avremmo: potremmo ancora pensare. Ma dobbiamo riconoscere che il pensiero viene dal dubbio e che il dubbio viene da qualcosa o qualcuno che si è “divertito” a seminarlo Il mondo dell’arte, che poi è uno dei pilastri della cultura, è pieno di germogli che nascono da quei semi. 

In un mondo senza arte mancherebbero letteratura, poesia, musica, mancherebbero dipinti da esporre in pinacoteche, musei e gallerie, mancherebbe la danza, il teatro, il cinema. Si può dire che cinema, teatro e danza sono intrattenimento e che l’intrattenimento è utile, ma sarebbe sciocco limitare l’arte ad uno svago o un passatempo. Per intrattenere bastano festival, talent show e libri di barzellette. Ma per fortuna l’arte è altro.

In un mondo senza arte ci si può intrattenere con ciò che propongono i circuiti di diffusione standardizzata (che poi potremmo divertirci a definire propaganda di regime), circuiti dove si spaccia per arte la spazzatura e si promuovono mode e tendenze, tutto per indurre al consumo. O all’assuefazione. Ma per fortuna l’arte è altro.

L’arte, in ogni sua rappresentazione, se è libera, è inutile. 

Le arti come la poesia, la letteratura, la pittura, la musica, la scultura eccetera, se libere, non servono a niente. Utili sono ben altre attività in cui vediamo che impegnare la nostra mente serve a qualcosa: l’ingegneria, l’informatica, la biologia, la medicina… L’utilità delle nostre attività si vede nel risultato, ed è più che logico che progettare un ponte, studiare un farmaco o perfezionare una tecnica diagnostica come la TAC o l’ecografia siano attività di grande utilità. Certo, c’è chi usa le proprie capacità per progettare armi, ma questo è un altro discorso.

E allora?

Conobbi una pianista, anni fa, lavorava in un’azienda High Tech che produceva sistemi di puntamento radar per il settore militare. Ogni mattina, prima di andare a lavorare, suonava musica classica per un’ora. Poi andava in ufficio a dare il suo contributo per la realizzazione del progetto. Immaginiamola, tentiamo di vederla mentre si immerge in un notturno di Chopin o in una sonata di Beethoven, mentre perde il contatto con il mondo razionale e materiale per produrre un fluido di suoni che toccano le fibre più intime, che parlano con l’anima. Poi va a lavorare come tutti.

Ora immaginate la stessa persona che ogni mattina si ingozza di caffè e corre al lavoro senza aver dato alla sua anima quel momento magico in cui il tempo non ha misura se non quella del pentagramma. Arriverebbe in ufficio e produrrebbe allo stesso modo del primo caso? Probabilmente sì, in termini contabili, ma in termini umani forse no. E sono i termini umani a fare la differenza. 

Tempo addietro, in una presentazione, feci un esempio simile: un ingegnere che prima di andare a progettare qualcosa di “utile” (o di agghiacciante) legge qualche poesia, o magari la scrive. La differenza tra lui e il suo pari, che invece la poesia non la legge, probabilmente non sarà nella produttività, ma nei discorsi che farà durante la pausa caffè, nei pensieri che gli fluiranno liberi, in testa, quando alzerà gli occhi dalla tastiera, nelle domande che si porrà, nei dubbi con cui, immancabilmente, dovrà fare i conti. E sarà lì, in quei dubbi, il valore della nostra umanità. 

L’arte genera dubbi e incertezze, invita ad attivare quelle zone del cervello che di solito non utilizziamo, ci mostra mondi diversi, fatti di tutte quelle cose inutili come immaginazione, sogni, speranze e…  amore. Già, questa è la parola chiave. Chi fa arte lo fa per amore e questo, che lo si voglia o no, è ciò che si percepisce in ogni creazione artistica. 

Nulla di più inutile. Ma chi di voi, se ha sentito queste cose in sé anche una sola volta, potrebbe rinunciarvi?  

L’arte è come il sogno, come la speranza, come l’illusione come la voglia di andare oltre e come, appunto, l’amore. E nasce in quell’insieme di idee che ancora non hanno forma. 

Per questo dico che l’arte, proprio perché non serve a niente, è imprescindibile. L’arte ci rende migliori. 

Claudio Fiorentini

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