Il privilegio di vivere in Europa

Ieri, parlando con un amico, è venuta fuori questa frase: “Non esiste luogo al mondo dove la qualità della vita sia come lo è, in generale, in Europa, e non esiste tempo nella storia in cui vi siano state le stesse opportunità che abbiamo oggi. Eppure proprio noi europei siamo quelli che si lamentano di più. È difficile migliorare le cose, che sono comunque migliorabili, ma è assai facile peggiorarle”.

Da questo spunto parte una nuova riflessione.

Siamo, noi europei, parte di un insieme di popoli meravigliosamente diversi, uniti da valori e da innegabili privilegi come l’accesso all’educazione, un livello di scolarità alto, servizi sanitari che funzionano più o meno per tutti, libertà che solo cento anni fa erano impensabili, qualità dell’informazione discreta se non buona, servizi al cittadino decenti, libertà di espressione e di movimento… e inoltre viviamo in una società multiculturale in continuo sviluppo.

Certo, l’Italia è il fanalino di coda in molti di questi aspetti, ciò non è un motivo di orgoglio e dimostra quanto sia necessario fare i compiti a casa. Tuttavia, se ci guardiamo intorno e ci paragoniamo alle grandi potenze, dove il diritto alla salute è appannaggio di chi ha i soldi, dove è un rischio esprimere la propria opinione, dove c’è la pena di morte, dove la scuola di qualità è privilegio dei ricchi o dove i diritti umani più elementari sono continuamente calpestati, è necessaria una profonda riflessione.

Con questo non voglio dire che i paesi europei non siano privi di carenze nella gestione del bene pubblico, e non voglio neanche dire che l’Europa è perfetta, ma se invece di mugugnare come ormai siamo abituati a fare, ci rendessimo conto della fortuna che ci hanno lasciato in eredità i nostri nonni e i nostri padri, pur nella consapevolezza che tutto può e deve essere migliorato, forse non correremmo il rischio di smembrare le conquiste di cui beneficiamo.

Pensate alla Cina, all’India o alla Russia, tanto per citare modelli scomodi. Ma anche gli USA, dove le scuole pubbliche sono un disastro, dove non si studia la storia, dove il diritto alla salute è gestito dalle assicurazioni, dove si può girare armati, dove i diritti dei lavoratori sono ben lontani da quello che noi abbiamo la fortuna di conoscere… dove c’è la pena di morte…

L’Europa è un modello virtuoso che non viene visto di buon occhio da chi dei diritti umani se ne frega, o da chi considera la sanità e le scuole pubbliche un freno allo sviluppo.

I movimenti antieuropeisti, o anche solo euroscettici, non fanno un buon servizio alle comunità. Vero è che quest’Europa deve essere migliorata, ma è anche vero che molte delle opportunità che abbiamo oggi, le dobbiamo proprio grazie al percorso, lento e pieno di ostacoli, che ci ha portati ad avere un certo benessere e una discreta giustizia sociale, cose che altrove sono ancora un miraggio. E non dimentichiamo che in un mondo sempre più globalizzato, i protezionismi e i nazionalismi, oltre ad essere anacronistici, non tengono conto di una legge della natura: uniti si è più forti e lo scambio ci rende migliori.

Di recente, in Italia, si è insediato il Governo Meloni. Ovviamente gli auguriamo di lavorare bene, ma ci sono dei segni inquietanti che fanno pensare che le conquiste storiche potrebbero essere messe in discussione. Lo stesso vale per altri governi, tutt’altro che progressisti (penso all’Ungheria o alla Polonia). Intendiamoci, il risultato del voto, che è assolutamente democratico e che va rispettato, si può anche capire: l’offerta politica è, ad essere onesti, assai scadente e la comunicazione delle forze progressiste ed europeiste è tragicamente inefficace, e poi l’avvento delle reti sociali ha inquinato l’opinione pubblica con semplificazioni sloganistiche e con le così dette “fake news”.

Mettiamoci anche la pigrizia mentale del cittadino medio che allontana il pensiero comune da qualsiasi analisi e approfondimento, e l’educazione, sia in casa che a scuola, che ha subito, negli ultimi decenni, l’invadente influenza delle TV (scadenti, volgari e violente), poi sostituite da videogiochi (scadenti, volgari e violenti) e da reti sociali che, ad essere gentili, non sono un esempio di virtù.

Come conseguenza di queste influenze negative, che non abbiamo saputo compensare con le influenze positive dell’educazione, i valori umani ne hanno risentito e la nostra società attuale, ridotta a un grumo frettoloso di scontentezza, sembra aver perso la capacità di discernimento e preferisce affidarsi alla guida forte più che alla forza dialogante (ammesso che esista).

E poi, quando parliamo della classe politica italiana, qui ci metto in mezzo anche le attuali opposizioni, è desolante notare che manca una “visione” del sistema Paese e una chiara idea di come si possono affrontare le sfide del futuro. Il futuro non sarà mai come il passato; e nemmeno come il presente. Mancando questa visione, si rischia di rafforzare le posizioni conservatrici, o ideologiche, che invece di dare nuova linfa all’azione di governo, possono portare qualsiasi Paese su posizioni retrograde.

Il futuro si baserà sulle nostre scelte di oggi e nel farle non possiamo pensare di tornare indietro, semmai dobbiamo fare uno sforzo per immaginare prima come saranno le nostre vite, sia lavorative che personali, e poi come sarà la nostra società, tentando di prevedere i bisogni futuri che, a parte quelli primordiali e archetipici come l’amore e la salute, non potranno essere gli stessi del passato.

Di recente qualcuno in Parlamento, in Italia, ha parlato di un bonus per i matrimoni in Chiesa, questo è assai inquietante perché propone maggiori diritti ai credenti praticanti(o agli ipocriti che si fingeranno credenti pur di prendere soldi dallo Stato), escludendo dal bonus i non credenti, i “diversamente” credenti o i “diversi”. Non si può minimamente pensare che i cittadini abbiano diritti a stratificazione differenziata. Fortunatamente la proposta è passata in cavalleria, ma solo il fatto che se ne sia parlato desta giustificate preoccupazioni.

Il punto, però, del mio ragionamento, sono le conquiste degli ultimi decenni. Possono essere sgretolate con un’azione di governo poco avveduta? Temo di sì. Tuttavia, mi tranquillizza sapere che, negli ultimi anni, l’azione dell’Europa sia stata decisiva per arrivare a un sistema unitario di strategie e forse anche il politico meno avveduto potrà, una volta inserito in una realtà di governo, capire che se non si lavora insieme per il bene comune siamo fritti.

Oggi, per esempio, dovremmo aver capito, almeno spero che sia così, che non vi è nulla di più comune dell’ambiente, che l’ambiente non ha frontiere e che se non si arriva a soluzioni concrete tra poco respireremo con le bombole d’ossigeno e mangeremo microplastiche.

Abbiamo anche capito che un’economia comune è molto più sana di un’economia locale e che i piani industriali sono efficaci solo se teniamo presente questo fatto. E l’importanza di queste dinamiche ci obbliga ad affrontare l’economia di mercato con maggiore serietà mettendo al bando, si spera, clientelismo e nepotismo. Ci vorrà molto tempo, ma quella è la strada.

Certo è che, come è successo in passato, se quando il folclore nazionale si esprime al meglio il giorno in cui, passando alle buste compostabili, si vede una nuova apoteosi del “mugugno” che rischia di far cadere i governi, non si può andare lontano.

Infine, non dimentichiamo che oltre le azioni dei governi esiste il comportamento del cittadino che, oltre a “mugugnare” per partito preso, per le ragioni spiegate sopra difficilmente capisce che la sua azione individuale deve essere responsabile. Un esempio? Semplice: provate a buttare il sacchetto dell’umido in un bidone per l’umido, lo troverete pieno di bottiglie di plastica e di scatole delle scarpe.

Oppure pensate ai cassonetti, quegli oggetti orrendi e malandati sparsi sulle strade: troverete il polistirolo e la plastica nel cassonetto della carta, oppure troverete il vicino civile che, pur avendo fatto la differenziata a casa, butta tutto a casaccio lamentandosi del fatto che i cassonetti della plastica sono venti metri più in là, dicendo “se questi li mettessero vicino…”… Il risultato del “mugugno” è che la colpa è sempre degli altri.

E in conclusione, il futuro arriva sempre e non perdona mai! Sta a noi essergli d’intralcio o spianargli la strada affinché sia migliore. Intanto teniamoci stretta la nostra meravigliosa Unione!

Claudio Fiorentini