La cultura si fa fuori dalle mura

In una chiacchierata con un amico filosofo, prendendo spunto dalla citazione che vedete nell’immagine qui sopra, è venuto fuori un interessante dibattito in cui venivano citati nomi che, oggi, in Italia rappresentano le tendenze “culturali” del momento. Certo, se parliamo di Iva Zanicchi, di Maria De’ Filippi o di Amadeus, è ovvio che ci scontriamo con i colossi dei “media” che pretendono di fare cultura ed è altrettanto ovvio che non è nella loro proposta il cammino che vorremmo tracciare per la cultura del nostro meraviglioso paese che, non dimentichiamolo, ha dato i natali a Michelangelo, a Verdi, a Rossini, a Leonardo, a Puccini, a Pirandello, a Calvino, a Fellini, a De Sica, a De’ Filippo, a Pasolini, a Dante, a Petrarca eccetera eccetera eccetera…

Diciamolo chiaramente: se si considera “cultura” la proposta dei “mass media” siamo fritti – per quanto gli stessi “mass media” a volte (assai raramente) riescono a sfoderare proposte di buon livello culturale. Ma cosa dicono di nuovo?

Da un’altra parte vediamo non solo una certa assuefazione alla mediocrità imperante, ma anche, e questo è peggio, una evidente mitizzazione della proposta massimalista per cui l’immagine del “talento” proposto da Maria De Filippi (che magari è, effettivamente, un/a giovane talentuoso/a) deve essere al di sopra di tutto. Resta, però, immagine, e trasforma il corpo dei giovani partecipanti in veicolo pubblicitario o in manifesto di tendenza e ben sappiamo che, una volta manifestata la tendenza nasce la moda, cosa che in un mondo in cui occorre consumare deve essere effimera, deve durare poco per garantire il ricambio.

Chiariamo: anche nel passato la proposta culturale portata avanti da critici e da mezzi di comunicazione non sempre corrispondeva a quello che poi la storia ci ha lasciato, basti pensare che Beethoven (un colosso che sicuramente non ha mai seguito le mode né si è mai curato delle tendenze) è stato preso più volte d’assalto per le sue sinfonie; o anche a Van Gogh (anche lui probabilmente non si è mai curato di moda o di tendenze) che non ha venduto un solo quadro in vita sua.

Ma provate a pensare cosa sarebbe il mondo dell’arte e della cultura senza Beethoven o Van Gogh! Come loro, di esempi “non allineati”, ne abbiamo tantissimi: Modigliani, Salgari, Collodi, Cervantes e tanti altri che sono morti in miseria. Ovidio, Levi, Dante e tanti altri che hanno sofferto l’esilio. Se poi pensiamo la fine che ha fatto Pasolini, allora è tutto chiaro. Ma è anche chiaro che la cultura mondiale sarebbe ben poco senza di loro.

Diciamolo chiaramente: la cultura non soccombe ed è, per sua natura, “eversiva”!

E se la cultura riesce a tracciare la sua strada a prescindere dagli ostacoli, è grazie alla tenacia di gente che ha creduto in un sogno e che ha dato l’anima per realizzarlo. Con buona pace del sistema economico che bene hanno descritto Bontempelli e Preve.

Oggi esistono moltissimi “operatori” della cultura che non vincono premi e che non partecipano ai “talent show”, eppure si danno da fare, a volte inconsapevolmente, per costruire il pensiero di “domani”. I veri talenti esistono, creano, pensano, si battono per un’idea che potrebbe, domani, essere un riferimento assoluto nel mondo della cultura. Se ne parla? No. Anche perché data la confusione regnante, che deriva dalla sovraproduzione, il livello di scarto, nell’insieme dell’opera culturale contemporanea, è assai elevato e identificare l’opera di qualità, quella che accende il pensiero futuro, in mezzo a tanta roba inutile, è un’opera titanica.

Quindi, se da una parte esiste un sistema, che probabilmente esisteva anche prima, che promuove e premia ciò che è consolidato se non, semplicemente, mediocre, esiste un altro sistema che condanna la qualità all’invisibilità.

Il primo sistema, ahimè, ha un effetto rimorchio per cui le maggiori testate e molti critici parlano solo di quanto propone lo stesso sistema senza curarsi di quello che succede a margine del sistema. E nel sistema della marginalità regna il caos, volutamente, per cui le cui dinamiche ribelli e future sono assai difficili da capire in quanto immerse in un minestrone pieno di proposte irrilevanti.

Insomma, il pensiero si direbbe neutralizzato?

No, non posso accettarlo, ma abbiamo un sistema d’informazione colpevole di sottolineare ciò che già è in evidenza, del resto parlare di ciò che fa tendenza porta molti click. E poi, anche analisti di livello dimenticano che a volte sarebbe bello parlare di ciò di cui si parla poco, perché è lì che nasce il pensiero, è lì che scopriamo cose piccole destinate a diventare grandi.

Cari giornalisti, cari intellettuali, cari pensatori: invece di chiedervi quale sia la proposta del sistema per criticarne la pochezza, pensate che il solo parlarne fa da cassa di risonanza rendendovi complici. Poi chiedetevi quale “cultura” si propone attraverso la militanza degli operatori e dei protagonisti, spesso sconosciuti, che formano la cultura viva e che ne animano il fermento oggi, tenendo presente che dal fermento di oggi potrà scaturire, se solo se ne capisce la portata, il seme del pensiero di domani.

Intendiamoci, qualsiasi atto di rinnovamento, per sua natura culturale, è e sarà sempre visto con diffidenza, per cui è difficile pensare che il “nuovo” sia accettato appena proposto e che i giornalisti e i critici, che sono a caccia di “click”, possano guadagnarsi da vivere parlandone.

Ciò che è fondamento della cultura è sempre vissuto, e ancora vivrà, al margine della società…

La rappresentazione metaforica più estrema di un atto di rinnovamento culturale la vediamo nella vita di Gesù Cristo: ha sempre predicato fuori le mura ed è morto fra due ladroni, fuori le mura…

Senza toccare temi sacri, pensiamo al Jazz: nasce nell’emarginazione e poi diventa la più grande rivoluzione musicale del novecento.

Per questo dico agli operatori di cultura, non vi preoccupate di Iva Zanicchi, di Maria De’ Filippi e di Amadeus: loro rappresentano ciò che succede dentro le mura ma non sono promotori di cultura, perché quella vive e cresce fuori le mura.

Concludo dicendo a quelli che si occupano fattivamente e attivamente di cultura: non vi scoraggiate! Non importa se il vostro nome sarà ricordato o meno, voi siete protagonisti del fermento culturale di oggi. E poi tenete sempre a mente che la cultura è fatta di partecipazione attiva, non di adeguamento ai registri del sistema… con buona pace di chi vuole il contrario.

Claudio Fiorentini