Scegliere tra idea o alchimia del consenso

Quando sento parlare delle formule magiche proposte dai sondaggisti penso sempre alla caccia ai voti o al consenso. Inseguire sondaggi e tendenze non significa proporre idee e programmi per il futuro, significa fare proprie le emozioni della massa, significa adeguarsi a quello che è il pensiero amorfo e non argomentato. Proporre idee e programmi, invece significa provare a fare la storia, emergere dal pensiero amorfo popolandolo con quello che, ahimè, spesso manca, cioè le idee.

I partiti politici parlano del consenso popolare come se fosse ciò a cui appellarsi per giustificare la propria vittoria o la propria sconfitta. Invece i partiti dovrebbero battersi fino alla fine per le idee che, se declinate in programmi, possono definire un percorso strategico, cosa che, ad oggi, latita. O meglio, che ha proposto solo l’Europa, grazie al Next Generation Europe, che si traduce in un’opportunità senza precedenti per i paesi dell’Unione e consente finalmente passi in avanti significativi per realizzare il sogno di Spinelli.

Intendiamoci su questo: con il Next Generation Europe si definiscono strategie e linee guida comuni, ciò significa che i paesi membri perdono un po’ di sovranità, o meglio, che i paesi membri condividono le idee per un programma unitario, mettendo insieme forze ed energie, avendo capito che il bene comune è, appunto, comune. Se questo venisse interpretato come un tentativo di mettere in crisi le identità nazionali sarebbe decisamente un pensiero reazionario.

Il rischio c’è, per questo occorre condividere il messaggio che il bene comune è il dono della Democrazia, e va curato e coltivato per tutti e da tutti, ma soprattutto per le generazioni future. Un bene comune per eccellenza è l’ambiente e, viste certe posizioni poco rassicuranti di alcuni politici anche di rilievo o, peggio, visto che molti politici definiscono le proprie strategie basandosi sui sondaggi per l’endemica caccia al consenso, vengono i brividi a pensare che il tema potrebbe passare in secondo piano.

Questo per ora è solo un timore e spero che saremo smentiti dai fatti, ma il rischio che succeda è reale. Per questo dico “meno male che c’è l’Europa” e che la “perdita di sovranità” conseguente al Next Generation Europe è una vittoria per il mondo intero, una palestra in cui ci si addestra insieme, si lavora per obiettivi comuni e comprende politiche ambientali, innovazione e digitalizzazione, lotta alle diseguaglianze, salute… in altre parole, l’UE si rivela progressista e mette a disposizione un bel po’ di soldi affinché i paesi membri seguano questa strada, finora l’unica proposta tangibile e realistica per garantire un futuro ai nostri figli.

Ovviamente, in mancanza di programmi credibili da parte dei governi, questi soldi non saranno dati. Questa “cattiveria dei burocrati europei”, cioè dare soldi a certe condizioni, potrebbe non essere gradita a chi sul sovranismo o con il populismo ha costruito il consenso, ma a pensarci bene (e non ci vuole molto) anche se compriamo un’automobile a rate il finanziatore chiede garanzie.

Così l’Europa che ha iniziato a far debito a seguito dei disastri del Covid, ha fissato i paletti affinché questi soldi siano utilizzati per il bene comune o non per politiche locali di scarso valore strategico. Il bene comune è tanto, ma tanto di più del “prima gli italiani” che ha fatto seguito all’ “America first” della storia recente.

Facciamo un esempio di un recente passo in avanti fatto dall’Europa, forse non noto a gran parte dei cittadini, si tratta della tessera sanitaria comunitaria (credo che sia attiva in sei paesi membri) che funziona più o meno così: un cittadino europeo deve andare dal medico, ma si trova in un altro paese dell’Unione, ebbene, il medico può consultare, tramite la tessera sanitaria, una base dati comune dove sono annotate tutte le profilassi del paziente, quindi potrà avere un quadro completo e affidabile in tempo reale e prescrivere il trattamento tenendo conto di allergie, intolleranze e storia pregressa del cittadino, a prescindere dal fatto che questi parli o meno la lingua del paese in cui si trova.

Già sento qualcuno dire “ci vogliono controllare” e qualcun altro che userà questo slogan per creare scompiglio tra la cittadinanza magari ululando “prima gli italiani” (o altri che si prenderanno il merito), ma è innegabile che si tratta di un passo importante per il bene del cittadino. Insomma, l’Europa, è progressista, questo grazie ad alcuni ottimi politici e grazie al faticoso lavoro dei parlamentari europei, o meglio, al lavoro di quelli che effettivamente lavorano, che sono tanti (di questi, però, non si parla), contrariamente a quello che si tende a credere.

E quello che si tende a credere (che non sempre rispecchia la verità) spesso determina i risultati dei sondaggi e delinea, come detto all’inizio di questa riflessione, le strategie di comunicazione di alcuni partiti che, invece di proporre idee, sono a caccia di consenso e sparano slogan degradando il nobile lavoro della politica, fatto di idee e di programmi, non di chiacchiere da bar, magari con il rosario in mano, che invece di unire, dividono.

Claudio Fiorentini