di Francesco Santoro
Nello sviluppo del Cubismo ebbero probabilmente parte, quanto meno come base culturale comune, anche altri elementi e concetti che venivano elaborati in campi diversi negli stessi anni: sia, in campo scientifico, le nuove scoperte, lo sviluppo del pensiero matematico, l’elaborazione della dottrina della relatività di Einstein, il concetto spazio-temporale di quarte dimensioni; sia, in campo psicologico, l’idea di totalità, di prevalenza del tutto sulle parti, che era alla base della psicologia della Gestalt. Mentre l’azione dei poeti si sviluppò soprattutto come azione di fiancheggiamento, o di correlazione di poetica e fu assai vivace e ricca di alti risultati in Guillaume Apollinaire, in Pierre Reverdy, in Max Jacob, in Blaise Cendras e in André Salmon. Senza dimenticare la musica che come studio appassionato da parte di alcuni Cubisti e quindi come lezione di linguaggio costruito rigorosamente. Infine come terreno unificatore, capace di fornire decisivi nutrimenti, ricordiamo la grande, antica tradizione razionalista che scorre lungo tutta la storia letteraria della Francia e, per la sua pittura, passa da Clouet a Poussin a Ingres. Mentre per i Cubisti di origine spagnola, Picasso e Gris, sarà forse più opportuno richiamare l’influenza direttamente visiva del paesaggio di Spagna dove, come dice Gertrude Stein, «il Cubismo fa parte della vita di tutti i giorni».
Abbiamo compiuto in tal modo l’esposizione di tutti quegli elementi che, in varia misura e con modalità diverse, sembra che abbiano potuto influire sulla elaborazione del movimento Cubista. Ma possiamo tranquillamente affermare che, al di là di tutti questi apporti, il Cubismo è l’invenzione poetica di due artisti tra i più grandi del nostro secolo: di Pablo Picasso e di Georges Braque. Che fin dai primi mesi del 1907 si trovano insieme ad elaborarne nelle opere, via via con sempre maggiore chiarezza, il linguaggio. L’amicizia artistica di Braque e di Picasso è uno degli episodi più originali e densi di frutti di tutta la storia dell’arte moderna; i due pittori sono profondamente diversi: Braque più delicato e poetico, sottilmente sensibile al fascino delle variazioni tonali, spirito rigorosamente razionale, chiaro, musicale; Picasso, impulsivo e potente, disposto a correre ogni avventura, violento, sensibile soprattutto ai valori plastici dell’immagine o alla funzione squillante del colore, spirito concreto, realista. Eppure il loro lavoro, condotto quasi quotidianamente in comune per almeno sette anni, pur con quelle differenze naturali di fondo, rivela lo stesso spirito, la stessa impostazione e risoluzione dei problemi.
Un fatto artistico molto importante e, credo, di qualche conseguenza, fu la mostra di Seurat agli «Indépendents» nel 1905, mentre nello stesso anno 1907 la grande retrospettiva di Cézanne, aperta dal 1° ottobre al Salon d’Automne, suscitò grande impressione in Picasso e in Braque, già avviati per la nuova strada. Agli inizi del 1907 quindi, «Les demoiselles d’Avignon» pur con le sue incongruenze, con il disaccordo stilistico, che testimonia due momenti diversi di esecuzione tra la parte destra e la sinistra, col residuo di una impostazione prospettica derivante dal «periodo rosa», si presenta come un quadro di una novità sconcertante e contiene in potenza tutti i germi del nuovo linguaggio cubista; nell’inverno successivo Braque dipinge un «Nudo» in cui il colore, persa la smagliante vivacità del periodo fauve, assume una tonalità più bassa e sottolinea plasticamente la forma, determinando una deformazione volumetrica che rivela il ricordo delle «Demoiselles» picassiane; nell’estate del 1908 poi, durante un soggiorno nei luoghi di Cézanne, all’Estaque, dipinge una serie di paesaggi ormai cubisti, fondi nei toni verdi e bruni, solidi nella costruzione del nuovo spazio che ha ormai abolito l’orizzonte; sono i quadri che, rifiutati al Salon e presentati in novembre da Apollinaire nella galleria di Kahnweiler, sembravano «fatti di cubi», danno origine alla parola cubismo.
Nell’estate del 1909 Picasso a Horta de Ebro, Braque a La Roche-Guyon dipingono ancora paesaggi portando avanti la scomposizione formale e la solidificazione dei piani, abbandonando ormai il chiaroscuro, e sacrificando il colore all’espressione dei volumi. Finalmente nel 1910, anno cruciale del Cubismo, l’evoluzione del linguaggio è totalmente consumata, ha inizio quel periodo che è stato chiamato del cubismo analitico. Per la prima volta in modo completo la prospettiva tradizionale è abbandonata, sostituita con la pluralità dei punti di vista e delle sorgenti luminose: l’oggetto è analizzato, scomposto nei suoi piani essenziali e questi sono portati tutti alla ribalta della tela e giustapposti per la creazione del volume; il colore è ridotto ad accordi di grigi, di bruni, di gialli teneri, a toni secchi, bruciati, penitenziali, come per una rigorosa astinenza sostenuta da una volontà tutta intellettuale. Ne risulta una immagine di grande purezza plastica e poetica, ma di ormai difficile lettura (cubismo ermetico).
Intorno al 1913 avviene un cambiamento che si manifesta in due direzioni: da un lato verso una maggiore semplificazione dell’immagine, ridotta ormai ad un accordo perfetto di pochi piani e linee; dall’altro verso un arricchimento del colore, che ritorna in toni più puri, luminosi e vivaci. Si ha il cubismo detto sintetico. È in questo momento che appaiono per la prima volta nella storia della pittura oggetti estranei (di solito pezzi di giornali ritagliati) incollati alla tela; nasce il collage. Alcune opere di Braque di questo periodo come «Le courrier», «Aria de Bach», « Violette de Parme », raggiungono il più alto grado di assolutezza poetica cui sia pervenuta la sensibilità del pittore lungo il corso di tutta la sua opera.
Ma nel 1914 scoppia la Prima Guerra Mondiale: Braque è chiamato alle armi, Picasso, come spagnolo, rimane a Parigi e andrà a salutare l’amico alla stazione: «Le 2 aôut 1914 j’ai conduit Braque et Derain à la gare d’Avignon. Je ne les ai jamais revus». E veramente, sulla banchina di una stazione di Parigi, finisce il Cubismo. In realtà Braque e Picasso continueranno poi a tratti a dipingere quadri di stile cubista e molti altri dopo di loro; ma il vero Cubismo, il Cubismo eroico e creativo, dura solamente i sette anni che vanno dai primi mesi del 1907 all’agosto del 1914.
Rimangono allora da ricordare i personaggi minori dell’avventura cubista, i numerosi artisti che gravitando attorno a Picasso e a Braque, influenzati dalle loro idee e dalle loro opere, crearono a Parigi insieme ai poeti già citati, il clima culturale di quegli anni. E anzitutto Juan Gris, un altro spagnolo, che fu certamente il più personale e ispirato; poi il polacco Louis Marcoussis e tutti gli altri che si trovarono ad esporre in gruppo al Salon des Indépendents del 1911: Jean Metzinger, Albert Gleizes, Femand Léger, Henri Le Fauconnier, Robert Delaunay. Mentre alcuni come Roger de La Fresnaye e André Lhote tentavano il connubio impossibile tra Cubismo e tradizione classica.
Il Cubismo, se pur limitato nelle sue manifestazioni più esaurienti e complete al decennio che precedette la Prima Guerra Mondiale, ebbe però una influenza grandissima su tutto il corso dell’arte del secolo XX: la visione plastica, costruttiva, razionalistica ne rimase infatti un aspetto costante. Le ricerche cubiste, sviluppate in varie direzioni a secondo le diverse personalità artistiche, furono all’origine di numerosi movimenti: del Neo-plasticismo di Mondrian, del Purismo di Ozenfant e Le Corbusier, del Costruttivismo russo, del movimento razionalista in architettura. Né si può negare una influenza anche sul Futurismo italiano. Mentre una intera zona dell’arte della generazione successiva, pur nella grande varietà delle soluzioni individuali, ha conservato alcuni elementi di fondo di netta derivazione cubista, ed è per questo appunto indicata come post-cubista.