Dal Macrocosmo al Microcosmo per un nuovo linguaggio

 

Quante persone mi hanno dichiarato di invidiare i pittori e ancor di più gli scrittori in grado di mettere in forma o per scritto in un libro o in quadro, pensieri, vicende, momenti di vita vissuta.

Ed è vero: se io volessi continuare questo scritto in inglese, pur conoscendo del tutto i concetti che intendo esprimere, rimarrei con la penna in mano, quei pochi caratteri che conosco non mi sarebbero per nulla sufficiente. E ancora, fra la gente straniera, ignorandone la loro lingua, che discorsi potrei tenere? Cosi, se non si conoscono del tutto i mezzi tecnici per esprimere ciò che intendiamo, mai potremmo comunicare con pienezza quel sentimento d’arte che a volte ci preme dentro.

Cosi, se non si sa come dipingere, ogni tentativo sarà, si, una testimonianza di quella urgenza intima che si chiama arte, ma non ne sarà una esposizione completa.

La conoscenza di come procedere nella circostanza evita interruzioni al filo del discorso, il pittore potrà mostrare del tutto se stesso, senza in ultimo analisi poter incolpare la limitatezza del mezzo che limita le proprie espressioni.

Posso costruire pennellate su pennellate un’opera pittorica avendo e dando chiaramente una percezione poi di qualcosa che ho costruito, di una personale verità compiuta attraverso un processo che definiamo proprio della pittura.

Nella sua completa esposizione, la legge della visione così spiegata e approfondita nel secolo XX, espone teoricamente con carattere scientifico quello che nella realtà percepita giorno per giorno è contenuto, ma non è ne visibile ne presente a livello di coscienza, anche se ciò che vediamo lo comprende.

Per scindere questa realtà intesa nella pittura come forma tradizionale, devo ricorrere a quella meccanica scientifica che mi permette di entrare nel microcosmo, attraverso ad esempio di un obiettivo che ingrandisci ai massimi termini. E già qui possiamo avere una prima esperienza straordinaria creativa, se pure a carattere scientifico, non nega il concetto di estetica, tanto meno quello scientifico.

Un passo successivo a questo mi è permesso dall’uso del microscopio, attraverso cui scopro che l’arte del ventesimo secolo è cresciuta mano nella mano con la ricerca scientifica monocellulare, senza perdere naturalmente la propria identità, al contrario muovendosi e relazionandosi a questa, ha sviluppato forme e dimensioni antropologiche esistenti all’interno del sistema vita.

 

Le forme o immagine ricavate da questa ricerca possono precedere la pittura nel senso di idea-progetto, che suggerisce, stimola, chiama a rassegna lo spirito del creatore (artista) il quale raccoglie le forme, le elabora, le carica di senso attraverso la materia colorata.

Sarebbe questa, forse, una posizione per rivisitare il reale attuale attraverso la più piccola parte di esso, e concretizzare un linguaggio nuovo per una nuova interpretazione del nostro essere che diversamente già non rivela più quelle verità variabili e mobili del nostro pensiero.

 

Il principio che esponiamo fa sorgere la domanda: Ma l’artista si occupa anche di microscopia, di storia, di paleontologia? Possiamo rispondere: si, unicamente a titolo di paragone per mobilità di spirito, mai per controllare scientificamente la propria fedeltà alla natura, unicamente nel senso della libertà che reclama il suo diritto di essere mobile al pari della grande natura.

Spesso il colore e le forme scaturite dalla casualità suggerita dalla visione microscopica si associano alle forme che il cervello dell’artista realizza. Numerosi tratti in comune ci fanno pensare che esiste una correlazione tra questi due mondi.

Cercherò di sviluppare qui un parallelo limitato a questo rapporto fra arte, scienza e natura.

Le opere d’arte contemporanea e documenti scientifici con carattere figurativo sembrano uscire, a prima vista, da due mondi differenti. È raro, infatti, che artisti e scienziati abbiano tra loro punti di contatto, ancora più raro che un osservatore neutrale abbia l’idea di tufarsi contemporaneamente sui segreti degli uni e degli altri.

Come abbiamo detto, sia che consideriamo prima l’una e poi l’altra, a dire scienza e poi arte e viceversa, arte e poi scienza, resta che i colori, le forme scaturite dal cervello e dalla mano del artista fanno simmetria con le strutture naturali organiche e inorganiche.

Numerosi tratti in comune, ma anche notevoli differenze, si presentano fra questi due mondi. La prima reazione dell’uomo di scienza e quella di tentare una spiegazione al proprio interlocutore, gli sforzi intellettuali e i procedimenti tecnici che sono alla base di documenti presentati come fedele immagini della natura. La decomposizione progressiva delle materie morte e viventi in elementi sempre più piccoli, costituisce un mezzo d’investigazione di cui la scienza descrittiva si serve da secoli. Fino al XVI secolo le osservazioni venivano fatte a occhio nudo, lo sviluppo del microcosmo (microscopio) a partire dal XVI secolo segnò un progresso decisivo. Un occhio meccanico in sviluppo dunque ha permesso di arricchire le nostre conoscenze in riguardo alle micro strutture, dall’infinitamente piccolo, portando una vera rinascita di visione delle strutture. Si può dire che più penetriamo profondamente nelle forme del microcosmo, più queste forme diventano semplici.

Il carattere “primitivo” dell’oggetto si perde progressivamente mano a mano che nuove unità costitutive passano in primo piano. Punti di vista che devono essere pressi in considerazione se si vuole rispondere con piena conoscenza di causa alla questione che ci stiamo ponendo; questi punti di vista possono avere un ruolo importante in certe analogie fra le opere d’arte e documenti scientifici: sbaglieremmo a pensare che ce’ influenza diretta fra le due parti, mentre si, possiamo affermare che ce’ analogia fra le due parti: come l’artista non pensa di cercare l’ispirazione nel microscopio dello scienziato (pero si, nelle immagine come risultato referente al pensiero), cosi lo scienziato non pensa di modificare l’oggetto delle sue analisi per motivi unicamente estetici.

L’origine di queste evidente parentela di forma ci sembra risiedere piuttosto nel parallelismo intellettuale che si manifesta oggi tra la scienza e l’arte, trascinando l’una e l’altra con una violenza spesso inquietante, verso un modo di pensare strettamente analitico.

Questa disposizione di spirito si ritrova del resto in tutte le discipline della ricerca moderna è a ciò che si deve in particolare l’irresistibile tendenza che caratterizza la nostra epoca. Il movimento che anima la nostra ricerca o pensiero analitico, resta ancora un bisogno imperioso di ricondurre il mondo (dimensione reali e percepibile dal nostro occhio) tangibile e quindi le cose che ci circondano e si offrono alla visione dell’occhio nudo, a un inevitabile processo di scioglimento, di riduzione minima, fino ad arrivare al microcosmo. Processo attraverso cui possiamo rileggere le forme che comunque esistono e che noi difficilmente percepiamo con i nostri sensi se non attraverso i mezzi appropriati; anche se questa maniera di fare darà un giorno una migliore comprensione del tutto.

Certo è che possiamo stabilire un processo analitico fra il potenziale naturale e l’evoluzione del pensiero artistico contemporaneo. L’astrazione, per esempio, uno dei più importanti mezzi di espressione dell’arte, ricerca ugualmente i principi essenziali delle cose. Mai sforzi tendenti alla semplificazione delle forme, all’impiego di colori puri e spesso dello spettro solare, alla stilizzazione e alla standardizzazione, avevano raggiunto un grado d’intensità paragonabile a quello che ci offre oggi l’arte moderna. La tendenza analitica allora salta subito all’occhio.

Esaminiamo rapidamente ragguardevoli analisi effettuate a questo proposito (FOTO) di Kretscer, e soprattutto dal suo allievo Winker su una base medico psicologica. Winkler non esita a mettere l’una accanto all’altra le tendenze analitiche della pittura “antinaturalistica” e i suoi folgoranti processi della fisica del XX secolo, la quale per mezzo dei raggi x, la radioattività, la disgregazione dell’atomo, e la meccanica quantistica, raggiunge ormai il dominio della filosofia e la metafisica. Si scioglie e si smonta tutto senza sapere le trasformazioni successive fino a giungere al limite estremo in cui ogni analisi diviene impossibile.

Il processo analitico è illustrato da alcuni esempi strabilianti. Il neo impressionismo ad esempio scompone la luce naturali nei sette colori dello spettro, mentre la disgregazione delle forme trova la sua espressione nel cubismo; la scomposizione del movimento è il futurismo, mentre il surrealismo affonda nella psicanalisi: senza avventurarci troppo nel terreno di queste disertazione artistiche, nessuno può negare che gli studi su questo genere contribuiscono a fissare il limiti della libertà di cui invece godono gli artisti che si dirigono al naturalismo. Al lato dei pittori che lavorano senza regole, spinti da una specie di scarica psicomotrice, altri si trovano ad obbedire agli imperativi di una esattezza quasi matematica, mantenendosi nel regno della linea pura e delle figure geometriche.

Il brancolare sperimentale degli artisti, mostra che essi si lasciarono dirigere una volta liberati dalla schiavitù delle forme e dei colori dell’ambiente, dagli impulsi usciti dal sottosuolo dell’anima umana. È da questo regno quasi sconosciuto che sprizza la scintilla della ispirazione. Essa fa uscire dalle loro mani un universo di forme e di colori richiamati per la loro potenza d’espressione elementare, la loro tranquilla armonia, i loro violenti contrasti o il gioco mosso delle loro ombre, le immagini che si offrono allo scienziato mentre il suo sguardo attraversa la materia.

Tutte queste analogie non ci fanno dimenticare tuttavia, che una differenza fondamentale separa le due forme di espressione: l’opera d’arte concretizza la più suggestiva delle sensibilità, il documento scientifico risponde al più obiettivo dei bisogni di informazione. E per tanto non è soltanto per caso che parallelismi possono essere scoperti tra l’opera d’arte e il documento scientifico, e che l’esplorazione dei più sottile elementi della materia coincide nel tempo, con l’abbandono del artista delle forme tradizionali.

La scienza e l’arte si sono sempre sviluppate fianco a fianco e le loro aspirazioni come i loro sforzi si sono orientati verso obiettivi che rispondono alle più vive preoccupazioni spirituale di ogni epoca.

Francesco Santoro