di Francesco Santoro
Il Cubismo, se pur limitato nelle sue manifestazioni più esaurienti e complete al decennio che precedette la Prima Guerra Mondiale, ebbe però una influenza grandissima su tutto il corso dell’arte del 20º secolo: la visione plastica, costruttiva, razionalistica ne rimase infatti un aspetto costante. Le ricerche cubiste furono all’origine del Neo-plasticismo di Mondrian, del Purismo di Ozenfant e Le Corbusier, del Costruttivismo russo, del movimento razionalista in architettura. Né si può negare un’influenza anche sul Futurismo italiano.
Per la sua posizione cronologica, tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso, e per la sua novità estetica e storica, il Cubismo è senza dubbio il movimento più importante dell’arte contemporanea, anzitutto perché ne è all’origine, ne condiziona cioè la nascita, e poi perché ne segna nel tempo le caratteristiche con un linguaggio del tutto nuovo. Non è possibile infatti rintracciare, come per gli altri movimenti, in alcun momento della storia dell’arte, delle situazioni che possano avere un risultato espressivo non dirò linguisticamente simile, ma neanche di uguale disposizione spirituale. Per cui non sono mai state proposte per il Cubismo interpretazioni legate a fattori, che non fossero quelli di una stretta aderenza alla situazione storica.
Proprio perché il Cubismo segna la prima, vera frattura nel contesto storico di una concezione tradizionale dello spazio euclideo, che era sempre stata la stessa dagli inizi del Rinascimento fino agli ultimi anni del XIX secolo, non è pensabile di poterne concepire i fattori di fondo, ideologici ed estetici, come concetti assoluti, con possibilità di ricorsi in situazioni storiche uguali. Può accadere, studiando la tumultuosa ricchezza di fatti artistici, che rese così vivace la seconda metà dell’Ottocento in Francia, di essere tentati a vedere, negli Impressionisti prima, in Van Gogh, Gauguin e Cézanne poi, i prodromi di quel cambiamento della visione che sovvertirà totalmente la concezione prospettica dello spazio, di estrazione rinascimentale. In realtà, per quanto distorta in certe piatte stesure di Gauguin o illusionisticamente abolita in alcune opere senza orizzonte del vecchio Monet o frantumata nelle scaglie di colore riarso di Cézanne, la visione prospettica rimane in quei pittori la chiave dell’interpretazione spaziale del quadro. È solo col Cubismo del 1910 che la rivoluzione si attua nella sua essenza, cioè come nuova concezione del modo di fare arte.
Anche il Cubismo si inserisce nel filo della storia come reazione all’Impressionismo, come continuatore quindi delle ricerche di Cézanne. L’Impressionismo aveva espresso il dinamismo della natura, la mutabilità del reale, l’infinita ricchezza e variabilità della luce; ciò che rendeva tanto intense anche le opere estreme, certi quadri di Monet, era sentire in esse ronzante l’imprevedibilità della germinazione, il senso della natura come nascita, come grumo di forze vitali in movimentò. I Cubisti cercano invece la stabilità, la fissazione dei fenomeni; vogliono coglierne un aspetto che sia valevole per tutti, definito, immutabile. Alla fantasia, alla disponibilità, alla liricità sostituiscono la razionalità, la certezza, lo splendore dell’astrazione; all’impurità dell’organico, la purezza del rigore mentale. Essi porgono l’oggetto in un assoluto, quindi non caratterizzato, ma quasi come un archetipo, come un «esemplare»; differenziandosi in questo anche dagli Espressionisti che pongono l’oggetto nel tempo, ricco di tutte le implicazioni esistenziali, scosso da un dinamismo interiore.
Consci della pluridimensionalità del reale, cercano di ridurla ad un sistema fisso di relazioni stabili, unificandone gli aspetti in una sola visione; per questo hanno inventato la soluzione di rappresentare l’oggetto non come si vede, immerso nell’ambiente e da esso modificato, ma come si conosce mentalmente, cioè con la parte in vista unita alla parte nascosta; per questo hanno dovuto rinnovare il concetto di spazio, e da uno spazio naturalistico passare a uno spazio inventato, mentale, che possa accogliere la scomposizione dell’oggetto, giustificandone la situazione spaziale diversa in ogni sua parte. E, all’opposto ancora degli Espressionisti, hanno eliminato la psicologia, riducendola a non più che una concrezione, una patina da avvolgerne gli oggetti e fissarli in una destinazione assoluta. «Amo la regola che corregge l’emozione» diceva Braque, il protagonista cartesiano, di tradizione francese, del Cubismo; ma anche l’altro protagonista, l’impulsivo spagnolo, Picasso, rapprendeva l’emozione nel suo bisogno di realtà, nel suo «trovare» continuamente brani solidificati, eterni di realtà.
La poetica cubista rientra così per una parte in quel processo di «purificazione» dei modi dell’espressione artistica che, senza una vera impostazione ideologica, ma pure con una certa concordanza di base e con un rapporto abbastanza preciso tra le varie arti, si è sviluppato nel primo e secondo decennio del secolo XX, portando la pittura fino all’estrema semplificazione dell’astrattismo geometrico. Si trattava di eliminare gli elementi descrittivi e narrativi da un lato, gli elementi ornamentali dall’altro, quanto di romantico era ancora nell’Espressionismo e quanto di barocco era ancora nell’Art Nouveau.
Ma nonostante questi elementi caratterizzanti e innovatori, nonostante l’abolizione o il cambiamento della visione prospettica, nonostante il processo di purificazione formale, nonostante cioè la coincidenza di tante componenti totalmente innovatrici che lo caratterizzano, il Cubismo mantiene quell’elemento che è preminente in ogni tipo di arte «mentale», l’elemento plastico. Anziché alla sensualità, all’emotività del colore, si affida alla razionalità della linea e della costruzione dei piani; si esprime cioè essenzialmente attraverso il senso immanente della solidità, del volume, della spazialità ben definita, che danno evidenza all’immagine. È attraverso questa caratteristica che si possono riconoscere i precedenti del Cubismo e quelle componenti culturali che contribuirono a spiegarne la nascita, o in modo diretto o anche solo come contributo a quel rinnovamento ideologico che determinava l’atmosfera culturale degli inizi del 900. Il precedente più immediato e tipico è Cézanne, quel suo modo di trasformare l’emozione veloce degli Impressionisti in una ferma e solida strutturazione della natura, di bloccare l’immagine nella fissità plastica dei volumi e, per gli ultimi quadri, quel suo modo anche di frantumarla, l’immagine, nella scomposizione analitica dei piani e della luce.
Ma va tenuto conto anche di alcuni fatti nuovi che si erano verificati nell’architettura, specialmente francese, al principio del secolo: si può ricordare la casa di rue Franklin 25 bis a Parigi costruita da Auguste Perret nel 1903 con le sue novità pre-razionaliste della squadratura dei volumi, dell’abolizione dell’ornato, dell’uso del cemento armato; o anche il progetto della «Cité Industrielle» pubblicato da Tony Garnier nel 1904, di una novità di concezione, anche questa in senso razionalista, sorprendente. È vero che il Cubismo ha a sua volta fortemente influenzato la nascita e lo sviluppo di tutta o quasi l’architettura successiva, specialmente della corrente razionalista; ma agli inizi del secolo il rapporto è invertito e in ogni modo anche se I non si volesse riconoscere un’influenza diretta, le opere di Garnier e di Perret stanno a dimostrare che le nuove idee, che prenderanno più concreta espressione con le opere d’arte cubista, erano nell’aria.
Accenniamo anche al nuovissimo interesse, per la prima volta nella storia della cultura artistica, per le arti primitive extra-europee, specialmente africane. È una scoperta che avviene simultaneamente in vari centri europei e ad opera di artisti diversi; è molto difficile quindi stabilire delle precedenze, ma il fenomeno nel suo insieme è abbastanza chiaro e serve come elemento culturale assai stimolante sia agli Espressionisti, che ai Fauves e ai Cubisti. Picasso ha negato in verità questa influenza sulle opere del suo periodo che è detto «periodo negro», tra il 1906 e il 1907, accogliendo piuttosto con maggior favore i richiami all’arte catalana del XII e XIII secolo. Ma non sembra possibile disconoscere l’influenza della scultura negra, per esempio, nella parte sinistra di «Les demoiselles d’Avignon», il quadro chiave della nascita del Cubismo, nel quale semmai si può dire che le due influenze coesistono. Certo che la semplificazione lineare, la scomposizione dei piani e la deformazione espressiva, proprie di quell’arte, sono tutti elementi formali che i nuovi artisti devono avere sicuramente meditato.