Il Venezuela degli interessi

Plotone di soldati russi. Venezuela
Con l'arrivo dei soldati russi, la crisi venezuelana potrebbe assumere dei contorni nuovi e pericolosi. FOTO REPUBBLICA

Nonostante i telegiornali nostrani non abbiano più affrontato, se non sporadicamente, il tema “Venezuela“, la situazione all’interno del Paese sudamericano non è migliorata, anzi. Dopo la proclamazione, da parte del Parlamento, di Juan Guaidò a Presidente ad interim del Venezuela, un barlume di speranza s’è acceso all’interno dei cuori dei venezuelani (e degli italo-venezuelani). Speranza stroncata, però, dalla pronta reazione di Nicolas Maduro, il quale attraverso un’astuta opera di sabotaggio, ha messo in ginocchio l’intero Paese.

Accusando gli Stati Uniti di aver messo fuori uso il sistema energetico nazionale, il Presidente Maduro si è barricato dietro la sua propaganda chiamando a raccolta i fedelissimi nella speranza che la macchina diplomatica internazionale, messa in moto dal suo avversario per raccogliere il massimo numero dei consensi, si inceppi il prima possibile.

Nel frattempo, Maduro ha revocato l’immunità parlamentare a Guaidò, provocando lo sdegno internazionale e la condanna dell’Unione Europea nella persona di Federica Mogherini, la quale ha espresso profonda preoccupazione nei confronti di quest’atto profondamente antidemocratico.

Sul fronte internazionale “opposto” invece, alla sostanziale immobilità degli Occidentali, Russia e Cina, per difendere i propri interessi, hanno inviato alcune centinaia di militari. Secondo il Cremlino l’invio di truppe (con 35 tonnellate di equipaggiamento) farebbe parte di un accordo precedente inerente la cooperazione in campo militare. La Cina, al contrario, ha smentito ogni ingerenza.

C’è da crederci?

Cina e Russia in Venezuela, c’è da preoccuparsi?

Innanzitutto, sia la Russia che la Cina, al contrario dell’Italia (ad esempio) hanno da subito chiarito la propria posizione in merito alla crisi venezuelana, schierandosi apertamente, assieme alla Turchia, con Nicolas Maduro. Difendendo nettamente la posizione del chavista, Mosca e Pechino hanno voluto tutelare i propri interessi in quanto Paesi creditori, poiché solo con la vendita del petrolio ai due colossi orientali il Venezuela ha potuto reggere il forte colpo delle sanzioni internazionali.

Secondo molti eminenti politologi, la Russia coltiverebbe più interessi in Venezuela che in Siria, considerando l’investimento complessivo di 17 miliardi di dollari nell’economia del Paese. A dimostrazione di quanto detto c’è l’acquisto dei fondi di PDVSA (marchio petrolifero del Venezuela) da parte di GazpromBank prima che potessero finire nelle mani degli statunitensi. Salta subito all’occhio la totale dipendenza delle fonti energetiche venezuelane dai capitali russi.

La Cina, addirittura, presenta una situazione creditoria ancora migliore. Dal 2008 Pechino ha concesso a Caracas circa 70 miliardi di dollari, facendo della Cina il più grande creditore della zona latino-americana. Il colosso orientale, da diversi anni ha preso piede in Africa e in Sud America e attraverso una politica di soft power ha cercato di inserirsi, con successo, all’interno della geopolitica sudamericana, sfrattando proprio gli Stati Uniti.

Si comprende benissimo che un qualsiasi tipo di regime-change rappresenterebbe uno scenario da scongiurare fortemente, proprio in relazione ai crediti accumulati alle spese di Caracas.

E non è tutto qui! Da diversi anni circola una strana voce in Venezuela e riguarda l’apertura di una base militare russa sul suolo sudamericano. Le fonti relative all’arrivo di sistemi missilistici e materiale tecnico da Mosca, si sono fatte sempre più insistenti. Inoltre, secondo alcune ricostruzioni inglesi, tra i soldati inviati a Caracas, ci sarebbero molti esperti informatici e di cyber-security.

Onestamente, però, è difficile immaginare che Putin abbia inviato una manciata di uomini per difendere Maduro da ipotetici scenari di guerriglia urbana fomentata dall’Occidente. Quindi, l’arrivo di queste “truppe d’élite” da parte del Cremlino risponderebbe a ben altre esigenze. A questo proposito un’altra circostanza, passata quasi inosservata, potrebbe aiutare a comprendere. L’incendio appiccato al “El Helicoide”, su cui l’autorità locale ha preferito tacere, potrebbe rispondere all’esigenza di distruggere prove ed archivi. A questo punto c’è da chiedersi quali informazioni, Putin e i suoi uomini, vogliano mantenere segrete.

Al di là degli interessi che Cina e Russia nutrono nei confronti del Venezuela, l’invio di soldati non può che aggravare lo strappo diplomatico tra Mosca e Washington, aggravando a sua volta, la posizione internazionale di Maduro e di tutta la Terra di grazia.

Gli USA e gli attacchi informatici

Mentre sul suolo venezuelano scorrazzano uomini in divisa russa e cinese, la popolazione autoctona ha dovuto confrontarsi, ancora una volta, con un blackout totale che ha bloccato tutti i servizi e ha costretto le autorità a razionalizzare l’energia elettrica per 30 giorni. Maduro insiste che la colpa sia degli Stati Uniti ma, anche questa volta, si tratta di falsa propaganda.

Secondo il chavista l’attacco al sistema elettrico GURI, che ha lasciato l’intero Paese nel buio, si sarebbe verificato in tre fasi:

  • Un cyberattacco dall’esterno con tecnologiche che “solo gli USA posseggono” al cervello del sistema computerizzato di CORPOELEC;
  • Un attacco elettromagnetico;
  • Incendio delle sottostazioni elettriche.

Le contro-argomentazioni non sono tardate ad arrivare e molti esperti hanno avuto modo di confutare le illazioni del Presidente Nicolas Maduro. Innanzitutto le apparecchiature per il funzionamento del sistema elettrico sono apparecchiature di potenza, senza intelligenza IA (artificiale) e quindi non computerizzate, poiché il CORPOELEC è un sistema che risale agli anni ’60. Per intenderci, sarebbe come cercare di controllare un elettrodomestico degli anni ’80 con un iPhone.

In secondo luogo, secondo gli esperti, il sistema elettrico del Paese funziona con una vecchia versione analogica di SCADA. Le unità comunicano esclusivamente tra di loro e ogni comunicazione remota/esterna è impossibile. Dunque, è esclusa anche l’ipotesi del sabotaggio magnetico.

L’incendio delle sottostazioni elettriche, invece, risponderebbe alla scarsa manutenzione. Fonti vicine a CORPOELEC hanno fatto sapere che l’incendio è stato provocato dalla combustione della vegetazione che, non potata, avrebbe provocato questo famoso rogo. Il Venezuela sta affrontando un periodo di siccità e gli incendi, in questo caso, sono abbastanza comuni.

Il caos elettrico, in poche parole, deriverebbe da ben altri fattori, tra cui corruzione e negligenza. La propaganda di Maduro è fine a sé stessa e cerca di nascondere le responsabilità di una classe dirigente inadatta e negligente. La disastrosa situazione economica in cui versa l’intero Paese non è da additare a sabotaggi, ingerenze di sorte o quant’altro, ma è da additare al fallimento di un modello economico che nel giro di diversi anni ha svenduto il Venezuela alle multinazionali straniere non preoccupandosi di tutto il resto.

Le attrezzature difettose, non vengono sostituite e quelle considerate “nuove” non funzionano. Per sottolineare l’inettitudine di chi si ostina a puntare il dito verso gli altri, è utile far riferimento, come sempre, ai dati: il Venezuela ha ben 19mila megawatt installati, ma ad oggi ne sono disponibili solo 2.500.

Ogni altra parola sull’argomento “sabotaggio” sarebbe superflua. Ci troviamo di fronte ad un Paese che, a causa di alcuni errori madornali dei governanti, non è più capace di auto-sostentarsi. Un fallimento nel vero senso della parola.

Venezuela e Italia, un rapporto che non decolla

Dall’altra parte dell’oceano i governanti nostrani sembrerebbero essersi dimenticati dell’esistenza del Venezuela e della sua folta comunità italiana. Conte, Di Maio e Salvini non hanno ancora deciso da che parte stare, nonostante l’invito di Guaidò ad inviare una propria delegazione che documenti le condizioni in cui versa la Terra di grazia.

Nemmeno il sequestro del passaporto della deputata italo-venezuelana Mariela Magallanes è riuscito a far breccia nel cuore dei governanti italiani, i quali, tra una dichiarazione e l’altra hanno deciso di non prendere nessuna posizione in merito.

Nello specifico, la Farnesina e il Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, si son attivati quanto prima per risolvere la situazione, diramando un comunicato con cui hanno fatto sapere alle istituzioni del Venezuela di “essere preoccupati per questa azione liberticida che potrebbe aggravare la posizione internazionale del Paese sudamericano nei confronti dell’Italia e della UE”. Infine, il Ministro ha convocato l’ambasciatore venezuelano per conferire sulla situazione. Nient’altro.

In molti si domandano perché il Belpaese si ostini a non prendere nessuna iniziativa in merito. Addirittura, alcune testate giornalistiche hanno ipotizzato che dietro alla “lentezza” italiana ci sia l’adesione dell’Italia alla Nuova Via della Seta di matrice cinese. In poche parole, per non scontentare il nuovo partner commerciale cinese, il Governo avrebbe volutamente ritardato ogni presa di posizione ufficiale.

Accordo commerciale che, ricordiamolo, ha infastidito non poco l’UE e gli Stati Uniti, i quali temono che l’apertura del mercato europeo alla Cina possa essere controproducente, soprattutto a livello di concorrenza.

Un “destino” che tarda a sorridere al Venezuela…

Guardando oltre le vicissitudini diplomatiche, la situazione interna è a un passo della guerriglia. Maduro, nel tentativo di mettere fuori gioco il suo avversario (Guaidò), lo ha dapprima reso ineleggibile per un periodo di 15 anni, revocandogli sia la carica di Presidente del Parlamento e sia, come riportato nei primi paragrafi, l’immunità parlamentare con l’obiettivo di sottoporlo ad un processo penale.

La democrazia non è solo in pericolo, anzi, è già stata compromessa. Il monito dell’Alto rappresentate europeo per gli affari esteri e la sicurezza, Federica Mogherini, non serve a nulla se non a tentare di smuovere le coscienze, per ora con risultati deludenti.

Intanto Guaidò rilancia la mobilitazione generale per una svolta e nuove elezioni. Ma i rischi sono alti, i vertici militari, ancora vicini al Presidente Maduro, potrebbero interrompere ben presto i sogni di gloria del leader di Voluntad Popular.

Il destino dell’intero Venezuela passa per le coscienze dei potenti, i quali, per assurdi giochi di potere sono pronti a mettere a rischio la vita e la libertà di milioni di persone. Per ora, il destino non sorride al popolo venezuelano che, ridotto in pessime condizioni, ha addirittura suscitato la preoccupazione dell’ONU che, dall’alto della sua imparzialità, ha ammesso la gravità della situazione sanitaria e alimentare in un suo recente comunicato.

La speranza (ancora) è che, almeno per una volta, i subdoli giochi di potere perpetrati da quelli che si considerano “grandi uomini”, possano essere messi da parte per salvaguardare gli innocenti.

Donatello D’Andrea

2 comments

Complimenti al 21enne Donatello D’Andrea, questo mi sembra veramente un ottimo articolo, con una pregevole analisi della situazione. Ho dei dubbi sulle possibilità russe di mantenere una base militare in Venezuela, e questo per evidenti ragioni logistiche e di distanza geografica dalla madrepatria. Ho solo l’impressione che la Russia stia facendo il possibile per proteggere i suoi crediti, e, a differenza dei cinesi, lo fa mostrando i muscoli. Questo perché è nel modo di essere dei russi, che al soft-power cinese preferiscono il loro hard-power. Però io personalmente dubito della capacità della Russia di essere una vera potenza mondiale anche sul piano militare.
Riguardo alle cose venezuelane, sto seriamente sospettando che non è detto che Maduro abbia i giorni contati. Lo pensavo uno/due mesi fa, ma al momento non vedo molti tentennamenti nelle forze armate venezuelane, che alla fine potrebbero essere l’unico vero ago della bilancia. Staremo a vedere…
Infine, per quanto riguarda l’atteggiamento italiano, devo dire che non mi stupisco della mancata di presa di posizione del nostro governo (per il quale, en passant, provo scarse simpatie). A parte una probabile sudditanza nei confronti degli interessi russi e cinesi, c’è anche da considerare il fatto che c’è una parte della base elettorale M5S, che potremmo azzardarci a definire “di sinistra” e che è legata a simpatie di tipo terzomondistiche che da sempre vedono male ogni tipo di ingerenza esterna USA. Non è escluso che, almeno per il momento, sia stata proprio questa componente a congelare ogni tipo di sostegno italiano a Guaidò. O che almeno possano aver avuto il loro peso.

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