I “tormenti” del Governo: Unione Europea, dissidenti e “terrorismo psicologico”

Danilo Toninelli, Ministro delle Infrastrutture, "festeggia" l'approvazione del "decreto Genova" alzando il braccio destro. Il gesto ha suscitato forti polemiche da parte dell'opposizione e il richiamo da parte del Presidente del Senato. FOTO ANSA

Il titolo è emblematico: la maggioranza Lega-M5S non è mai stata così scricchiolante. L’attuale Governo, al di là delle apparenze, si sta muovendo sul filo del rasoio a causa di alcuni malumori all’interno del Consiglio dei Ministri e del Parlamento.

Nel mio articolo precedente, quando parlai della prescrizione e del decreto sicurezza (a rischio “incostituzionalità” e bocciato dal CSM), rilevai alcune contraddizioni all’interno del sistema di voto usato per l’approvazione del decreto del Ministro dell’Interno Salvini e riportai, anche, le perplessità espresse relative ai dissidenti. Di particolare interesse, ancora, sono state le dichiarazioni di una senatrice del Movimento che hanno fatto riferimento al clima di “terrorismo psicologico” presente all’interno del partito. Sicuramente il clima espresso dalla senatrice è relativo al motto pentastellato “se non ti sta bene torna a casa”, in barba al divieto di mandato imperativo, costituzionalmente garantito per giunta.

Terminato il preambolo, credo sia opportuno analizzare caso per caso le perplessità esprimibili sul Governo e in particolar modo sulla maggioranza “fragile” di cui momentaneamente gode.

La timida crisi interna del Movimento proviene non tanto dal CdM ma dal Parlamento. I primi sintomi di un rigurgito anti-Salvini provengono da coloro che credono che il leader dei leghisti stia lentamente rubando la scena al Movimento poiché, stando ai sondaggi, l’unico partito che sta decrescendo è proprio il Movimento Cinque Stelle. La Lega, dal canto suo, continua a registrare il record di “intenzioni di voto”. Inoltre, non convincono i comportamenti di Matteo Salvini, soprattutto in questi giorni, e i temi a favore di queste perplessità sono molteplici: dai periodici incontri bilaterali Salvini-Berlusconi, alle dichiarazioni sulla prescrizione e il conflitto di interessi.

Questi due ultimi elementi, farebbero sorgere delle perplessità a chiunque. Perché mai il Ministro dell’Interno di un Governo, dovrebbe incontrare uno dei principali esponenti dell’opposizione? Berlusconi non è stato eletto, certo, ma è stato colui che ha fatto campagna elettorale alla coalizione di centrodestra di cui ha fatto parte anche la Lega! D’altro canto, l’ex Premier non ha nascosto le speranze che un giorno Salvini possa tornare “a casa”. C’è da dire che entrambi i Vicepremier hanno esplicitamente chiarito che il loro non è un programma di Governo, ma un contratto tra due partiti ideologicamente opposti e che la loro attività è finalizzata al solo benessere dei cittadini.

Da queste dichiarazioni si dovrebbe presupporre che una volta esaurite le clausole contrattuali questo Governo debba terminare, oppure sarà necessario redigere un altro contratto contente altri provvedimenti da effettuare? 

Ragionando sul periodo pre-elettorale, fanno sorridere le dichiarazioni della destra e dei grillini nei loro rispettivi confronti, in particolare quelle di Berlusconi che li definiva come “nuovi comunisti”. Inoltre, non credo che gli incontri tra Salvini e Berlusconi siano andati giù ai pentastellati vecchio stampo, quelli che davvero credevano di poter estirpare definitivamente l’ex Cavaliere e tutto l’ancien régime, Lega compresa. Ma molti di questi malpensanti sono stati ammaliati dalla possibilità di poter comporre una maggioranza di Governo, di poter condizionare le decisioni della Lega dall’alto del loro 32% guadagnato alle Elezioni. Invece, ora che i rapporti di forza sono cambiati, i “mali” della maggioranza pentastellata sono riemersi. La paura che questo esecutivo prenda la direzione della Padania si sta concretizzando e per il Movimento Cinque Stelle ogni mossa sembrerebbe portare ad una disfatta. Perché? Il tutto l’ho riassunto in un’unica frase:

“Se cade il Governo, la Lega e Berlusconi vinceranno, se invece il Governo reggerà, Salvini guadagnerà sempre più consensi”.

L’obiezione che si potrebbe sollevare è quella secondo cui non è sicuro che Salvini, riavvicinandosi a Berlusconi, ottenga più del Movimento. Probabile, ma i rapporti di forza muterebbero ugualmente rispetto al 4 Marzo rendendo, di fatto, la posizione del Movimento più debole.

L’enorme disparità di forze tra la Lega e il Movimento, deriva anche da un altro fattore: il fattore leader. Sarò impopolare, ma ritengo che Di Maio non sia un leader carismatico in grado di tenere compatto il suo partito, di imporre una linea comune e di condizionare anche le decisioni dei dissidenti. La dimostrazione di questa supposizione proviene dal Senato: il decreto sicurezza è stato fortemente a rischio bocciatura proprio a causa di dissidenti pentastellati non intenzionati a seguire le linee dettate dal contratto di Governo. Salvini, invece, in questo riesce benissimo. I dissidenti, all’interno del suo partito non sembrano esistere, inoltre la propaganda con cui ha convinto una parte dell’elettorato pentastellato a votarlo, sembrerebbe funzionare. I sondaggi non mentono: la Lega dal 17% del 4 Marzo è passata al 30%. Qualcosa vorrà pur dire. 

Anche gli agenti esterni stanno condizionando fortemente la precaria situazione dell’intera maggioranza di Governo. Nonostante ai nostri occhi la bocciatura del DEF da parte dell’Unione Europea risultasse prevedibile, poiché violava gli accordi economici sottoscritti dai Paesi dell’Eurozona relativi alla politica economica comune “scaccia crisi” da seguire (l’UE predilige l’austerity, l’Italia preferisce fare deficit). Perciò, credo che all’interno del Governo qualcuno credeva che le cose andassero diversamente, “come se qualche urlo e un paio di pugni sul tavolo potessero spaventare chi controlla i mercati”.

Credo, invece, che chiunque avrebbe capito che l’Unione Europea non era dell’avviso di fare concessioni all’Italia, in nessun caso. Basti pensare alle dichiarazioni antidemocratiche, a mercato aperto, effettuate da alcuni membri della Commissione Europea, incaricata delle questioni economiche, qualche mese fa (“i mercati insegneranno gli italiani a votare”), oppure a quelle di  Pierre Moscovici, un sovranista che sfidò l’Europa ma che ora sembrerebbe essersi adeguato “alla casta”.

Lo spread (pilotato o meno), le ripercussioni sugli investimenti e i tentativi di destabilizzazione non erano presenti nell’agenda delle previsioni dell’esecutivo. Inoltre, lo scontro Tria-Savona sulla famosa lettera di risposta alle perplessità europee (il Governo doveva redigere una nuova bozza di bilancio da inviare entro il 15 Novembre, la risposta dell’UE dovrà arrivare entro il 21 dello stesso mese), ha aperto delle crepe anche all’interno di ministeri fino a questo momento immacolati. Ad aggravare la situazione c’è anche l’insofferenza di una parte di elettorato affezionato a Matteo Salvini: gli imprenditori padani stanno soffrendo molto la drastica diminuzione degli investimenti esteri e si aspettano che il loro eroe faccia qualcosa.

I dissidenti, gli elettori e l’Unione Europea: sia per la Lega che per i Cinque Stelle i problemi non sembrano diminuire. Nel primo caso, le scelte di Di Maio si fanno difficili: “usare una linea dura, del terrorismo psicologico nei confronti di coloro che hanno tradito il Movimento, oppure soprassedere evitando di mettere a rischio la maggioranza al Senato?”. Se Di Maio decidesse di “assolvere i colpevoli”, la sua leadership ne risentirebbe e contemporaneamente i più intransigenti potrebbero mettere in dubbio la tenuta del Movimento. Questo però non è un errore addossabile all’attuale leader del partito bensì alla politica stessa del Movimento che mira a punire severamente, attraverso delle purghe staliniane, i dissidenti. Ovviamente, in una democrazia il “cambio di idee” dovrebbe essere tacitamente accettato come una normalità, ma il terrore suscitato dalle ripetute cadute dei Governi dovuto a tangenti, promesse e utopie varie, ha fatto maturare l’idea che il mandato imperativo (tipico dei regimi autoritari) sia una necessità da imporre. Dunque, la conseguenza del trasformismo, tutto italiano, e della disonestà della classe dirigente ha portato a considerare “anormale” quello che viene sancito in Costituzione.

Altro scricchiolio della maggioranza proviene anche dalle questioni “Genova” e “Tav/Tap”. In questi giorni, il decreto “Genova” è diventato legge ma non sono mancate le polemiche relative alla mole di articoli effettivamente dedicati al capoluogo genovese stravolto dal crollo del Ponte Morandi nell’agosto scorso.

La votazione, avvenuta con 10 grillini assenti (alcuni per malattia, altri per dissenso), ha consacrato “a legge” il Decreto con 167 voti favorevoli, 49 contrari e 53 astensioni. Dai numeri sembrerebbe che il Governo goda di una maggioranza schiacciante, ma l’iter legislativo è stato costellato da molti colpi di scena, polemiche e incrinature all’interno degli stessi partiti di maggioranza.

L’articolo più dibattuto è stato sicuramente il venticinquesimo relativo al “condono per Ischia”. Quest’ultimo provvedimento è stato oggetto di scontri tra maggioranza e opposizione, poiché si sanerebbero degli illeciti infrastrutturali che potrebbero mettere a rischio la vita di molte persone.

Anche qui, i dissidenti del Movimento (aumentati) hanno rappresentato un fattore di rischio per il corretto svolgimento dell’iter legislativo. Nella Lega, invece, si registra l’astensione di Umberto Bossi.

La situazione critica della maggioranza di Governo, però, viene leggermente mitigata da una ritrovata Meloni che ha autorizzato i suoi a votare a favore della legge di riconversione. Invece, FI si è astenuta. Momentaneamente l’acuirsi della crisi sembra scongiurato, ma il pericolo di una possibile rottura è dietro l’angolo. I contrari alla linea pentastellata stanno aumentando e la loro causa potrà essere sposata da altri parlamentari che, non convinti dalla figura di Di Maio (con il ritorno di Di Battista amico-nemico-rivale), potrebbero fare le valigie e cambiare casacca.

Vorrei ricordare, poi, che questo Governo nacque già un po’ zoppicante a causa della controversa figura di Roberto Fico. Ma inizialmente non diedi peso alla sua posizione, poiché la maggioranza sembrava abbastanza solida. Però, con i grillini in subbuglio anche lui potrebbe rappresentare un pericolo, la famosa goccia che fa traboccare il vaso.

Per dover di cronaca, credo sia opportuno, a questo punto, fare brevemente il punto sul decreto di Genova, riguardante la città capoluogo e le emergenze tra il Centro e il Sud Italia:

  • Innanzitutto il provvedimento delinea la figura del commissario straordinario, in carica 12 mesi (rinnovabili per un massimo di 3 anni).
  • Le spese per il ponte saranno addossate all’azienda “Autostrade per l’Italia”, anche se il Governo anticiperà parte dei pagamenti. Le imprese, i cittadini e la zona portuale destabilizzate dal crollo del ponte verranno sostenute economicamente.
  • Gli altri articoli, invece, fanno riferimento al Centro Italia e all’Isola di Ischia, colpita da un forte sisma nel 2017. L’articolo 25 dispone che, entro 6 mesi, i comuni interessati dal sisma devono chiudere le pendenze ancora aperte rispetto alle richieste di sanatoria presentate in base al condono edilizio del 1985 (“condono totale di Craxi”). Le polemiche sollevate si riferiscono al fatto che questo condono è troppo permissivo nei confronti delle strutture fatiscenti, a differenza di quelli più restrittivi del 1994 e del 2003. Le conseguenze potrebbero portare a condonare delle strutture pericolose per l’incolumità pubblica.
  • Le ultime norme riguardano invece il tema dello “smaltimento dei fanghi” in agricoltura. Il provvedimento ha portato ad un aumento del limite di smaltimento dei fanghi degli idrocarburi. La polemica si è risolta in un “è un danno derivato dai governi precedenti”.

Credo che siano giustificate le polemiche derivanti dall’art.25, relative al condonare alcune strutture costruite illegalmente (circa 409), con evidenti carenze strutturali e nocive alla pubblica sicurezza. Il problema, non è tanto il condono in sè (poiché potevano applicarsi anche quelli del 1994 e 2003, più restrittivi), bensì le conseguenze che potrebbero derivare dall’analisi strutturale di infrastrutture abusive già dichiaratamente illegali e demolibili secondo le due leggi precedentemente citate, ma non secondo quella del 1985. L’emendamento presentato in precedenza e che ha provocato una spaccatura interna alla maggioranza, scongiurava proprio questo: non applicare il condono “Craxi” a tutti gli edifici indistintamente, soprattutto a quelli etichettati come “incondonabili” dalle leggi del 1994 e del 2003.

Come direbbe Calderoliè una porcata”.

Sul fronte della Tav/Tap, lo scontento elettorale deriva dai proclami fatti prima delle elezioni da parte del Movimento Cinque Stelle, e dai passi indietro compiuti dagli stessi una volta al Governo. Questo dietrofront deriva sicuramente dal calcolo “costi/benefici” ma soprattutto dalla “scoperta” dei costi di un’eventuale recesso contrattuale in entrambi i casi. L’ho affrontato nell’articolo precedente e le cifre che ballano sono in ordine di miliardi di euro per il Gasdotto Trans-Adriatico. Un’intera manovra finanziaria per far bloccare i lavori. Ma, certe volte il consenso elettorale si conquista facendo anche un po’ di demagogia, non tenendo conto, però, delle conseguenze delle proprie azioni.

In conclusione, credo che una crisi di Governo sia l’ultima cosa di cui questo Paese abbia bisogno. Dopo quella del 2008 e il Governo tecnico del 2011, l’Italia non può affrontare un altro periodo di incertezza che comporterebbe una drastica diminuzione della fiducia internazionale nei nostri confronti. Credo che per combattere i dissidenti o coloro che intendono fare “cambio di casacca per convenienza”, Di Maio dovrebbe riaffermare la sua leadership interna al Movimento, puntando sullo zoccolo duro del partito per mitizzare le frange estremiste. Sul fronte governativo, invece, entrambi i partiti dovrebbero stringere degli accordi che siano equi, senza strafare o puntare al beneficio dei singoli, poiché i diretti interessati dei loro giochi di potere sono i cittadini.

Donatello D’Andrea

 

Lascia un commento