Taglio dei parlamentari: come ha fatto la Germania

Taglio dei parlamentari: come ha fatto la Germania
Anche in Germania si discute sulla riduzione del numero dei parlamentari. FOTO TPI

Nella notte tra martedì e mercoledì, la coalizione al governo in Germania, composta dal Partito Socialdemocratico (SPD) e dall’Unione Cristiano-democratica (CDU) ha trovato un grande accordo dopo un’estenuante trattativa su una riforma elettorale che avrà l’ambizioso obiettivo di ridurre da 299 a 280 i distretti elettorali e, di conseguenza, tagliare anche numerosi parlamentari.

Al momento, infatti, il Bundestag, unica camera elettiva in Germania dato che il Bundesrat rappresenta i länder, è composto da un numero variabile di parlamentari. Ad oggi sono ben 709, nonostante nel lontano 1996 il governo ne avesse stabiliti 598. La crescita esponenziale è avvenuta nel corso degli anni a causa di un complesso principio di mandati in eccedenza e mandati compensativi del sistema elettorale. Un aumento vertiginoso che, secondo alcune previsioni, potrebbe portare la Camera bassa ad ospitare, dopo le prossime elezioni, più di 800 componenti.

Un “Bundestag XXL“, come lo hanno ribattezzato i giornali locali, dai costi spropositati. Ecco perché, il governo tedesco ha deciso di ridurre i distretti federali in modo graduale, già a partire dalle elezioni federali del prossimo anno per poi completarsi dopo quelle del 2025.

Come ha fatto la Germania

Quando si è concluso lo spoglio delle ultime elezioni, nel 2017, gli analisti tedeschi hanno individuato subito alcuni aspetti poco convincenti e soprattutto di nuovissima fattura del nuovo Bundestag che si sarebbe subito insediato di lì a poco.

Primo fra tutti l’ingresso di un partito di estrema destra come Alternativa per la Germania (Alternative für Deutschland o AfD), per la prima volta nella storia della Repubblica, e addirittura terza forza dopo la CDU e la SPD. Oppure il ritorno dei liberali della FDP sopra la soglia del 5% dopo una legislatura passata in “esilio”. O ancora la diminuzione del numero delle donne tra gli eletti rispetto alla precedente legislatura (dal 37,3% al 30,7%). Il dato più sorprendente, e sicuramente più rilevante ai fini di questa discussione, fu però un fatto meramente numerico: ci si rese conto che quel Bundestag avrebbe ospitato ben 709 deputati, un record della storia tedesca.

Un numero così grande pose il problema della scarsa funzionalità dell’attività legislativa e delle diverse commissioni. Secondo gli analisti locali, dover avere a che fare con 709 parlamentari rende le procedure più semplici potenzialmente molto più macchinose. Addirittura c’erano dei seri problemi di spazio, dato che l’edificio del Bundestag non ne aveva. Alcuni neoeletti, alla fine, hanno dovuto stabilire i propri uffici in un palazzo vicino usato negli anni ’30 dai nazisti.

In teoria il Bundestag dovrebbe essere composto da 598 deputati. La legge elettorale prevede che, per ognuno dei 299 distretti elettorali in cui è diviso il Paese, ogni cittadino possa avere a disposizione due voti. Il primo voto serve a scegliere il candidato: chi prende più voti vince il “mandato diretto” e un seggio in Parlamento. Con il secondo voto, invece, si sceglie il partito. Nel primo caso parliamo di un “first past the post“, un voto uninominale secco. Nel secondo entra in gioco il proporzionale.

I vincitori del mandato diretto occupano i 299 seggi, cioè la metà di quelli disponibili de iure. I restanti, vengono distribuiti proporzionalmente tra tutti i partiti che, nelle varie liste presentate nei 16 länder, hanno superato la soglia di sbarramento del 5%.

Qui iniziano i problemi. È possibile che un partito in un Land possa ottenere più mandati diretti rispetto al numero di seggi che potrebbero spettargli in base all’esito del secondo voto. A questo punto al partito vengono assegnati dei seggi di compensazione, i quali in teoria dovrebbero bilanciare lo squilibrio. Un aggiustamento di questo tipo, però, genera un nuovo squilibrio fra quel partito e gli altri, perché va a sfalsare le proporzioni generate dal secondo voto. Per correggere lo sbilanciamento, a partire dal 2013, anche agli altri partiti vengono assegnati dei seggi extra. Praticamente si tratta del classico circolo vizioso dal quale non se ne esce più, a meno di interventi decisi.

Questo metodo è molto complesso, ma consente di superare la soglia dei 598 deputati con estrema facilità. Gli esperti hanno più volte avvertito del rischio concreto di arrivare, nel giro di pochi anni, a superare la soglia degli 800 parlamentari. Per scongiurare una degenerazione di questo tipo, la “Grande Coalizione” di governo ha raggiunto martedì un accordo storico su una parziale legge elettorale. Si tratta solamente di un primo passo che mira a ridurre il numero dei collegi da 299 a 280. La riforma entrerà completamente in vigore nel 2025, e potrebbe includere alcune modifiche.

Nell’accordo, la SPD e la CDU hanno stabilito che dopo il voto dell’autunno prossimo, verrà istituita un’apposita commissione, a cui prenderanno parte esponenti della maggioranza e dell’opposizione, per discutere alcuni punti importanti entrati nel dibattito. Dall’abbassamento dell’età minima per votare, da portare a 16, all’allungamento della legislatura da 4 a 5 anni. Si vorrebbe includere, nella Legge Fondamentale, anche un limite massimo di parlamentari esplicitamente stabilito.

I partiti di opposizione hanno reagito in malo modo. I Verdi, La Sinistra e la FDP hanno duramente criticato la riforma, la quale non offrirebbe alcuna garanzia di ridurre davvero il numero dei deputati, anzi. Andrebbe a distorcere ulteriormente il risultato del secondo voto. Un punto dell’accordo, infatti, dovrebbe valere già per il voto del prossimo anno. Un numero ridotto, ovviamente, ma che potrebbe avere delle conseguenze rilevanti sulla futura composizione della camera bassa e, di conseguenza, sulla formazione del governo. Secondo l’opposizione, questa misura andrebbe a favorire i Cristiano-democratici e i socialdemocratici nei länder più in bilico.

A dir la verità, il governo tedesco ha pensato anche a questo. Infatti, per l’elezione del prossimo anno è stato inserito un altro meccanismo di correzione, relativo alla “prima assegnazione“: un partito che ottiene molti seggi extra in un land, con questo correttivo potrebbe perderne alcuni in un altro land, garantendo così, in qualche modo, una distribuzione equa di seggi e voti a livello federale.

La “via tedesca” delle riforme

Dato che tra pochi giorni si voterà per il taglio dei parlamentari in Italia, viene automatico fare un confronto di questo tipo con il Paese teutonico. Le differenze tra i due Paesi, e le relative riforme, però, sono enormi. La Germania, innanzitutto, è una Repubblica parlamentare ma federale, nella quale troviamo una sola Camera elettiva, il Bundestag appunto, composto da 709 deputati attualmente. A questi vanno ad aggiungersi i 69 membri del Bundesrat, una camera “alta” che rappresenta i länder.

Ridurre la rappresentanza ad una mera questione di numeri, comunque, è abbastanza discutibile. Se si fosse costretti ad entrare nel merito, però avremmo sicuramente meno parlamentari. Il punto, però, è un altro. Il calcolo effettuato da alcune infografiche è scorretto perché non tiene conto del peso della rappresentanza territoriale in Italia e all’estero.

In Italia, in termini assoluti, ci sono 945 parlamentari, 630 alla Camera e 315 (più cinque senatori a vita). Secondi in Europa per numero di parlamentari eletti. Quando si parla di rappresentanza, però, bisogna necessariamente comprendere le istanze territoriali. Nel Belpaese la funzione legislativa, per alcune materie stabilite dall’art. 117 Cost, è esercitata dalle regioni. Dunque, le istanze legislative territoriali convergono in quella che potremmo definire “rappresentanza”. Si tratta comunque di cariche elettive.

Le suddivisioni amministrative alte ricoprono un ruolo importante a livello rappresentativo, poiché attraverso l’esercizio della loro specifica funzione legislativa, delegata loro tramite elezione, forniscono una chiara identità alle istanze territoriali di cui sono rappresentanti. Non possono essere escluse dall’attuale dibattito perché un’eventuale riforma andrebbe ad incidere direttamente anche sul loro peso. Basti pensare al ruolo che la Costituzione assegna loro nell’elezione del Presidente della Repubblica o nell’iniziativa legislativa (art. 71).

Dunque, dando seguito al precedente parallelismo circa il confronto numerico tra Italia e Germania, può concludersi che, mentre in Italia la somma del numero dei parlamentari con quella dei rappresentanti delle istanze territoriali (897) è di 1.847, in Germania questa raggiunge 2.560 poiché le diete territoriali, i parlamentini dei 16 länder, sono composti da un totale di 1.851 membri.

Alla fine della fiera, comunque, non è la quantità dei parlamentari a determinare l’efficienza dell’attività politica, ma la qualità. La riforma in Germania ne è la dimostrazione. I teutonici seguono i dettami di quella che potrebbe dirsi come una “buona amministrazione“. In procinto del voto del prossimo autunno, il governo ha ritenuto fondamentale avviare una discussione tra maggioranza e opposizione circa la modifica di elementi particolari, istituendo delle commissioni che hanno l’obiettivo di esporre le principali idee o riserve. Soltanto alla fine di questo giro, verrà definita una legge elettorale.

In Italia, al contrario, si è deciso di iniziare dalla fine, per poi definire in futuro la legge elettorale e gli altri correttivi che, se non portati a termine, renderanno il taglio schiavo dei deliri delle prossime maggioranze, intente a riformare il voto solo per garantire la loro sopravvivenza.

Seppur non propriamente corretto, sarà interessante osservare quale “modello riformista” prevarrà alla fine, se quello tedesco o italiano.

Donatello D’Andrea