É un brutto periodo per i “profeti” della politica…

É un brutto periodo per i "profeti" della politica...
Flavio Briatore, uno dei maggiori negazionisti della Covid-19, è anche tra i maggiori profeti della politica italiana, grazie alla sua "fama" di manager e imprenditore. FOTO Giornale di Sicilia

«Un politico è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura». Quante volte politici, giornalisti ma anche individui comuni hanno pronunciato queste parole, attribuendole erroneamente ad Alcide De Gasperi. In realtà, la frase è del teologo statunitense James Freeman Clarke ma ciò che interessa, in questa sede, non è chi le ha pronunciate bensì il contenuto, il significato, la sostanza delle stesse. Quelle parole, al giorno d’oggi, non hanno perso nulla della loro attualità, riuscendo a mettere a fuoco la differenza sostanziale tra due tipi di persone impegnate in politica in base alla visione che hanno dell’attività. Mentre il politico si preoccupa degli interessi della sua cerchia, lo statista si muove in una prospettiva futura che va ben oltre il vantaggio immediato.

La differenza tra i due sta proprio nel modo attraverso cui i protagonisti concepiscono il bene comune. In sostanza, potrebbe riassumersi che ciò che divide il politico dallo statista è proprio la lungimiranza.

A fronte della cronica assenza dallo scenario attuale di figure a cui potrebbero essere associate le caratteristiche dello statista, una nuova tendenza politica, o modello, pare essersi eretto a difesa degli interessi non solo di una specifica parte politica ma anche sociale. Si tratta della figura del “guru“, del “profeta“, il quale si erge a portavoce della sapienza assoluta in qualsiasi campo, da quello politico a quello economico, passando per le sfaccettatture della società comune. Si tratta di quelli annoverabili tra i “pezzi grossi” di una determinata realtà ma che, nonostante le apparenze, pretendono di rappresentare tutti.

I discorsi di questi uomini di mondo, “che si sono fatti da soli“, puntano a ottenere la massima risonanza possibile presso l’opinione pubblica, a tal punto da guadagnarsi numerose e petulanti ospitate in televisione, oscurando tutti gli altri e venendo interpellati su qualsiasi cosa. Anche sul gossip. I nuovi mezzi di comunicazione, poi, fanno il resto e i social media manager si scatenano su internet con meme, video al diretto interessato e curando le numerose pagine che sorgono in supporto a questi guru. Anche i detrattori, a dire il vero, giocano un ruolo determinante nel fornire pretesti per aumentare la loro popolarità.

Frasi brevi, dirette, facili da ricordare, magari provocatorie. D’altronde, gli elettori sono sempre meno interessati a leggere un editoriale o un articolo di fondo, molti si limitano a scorrere velocemente i titoli e i commenti, nella speranza di capirci qualcosa. Oppure si recano sulla pagina del loro leader preferito che, nel giro di duecento caratteri, riassume e preconfeziona l’opinione più vicina a ciò che fa loro comodo credere. Ragionare è fuori moda, approfondire pure.

Queste sono, al contempo, anche le caratteristiche dei guru, dei profeti del web o della televisione che puntualmente si trovano in quasi tutti i programmi di approfondimento. Ecco perchè questi profeti piacciono. Sono uomini che “si sono fatti da soli“, in grado di rispecchiare le tendenze del momento e le idee degli italiani medi, che guardano loro con fascino, invidia e stupore.

L’Italia è piena di questi guru prestati alla vita comune. Da Flavio Briatore a Vittorio Sgarbi, passando per Beppe Grillo, Santori e Casaleggio. Fino ad ora, per loro è andato tutto bene, tra popolarità e ospitate in televisione, ma il 2020 è riuscito ad abbattere anche la loro “buona stella”, tra un’azione in particolare, che ha indignato il pubblico, oppure un netto calo di interesse dell’elettorato.

I guru e il coronavirus

Nel corso del tempo, dunque, la necessità di trovare degli uomini “immagine” che incarnassero l’italianità e lo spirito tuttologo del popolino, ha spinto i programmi televisivi ad ospitare dei commentatori casuali, oppure di dipingere un’immagine quasi feticista di taluni personaggi dell’imprenditoria o di un movimento di protesta.

Una tendenza che si è diffusa anche all’estero, con Steve Bannon diventato l’ideologo della nuova destra occidentale e che per diversi anni ha rappresentato il carburante di idee del sovranismo italiano. Finito nel dimenticatoio, è stato recentemente arrestato per aver truffato con una campagna finalizzata alla costruzione del muro con il Messico, diversi investitori per una cifra vicina ai venti milioni di dollari.

Nel mondo Cinque Stelle non va meglio, con Davide Casaleggio in difficoltà persino per farsi versare le quote di adesione alla sua piattaforma. Il suo è il caso di quei guru fabbricati dalla stampa italiana e descritti come il male assoluto. Un po’ come tutto il mondo dell’imprenditoria digitale, catalogato come il male assoluto in Italia, un Paese incapace di fare i conti con la realtà e ancorato a retaggi novecenteschi.

Ma chi sta soffrendo più di tutti sono coloro i quali si sono presentati al mondo come uomini tutti di un pezzo, dipinti dalla stampa e soprattutto dalla politica come il meglio che la società italiana possa offrire. Questo è il caso di Flavio Briatore, guru dell’estetica godereccia del berlusconismo prima e del pensiero negazionista sulla pandemia dopo, finito ricoverato in ospedale proprio per Covid. Il manager piemontese rappresenta al meglio l’animo tuttologo del popolo italiano. Anni e anni di ospitate televisive, interpellato su tutto e tutti, opinioni disinteressate, provocatorie e sconclusionate. Il tutto condito dalla stima supina dei vari conduttori televisivi che citavano i grandi successi di Briatore nel corso degli anni, senza mai soffermarsi sul resto.

Narratori del genere gonfiano le vele della narrazione della cosa pubblica italiana. Un po’ come Mattia Santori, uno dei massimi esponenti delle Sardine, e descritto come un profeta della “buona causa” della politica italiana, pura e casta ma senza idee concrete per il futuro. Il giovane attivista, dopo un fruttuoso periodo mediatico, è finito nel dimenticatoio a causa di alcune gaffes sul Ponte Morandi e sull’autismo. Si sa, in Italia la televisione non perdona e chi commette un errore in prima serata resta marchiato a vita. E questo è il caso della giovane sardina, la cui immagine è semplicemente snaturata dalle numerose e continue presenze in televisione, le quali non hanno fatto altro che rendere monotona agli occhi del pubblico la nobile causa delle Sardine. Un errore comune, quando non si ha una chiara strategia mediatica.

La Covid ha messo “fuori uso” Briatore, il quale ha dapprima attaccato il governo sulla chiusura delle discoteche, poi nella sua sono venuti fuori 60 contagi e infine, dopo essere risultato positivo, se l’è presa con gli ospiti del Billionaire, accusandoli di non aver seguito alcuna precauzione. Stesso discorso per Vittorio Sgarbi, anima negazionista resosi promotore di un convegno negazionista al Senato e di un’ordinanza ridicola nella città della quale è sindaco, Sutri. Il critico d’arte ha perso enormemente credibilità in questo periodo.

I guru della politica si sono dovuti arrendere all’evidenza di una pandemia che, solo nel Belpaese, ha provocato 35mila morti. Il gran circo degli stimoli e delle suggestioni messe in atto da questi personaggi sta palesemente franando di fronte all’evidenza.

Il situazionismo politico, la risposta pronta, la critica distruttiva, la ribellione al potere da parte di chi “ha lavorato in certi ambienti e sa come funziona”, gli uomini che tutto pensano e tutto sanno, sono tendenze che con un’emergenza sanitaria lasciano il tempo che trovano. Gli italiani, in tempi di magra, hanno preferito stringersi attorno al governo e soprattutto attorno alla figura del giurista pugliese, nonché Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Ci si chiede cosa arriverà dopo. Sicuramente, i profeti millenaristi non smetteranno mai di essere ospitati da una tv in cerca di figure da spendere, di intellettuali da prestare alle telecamere. La realtà è che non esistono più intellettuali in grado di far convergere il pensiero popolare in un unico sensato punto. Gli attuali guru guadagneranno consenso nei confronti dei negazionisti e dei complottari, almeno fino a quando quella base elettorale troverà qualche altro nome spendibile a cui aggrapparsi. Come è accaduto per l’ex ufficiale dei Carabinieri Pappalardo, finito nel dimenticatoio dopo il 2 giugno.

Al contrario, sarebbe più sensato che la pandemia obblighi il Paese a farsi un bagno di umiltà, spingendosi verso approcci più razionali ai suoi problemi. Con gli slogan e i sentimenti del momento non si disegnano percorsi a lungo termine, così come non c’è futuro se il popolo preferisce legare il suo destino a dei profeti prestati alla politica ma che in realtà non hanno alcuna competenza da prestarle.

Donatello D’Andrea

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