La pessima gestione del fenomeno AstraZeneca

Fiale del vaccino Astrazeneca.
Fiale del vaccino AstraZeneca.

Lunedì pomeriggio l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) ha deciso di sospendere in via precauzionale la somministrazione del vaccino anglo-svedese (prodotto anche a Pomezia) sviluppato da AstraZeneca in seguito ad alcuni timori legati a probabili effetti avversi. L’AIFA ha annunciato quest’interruzione dopo che il giorno prima aveva preso una posizione durissima contro determinate regioni che avevano proceduto a una sospensione temporanea delle somministrazioni, definendo come “ingiustificato” questo gesto.

Per dare una spiegazione a questo incredibile cambio di passo, bisogna spostare la ricerca su un altro livello, quello politico. Infatti l’intervista di Nicola Magrini, direttore dell’AIFA, ha confermato come questa decisione non sia stata “suggerita” dall’Agenzia bensì dal governo di Mario Draghi. La decisione italiana si accorda, comunque, a quelle di altri stati europei che, con l’eccezione di Austria e Belgio, hanno sospeso la somministrazione del vaccino e non solo di qualche lotto.

Nonostante i commentatori nostrani si siano scagliati contro l’Unione Europea per questa decisione, sembrerebbe che le istituzioni comunitarie non siano state coinvolte. Gli stati, come spesso accade, hanno agito per contro proprio. L’Ema è stata chiamata ad esprimersi soltanto dopo l’accaduto, nonostante avesse affermato qualche giorno prima la sicurezza di AstraZeneca – sicurezza ribadita anche con la seconda pronuncia di giovedì.

Comunque andrà a finire, è impossibile non sottolineare come la gestione del fenomeno AstraZeneca sia stata un completo fiasco politico, giornalistico e sanitario. Nel primo caso le decisioni e la loro autorevolezza sono state boicottate in favore della squallida politica dei sondaggi, la quale si è arresa a un’opinione pubblica allarmata che avrebbe dovuto soltanto essere ascoltata e assicurata. Nel secondo caso non può passare inosservato il bombardamento mediatico di una parte della stampa che, utilizzando scientemente casi di cronaca, hanno terrorizzato l’opinione pubblica cercando nessi causali mai accertati. Nell’ultimo caso è ormai accertato che, nonostante l’Ema si sia espressa favorevolmente, il vaccino di AstraZeneca non verrà più valutato in base alla sua efficacia e sarà associato alle polemiche. Insomma, la credibilità è stata compromessa.

AstraZeneca, cosa dicono i dati

In questi giorni qualcuno ha provato a chiarire la vicenda, affermando che i motivi per interrompere le campagne vaccinali non sussistono. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, si è espressa con veemenza nel tentativo di interrompere la campagna diffamatoria nei confronti di AstraZeneca. L’Ema, prima della pronuncia odierna, ha stabilito che «i benefici del vaccino continuano a superare i rischi e la sua somministrazione può continuare, mentre proseguono le indagini sulle trombosi». Anche l’AIFA italiana aveva confermato la validità del vaccino in occasione del famoso comunicato contro le regioni, diffuso il giorno prima della sorprendente sospensione.

Queste affermazioni non si basano sul nulla bensì sulla valutazione dei dati ottenuti dalle diverse campagne vaccinali degli stati. Queste non hanno portato alla scoperta di particolari problemi circa gli effetti avversi causati dal vaccino anglo-svedese, così come dagli altri vaccini contro il virus autorizzati fino a ora. Nell’Unione Europea sono stati rilevati 30 casi su 5 milioni di persone vaccinate con AstraZeneca, un dato in linea con il periodo in cui non era stato introdotto alcun vaccino.

Le trombosi, del resto, sono un problema che interessa molte persone ed è strettamente legato allo stile di vita, per esempio i fumatori sono particolarmente esposti. In Italia ci sono 60mila casi l’anno, negli Stati Uniti più di mezzo milione. Secondo la Fondazione Umberto Veronesi la trombosi è la terza malattia cardiovascolare più diffusa nel nostro Paese. In una situazione del genere, è prevedibile che si verifichino tra milioni di individui che vengono vaccinati e ciò non significa che la causa sia la vaccinazione.

Inoltre, come tutti i vaccini, anche quello di AstraZeneca è stato sottoposto a numerosi test prima di avere l’ok delle autorità sanitarie. Nel complesso, si tratta di circa 23mila persone che sono state seguite dai ricercatori e dai medici per valutare la protezione offerta e l’eventuale comparsa di reazioni avverse: quelle più frequenti sono state febbre e mal di testa. Si tratta di problemi transitori, verificatisi perlopiù dopo la somministrazione della prima dose. I test avevano evidenziato anche alcuni effetti più gravi ma mai delle trombosi. La vaccinazione di massa ha confermato quanto era emerso dai dati.

Come si sa, il Regno Unito è il Paese che ha somministrato più dosi del vaccino, più di 11 milioni. L’Autorità di controllo ha rilevato 45 trombosi e ha escluso si tratti di casi legati alla somministrazione. Per fare un confronto con un altro vaccino, il Pfizer, i casi di trombosi sono stati 48. Per il resto, le eventuali reazioni avverse sono quelle segnalate dai test.

In Italia ci sono dei dati più limitati. Ormai le dosi somministrate hanno superato il milione ma gli ultimi dati disponibili si riferiscono a febbraio e parlano di 800 segnalazioni di “sospetti effetti avversi” su 256mila somministrazioni. Con effetti avversi, comunque, ci si riferisce a dolori muscolari/articolari, dolore nel punto di iniezione, febbre, mal di testa, brividi e nausea. Si tratta di dolori che non vanno oltre le 48 ore.

Per valutare il celeberrimo nesso di causalità, cioè la probabilità che la somministrazione del vaccino e un altro evento abbiano un rapporto di tipo causale, gli operatori sanitari raccolgono prove e informazioni che vengono analizzate tramite un algoritmo realizzato dall’OMS, il quale a sua volta tiene in considerazione numerose variabili. Seguendo queste indicazioni, l’AIFA ha indicato l’assenza di elementi preoccupanti nella campagna vaccinale svolta fino a ora.

Tra UE e Regno Unito le dosi somministrate sono 17 milioni e i dati non indicano un aumento preoccupante, o anormale, dei casi di trombosi. L’Ema ha comunque deciso di continuare a monitorare le somministrazioni caso per caso, in via precauzionale. Bisogna, inoltre, ricordare che i vaccini sono tra i prodotti più controllati al mondo.

Nonostante non ci sia alcuna evidenza che possa giustificare un’isteria collettiva, in questi giorni il vaccino anglo-svedese è finito al centro delle cronache per alcuni casi, smentiti dalle autopsie, che hanno innescato una reazione emotiva a catena che lunedì è arrivata anche in Italia. Complici un giornalismo incosciente e una politica rinunciataria, migliaia di italiani impauriti hanno rifiutato di vaccinarsi mettendo a rischio l’esito della campagna vaccinale. Un rifiuto che ci costerà tantissimo.

La pessima prova del giornalismo e il silenzio della politica

Con i dati appena elencati, niente può giustificare la sospensione della somministrazione dell’AstraZeneca se non una deliberata scelta politica di un’intera classe dirigente che non ha saputo dimostrare decisione, fermezza e soprattutto fiducia, abbandonandosi a un’ingiustificato scetticismo nei confronti dell’unica arma disponibile per uscire da un’emergenza sanitaria, economica e sociale che ha distrutto la quotidianità dell’intero pianeta. Insomma, per dirla con termini “meno diplomatici”: su AstraZeneca la politica di tutta Europa ha fatto una figura barbina. A partire da Angela Merkel.

Ma cosa è successo? A dire il vero, il vaccino di Oxford è stato presentato come un farmaco di serie b. Già prima c’era chi pensava che l’AstraZeneca funzionasse solo nel 65% dei casi. Una notizia falsa uscita sui giornali e totalmente fuorviante. Quel 65% indica una percentuale di vaccinati che non ha sviluppato alcun sintomo ma non vuol dire che il vaccino non sia stato efficace nel restante 35%. Il vaccino, infatti, non serve assolutamente a non essere contagiati, nonostante i dati che arrivano da Israele confortino anche su questo frangente, ma a ridurre i rischi – cioè la gravità dei sintomi – che derivano dal contagio.

Negli ultimi giorni le notizie circolanti sul vaccino inglese hanno assestato duri colpi alla sua credibilità. I lettori ogni giorno si dovevano confrontare con titoli come: “muore dopo il vaccino“, “AstraZeneca, paura in Europa“, “Muore dopo AstraZeneca“, “Covid, il grande affare dei vaccini”. Quale impatto possono avere questi titoli sull’opinione pubblica?

In questo caso non bisogna tralasciare nemmeno il diffuso “scetticismo” di parte degli italiani nei confronti della pandemia e dei vaccini in generale. Insomma, i giornali hanno avuto un’enorme responsabilità sul terribile condizionamento emotivo dell’opinione pubblica nei confronti dell’AstraZeneca. Questo grave turbamento ha trovato la politica completamente impreparata. Infatti, invece di rassicurare i cittadini, fornire indicazioni e condannare gli atti di disinformazione, ha preferito il silenzio. E in politica il silenzio è la peggior forma di comunicazione.

Proprio come l’Italia, la Germania e la Francia hanno ceduto alla pressione dell’opinione pubblica che, dall’inizio della pandemia, è il principale riferimento orientativo dei governi. In entrambi i Paesi le reazioni avverse sono minori che in Italia, eppure la reazione a catena delle interruzioni ha interessato anche loro. Questo trambusto ha costretto gli esecutivi ad alternare scelte dettate da evidenze scientifiche oppure dall’opinione pubblica, lasciando spazio alle opposizioni di governare il malcontento accrescendo le divisioni. Questo per il lato politico.

Dal punto di vista sociale, la crisi economica, le chiusure e i vecchi problemi sono riemersi in tutti gli stati e hanno esasperato l’opinione pubblica, che mal reagisce. La ciliegina sulla torta sono i cosiddetti “negazionisti” che le opposizioni e la stampa hanno foraggiato.

Il caos. Mentre negli altri Paesi la politica ha cercato di dialogare, di comunicare e di fornire informazioni e rassicurazioni, gli italiani ancora aspettano che le istituzioni facciano qualcosa. In un momento del genere, i cittadini hanno il dovere di essere informati dalla massima carica di un governo. La bulimia comunicativa odierna ha portato gli italiani a considerare la comunicazione politica come un vezzo, come qualcosa di inutile e dannoso. Invece non è così, una corretta comunicazione istituzionale – ed elettorale – è quanto di più importante possa esserci in politica. In una situazione come questa poi, dove ognuno può rilasciare un’intervista, scrivere qualcosa sui social per screditare il governo e trovare un certo consenso, la comunicazione è imprescindibile.

L’Italia è passata da un Presidente loquace a uno arroccato nei palazzi e lontano dal sentiment del Paese. Da un eccesso all’altro. La proverbiale via di mezzo è stata scartata in nome di un governo in cui ogni leader politico dice la sua. Non è una cosa positiva e la gestione del caso AstraZeneca n’è l’emblema. Se l’ex banchiere non comprenderà che la comunicazione non è uno scomodo orpello ma un modo per assumersi le proprie responsabilità, le scelte adottate dal suo esecutivo non verranno mai comprese e saranno in balia di chiunque voglia dire la propria, diffondere fake news e fare campagna elettorale sulla salute dei cittadini.

Il risultato di questo silenzio è sotto gli occhi di tutti: una baraonda nel bel mezzo della più grande campagna di vaccinazione della storia italiana. Qualcosa che ci costerà caro.

Donatello D’Andrea

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