La crisi di governo più assurda della storia della Repubblica

La crisi di governo più assurda della storia della Repubblica
Con il ritiro delle sue ministre dalla maggioranza, Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, ha aperto una crisi di governo in piena pandemia. (Fonte immagine iNews24.it)

Il 13 gennaio il segretario di Italia Viva, Matteo Renzi, in una conferenza stampa ha annunciato il ritiro delle sue due ministre, Elena Bonetti e Teresa Bellanova, aprendo, di fatto, una crisi di governo. Nonostante i vari tentativi di salvare l’esecutivo attraverso la ricerca di responsabili casuali all’interno dell’aula più “scottante”, cioè il Senato, un paio di giorni fa il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha dovuto rimettere il mandato e dimettersi.

L’obiettivo dell’avvocato pugliese sarebbe quello di allargare l’attuale maggioranza, formata dal Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e Liberi e Uguali, attraverso la creazione di un gruppo parlamentare apposito all’interno del quale raccogliere tutti coloro i quali, accogliendo l’invito del Capo del Governo, voterebbero la fiducia a un eventuale Conte ter.

Una missione difficile, dato che le trattative non stanno andando come previsto. I numeri sono importanti, soprattutto al Senato, dove Italia Viva conta 18 senatori. Inoltre, i grillini e i democratici paiono essersi trincerati dietro la figura di Giuseppe Conte ma cosa accadrebbe se l’unico ostacolo tra un governo e le elezioni anticipate, che converrebbero solo a Giorgia Meloni, fosse proprio l’avvocato foggiano?

Le domande, come è possibile notare, sono molteplici. La confusione, anche. Urge fare un po’ di chiarezza per districarsi all’interno della crisi di governo più assurda della storia della Repubblica e che, dati alla mano, due italiani su tre non riesce a comprendere. D’altronde, per chi se lo fosse perso, fuori dai palazzi del potere c’è una pandemia che ogni giorno continua a mietere vittime.

I perché della crisi di governo

Qual è l’obiettivo di Renzi?“. Questa è la domanda da un milione di dollari che ogni italiano si sta ponendo. Sono state avanzate varie ipotesi e non tutte sono contenutistiche.

Stando ai giornali, alle quotidiane ospitate in televisione e alle interviste che va rilasciando, il leader di Italia Viva sarebbe “euforico”. E non solo lui. Anche Maria Elena Boschi, numero due del senatore fiorentino, rilascia ai giornali dichiarazioni che farebbero inorridire ogni italiano, e non solo in tempi di crisi come questo. “Le cose vanno meglio di quanto previsto“. Ma a chi precisamente? Non agli italiani sicuramente.

A parte le naturali acide polemiche che queste parole potrebbero suscitare, è difficile non pensare che l’obiettivo dell’ex Presidente del Consiglio sia semplicemente far fuori politicamente Conte. Perché chiunque provi a dare credito alle argomentazioni portate sul tavolo di Palazzo Chigi da Renzi cadrebbe davanti a una sola evidenza: Italia Viva minaccia la crisi di governo da febbraio scorso, quindi prima dell’emergenza sanitaria. Inoltre, sulle obiezioni in merito al piano pandemico da presentare alla Commissione Europea per ottenere i fondi di NextGenEU, gli stessi renziani hanno riconosciuto dei miglioramenti: i fondi alla sanità sono stati più che raddoppiati, quelli all’istruzione pure. L’unico appiglio è il MES, unico punto programmatico rimasto al Movimento Cinque Stelle e controproducente sul piano della “convenienza”, ma basta questo per far cadere un governo?

Inoltre, è doveroso far notare che quella di cui Renzi si lamenta è una bozza, un testo da approvare e su cui le ministre si sono astenute. Inoltre, dato che lui stesso si definisce “anti-populista“, e in questa sede gli si riconosce una certa abilità dialettica maggiore ai populisti di professione, per migliorare un piano è più conveniente farlo da una posizione di forza come quella di una maggioranza di governo, oppure dall’opposizione? Ed è giusto minacciare o far valere la dialettica politica?

La dialettica politica è fondamentale in democrazia. Renzi non l’ha seguita, anzi. Ha usato la leva del ricatto per cercare di ottenere i ministeri chiave. Il dialogo assume un valore doppio in un momento drammatico come questo, sia dal punto di vista economico che sanitario. É anche una questione di responsabilità.

Quindi: perché? Secondo il Financial Times, non un giornale qualsiasi, il gesto di Matteo Renzi sarebbe giustificato dal fatto che Conte rappresenterebbe per il senatore di Rignano “un ostacolo alle rinnovate ambizioni di Renzi e del suo piccolo partito derivato dal PD“. In effetti, questa non sarebbe una pista da escludere.

Conte piace ai centristi e agli indecisi, cioè al 50% dell’elettorato italiano, a cui non piace schierarsi a destra o a sinistra. D’altronde, a parte la parentesi fascista, quello italiano è stato (ed è) un popolo di moderati. E guarda caso l’area di elezione di Italia Viva è proprio il centro. Per Renzi, Giuseppe Conte è un concorrente al “centro” ed è per questo motivo che sta cercando di “ucciderlo” politicamente.

Questo è il punto. E le prove arrivano anche in queste ultime ore dove Matteo Renzi in pubblico si rivolge con toni concilianti, cercando una convergenza programmatica “a prescindere dal nome del Premier“, mentre in privato parla di “narcisismo” riferendosi a Conte e facendo di tutto affinché Mattarella assegni l’incarico a qualcun altro. Non conta chi. Infatti, con fare truffaldino, è arrivato addirittura a proporre Di Maio come Capo del governo con l’obiettivo di spaccare il Movimento Cinque Stelle.

Cosa pensano i partiti

Più che pensare, a dire il vero, ai partiti tocca scegliere. In Parlamento si ragiona sulla base dei numeri, a cui seguono delle decisioni in merito al sostegno dei governi. Renzi con 18 senatori è un contendente corteggiato e a cui non si può rinunciare. Non sarebbe una sorpresa se questa crisi di governo dovesse concludersi con un nulla di fatto e con una pace fittizia che saprebbe più come un “patto di non belligeranza“. Sarebbe superfluo dire che, almeno dal punto di vista elettorale, nessuna delle forze coinvolte nella crisi ci guadagnerebbe, anzi.

Italia Viva, in pubblico ha più volte sottolineato come non conti il nome del Presidente del Consiglio bensì il programma dell’eventuale maggioranza. In privato, invece, un veto c’è: no a Giuseppe Conte. In altre sedi, però, lo stesso Renzi ritiene ogni punto negoziabile. Insomma, la posizione del partito non è chiara. Al contrario, l’obiettivo di Renzi lo è: indebolire la posizione dell’avvocato pugliese.

Nel caso in cui Conte dovesse accettare l’incarico di formare un nuovo governo con la stessa maggioranza, la sua posizione potrebbe indebolirsi. In questi giorni gli italiani hanno solidarizzato con il professore, prendendo una chiara posizione contro Renzi e supportando la sua scelta di non tornarci insieme. Se tutto questo baccano dovesse risolversi in un nulla di fatto, cosa penserebbe l’elettore medio? Comunque, si tratterebbe di una strategia a breve termine, poiché se la popolarità di Conte dovesse calare, di certo non ci guadagnerebbe Renzi. Poi c’è un’altra variabile da considerare: come questa crisi verrebbe raccontata.

Infatti, ciò che salterebbe all’occhio non sarebbe solo la scelta di Conte di accettare Italia Viva in un suo governo ma anche il motivo per cui Renzi, dopo aver provocato la crisi, decida di “chiuderla” per tornare alla stessa e identica situazione di prima, magari con qualche incarico in più. Poltrone? Ma come, lui stesso ha sostenuto che non gli interessavano.

Cosa ne pensano PD e M5S? Se Renzi preferirebbe avere tra le mani un altro Presidente del Consiglio, gli altri due azionisti di maggioranza si sono trincerati, apparentemente, attorno alla figura dell’avvocato pugliese. Perché a entrambi i partiti la figura di Conte appare imprescindibile?

Due anni fa Conte era un signor nessuno chiamato a guidare il Paese per suggellare l’alleanza tra Salvini e Di Maio. La sua figura era meno di una sintesi, il suo compito era solo quello di mediare le posizioni di due formazioni politiche agli antipodi. Un ruolo di comprimario. Ora, invece, Giuseppe Conte ha dimostrato di sapersi muovere anche da solo, finendo per essere apprezzato anche dalle cancellerie europee e dai giornali stranieri. Addirittura Politico.eu lo ha classificato come “uomo del fare”. Una cerniera efficace.

Se l’attaccamento dei grillini all’avvocato è giustificato dal fatto che Conte sia comunque espressione del loro partito, figurando all’interno della lista dei ministri di un improbabile monocolore pentastellato nel 2018, quello del PD è, al contrario, più che sorprendente.

Durante la pandemia gli italiani hanno imparato a riconoscere in Conte una guida carismatica, consegnandogli un grande prestigio e un credito che, negli ultimi anni, nessun politico di professione ha potuto vantare. Secondo dei sondaggi di fine anno, il gradimento del Presidente del Consiglio è al 57%, in aumento nonostante le tensioni interne, mentre quello del governo è in calo. Anche in questo caso vale la variabile elettorale: come giustificare la defenestrazione del leader più popolare della scena politica italiana?

Un’altra delle possibili ragioni avrebbe a che fare con la leadership. Da anni il Partito Democratico si qualifica come unico argine al populismo, votato perlopiù per impedire alla destra di prendere il potere. Non si tratta di una strategia molto solida, a dire il vero, né di un progetto politico a lungo termine. Sostenere Conte, forse, è diventata la posizione di chi si “qualifica” come responsabile di fronte all’opinione pubblica. Un punto programmatico in più, insomma.

Però, in questo caso, c’è un’ulteriore variabile che potrebbe far saltare il tavolo: la paura del voto. Sia PD che M5S sarebbero fortemente penalizzati dalle urne e se l’unico ostacolo a un altro governo fosse proprio Giuseppe Conte? Si tratterebbe di un suicidio politico, date le narrazioni degli ultimi giorni. Entrambe le formazioni dovrebbero sperare che l’avvocato smetta di fare politica. Al contempo, quest’ultimo, nel caso in cui aspiri a ricoprire una carica, avrebbe l’ingrato compito di conservare il consenso nell’attesa di poterlo sfruttare al momento del voto. Una cosa difficile.

In tutto questo trambusto c’è il centrodestra, il quale, spinge per le elezioni a velocità differenti. Forza Italia e Lega sarebbero più intenzionate ad appoggiare un governo istituzionale, guadagnando credibilità e tornando al centro del dibattito politico. Il consenso ringrazierebbe. Invece Fratelli d’Italia preferirebbe le urne, dichiarandosi non disponibile a operazioni del genere. A questo punto nessuno degli altri due partiti sarebbe disposto a lasciare a Giorgia Meloni il monopolio dell’opposizione.

In realtà le elezioni converrebbero soltanto alla pasionaria romana, il cui partito continua a crescere quasi ininterrottamente da due anni a questa parte. Al contrario, Forza Italia passerebbe dal 14% delle Elezioni politiche del 2018 al 6%. Un suicidio politico. Salvini, invece, passerebbe dal 34% delle Europee al 23% attuale, undici punti in meno.

Cosa succede ora

Mattarella ha assegnato un mandato esplorativo a Roberto Fico, Presidente della Camera dei Deputati. Prima di dare l’incarico al grillino, il Presidente della Repubblica aveva comunicato ai giornalisti che dalle consultazioni era «emersa la prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente».

Il mandato esplorativo è un istituto non previsto dalla Costituzione, bensì uno strumento convenzionale, che ha preso piede nel Paese a causa dell’instabilità delle maggioranze, le quali spesso richiedono trattative meno formali e meno ortodosse. Fico avrà l’arduo compito di continuare le consultazioni per conto di Mattarella per verificare la possibilità di formare un nuovo governo.

Secondo gli addetti ai lavori difficilmente il mandato di Fico si trasformerà in un pieno mandato per formare un governo. Il limite ultimo per dare una risposta al Capo dello Stato è martedì.

Insomma, dopo tre giorni dalle dimissioni di Giuseppe Conte, e a due settimane dalla crisi, le possibilità di rivedere la stessa e identica maggioranza precedente sono molto alte. Non è ancora chiaro se il Capo del governo sarà ancora lo stesso, dato che Giuseppe Conte non si è ancora espresso in merito. I grillini e i democratici hanno più volte ribadito di vedere nell’avvocato pugliese l’unico punto di equilibrio della loro alleanza, mentre Italia Viva, che può trattare da una posizione di forza, potrebbe pretendere un cambio.

Donatello D’Andrea

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