La crisi dei migranti siriani è la conferma che Erdogan ha in pugno l’Europa

Il presidente turco, Erdogan
Il presidente turco, Erdogan. FOTO WIRED

Mentre Putin ed Erdogan si stringono la mano, mettendo temporaneamente la parola fine al conflitto turco-siriano, la Grecia respinge per terra e per mare, a fucilate o randellate, i profughi che fuggono dalla guerra turco-siriana che ha provocato numerose, e spesso innocenti, vittime.

I video circolanti sui principali social network incriminano i poliziotti greci alle loro responsabilità. I gas lacrimogeni usati contro i bambini rappresentano l’ennesimo sfregio ai diritti umani. Immagini terribili, che di colpo mettono in secondo piano la fobia delle persone verso il nuovo coronavirus rispetto all’inferno che i profughi vivono alle porte dell’Unione Europea.

La reazione turca all’attacco siriano che di colpo è costato la vita a 34 soldati, ha portato il dittatore mediorientale ad aprire le porte del continente come ripicca dell’immobilismo europeo. Migliaia di persone, forse centinaia di migliaia, si sono mosse verso il confine greco, costringendo gli ellenici ad usare maniere forti, e disumane, per respingerle.

La Grecia è davvero satura di questa situazione, i richiedenti asilo sono stipati in campi sovraffollati e in condizione precarie. Chi oggi cerca di entrare in Grecia, lo fa consapevole di dover incontrare un altro inferno fatto di respingimenti, risse e stupri.

Uno stallo però che trova il beneplacito dell’Europa che si è limitata a promettere alla Grecia l’invio di altri poliziotti di confine. Inoltre, nemmeno la firma della tregua tra Putin ed Erdogan ha portato il secondo a interrompere questo strano ricatto. L’Unione regala alla Turchia sei miliardi di euro per tenere lontani dai propri confini milioni di persone. Il Presidente ha facilmente potuto decidere di violare questo patto, dimostrando che, nonostante i soldi, è lui a tenere il celeberrimo coltello dalla parte del manico.

Il ricatto di Erdogan

Secondo gli analisti, il Presidente turco intende mettere sotto scacco l’Europa affinché questa accetti e sostenga la sua azione. Non solo, gli stessi sono convinti che Erdogan intenda estorcere più di sei miliardi, per sostenere le sue spese di guerra. E non importa che il continente stia attraversando una crisi sanitaria che richiede risorse ingenti, il dittatore dimostra di essere un uomo senza scrupoli ma anche capace di sfruttare il momento negativo a suo vantaggio. Negli ultimi giorni, le tre personalità più influenti dell’UE, hanno cercato di intavolare una discussione senza successo. L’azione diplomatica può poco con questi individui.

Secondo l’ISPI, quella di Erdogan è una vera e propria opera di propaganda. Da mesi il dittatore turco ritiene che i sei miliardi siano pochi e insufficienti. D’altronde, stando alle sue parole, sarebbero già esauriti. La spesa per tenere i migranti in Turchia sarebbe di 40 milioni. Una tangente. Si tratta di una situazione molto simile a quella di Gheddafi e Berlusconi o, se volessimo fare un esempio più recente, a quella della Guardia Costiera libica che intercetta i migranti e li riporta indietro. Quella dei quaranta miliardi è una panzana, ma sottolinea come Erdogan possa fare i capricci e mettere in scacco un intero continente.

Senza giri di parole, questa situazione sarebbe prima o poi esplosa. Una istituzione rispettabile non può sottostare ai giochini di potere di un uomo inaffidabile come Erdogan, il quale punta a sottrarre all’Europa la sua influenza nella zona balcanica e nel Mediterraneo Orientale. Poi, è evidente come i suoi interessi ruotino attorno a tutti altri obiettivi rispetto a quelli dell’Unione Europea. In Libia, ad esempio, oppure a Cipro, dove navi militari turche pattugliano la costa mentre altre cercano risorse energetiche nel mare.

I profughi in fuga verso l’Europa sono diversi milioni e il Presidente turco ha deciso di sollecitare l’Europa economicamente e militarmente ad intervenire. A prescindere dal numero preciso di rifugiati in fuga, però, l’UE non sembra decisa ad intervenire, lasciando al dittatore l’onere di compiere una strage con la complicità dei gruppi neofascisti sul confine greco. Senza contare le operazioni di “polizia”.

Certamente l’Unione Europea è complice anche di aver lasciato la Grecia al suo destino, poiché se nessuna parola è stata spesa in merito alle condizioni in cui le istituzioni hanno lasciato il governo greco, il quale dal canto suo ha deciso di intervenire attraverso un dispiego di forze nel tentativo di fermare un’ondata di profughi diretti verso il continente. Dal punto di vista legislativo il governo ellenico ha deciso di sospendere le richieste per il diritto d’asilo, cosa che non era successa nemmeno nel 2015 in una situazione di emergenza migratoria molto simile.

In questi giorni Erdogan è stato ricevuto a Bruxelles dai potenti dell’Unione per discutere su un ulteriore finanziamento economico, aggiuntivo rispetto ai 6 miliardi già promessi. La chiave dell’incontro è stata la promessa del dittatore di chiudere il flusso dei migranti in uscita verso la Grecia, come se fosse un rubinetto. Il presupposto economico, però, è naufragato presto: Erdogan si aspettava una ridiscussione sulla situazione migratoria, alla quale si sarebbe aggiunto un ulteriore indennizzo, ben superiore ai sei miliardi promessi.

Il presidente turco ha avuto modo di discutere non solo con i vertici europei ma anche con quelli della NATO e in particolare son il suo segretario, Jens Stoltenberg. In sostanza a Bruxelles, il presidente ha avuto modo di sondare il suo gradimento, nella speranza di riuscire a strappare un accordo militare, un sostegno alle sue operazioni in Siria qualora Assad violasse la tregua. Un’azione inutile, a quanto pare. Nessuno ha voluto dargli ascolto.

A Bruxelles è stata confermata la necessità di riorganizzare il piano sui migranti; della Siria non si è parlato se non nella misura in cui Bruxelles ha condannato ciò che sta accadendo in Grecia. Erdogan voleva portare la sua politica anche in UE, non riuscendoci. Ciò però non deve illudere circa la forza diplomatica europea, il fallimento è dovuto più alle incapacità negoziali del presidente turco.

Presentarsi a Bruxelles minacciando i propri interlocutori al grido di “Grecia, aprite le frontiere e mandateli in Europa” non è stato proprio il massimo.

Nei giorni scorsi l’UE si è limitata a condannare le gesta del dittatore, limitandosi dunque alle solite azioni diplomatiche che, con questi soggetti, sono alquanto inutili.

La grande assente

La verità è che l’Europa, soprattutto quando è in difficoltà, conta davvero poco. Il dittatore sta usando tutto il cinismo possibile, senza un briciolo di umanità, sfruttando i migranti come se fossero degli ostaggi.

Una reazione forte e unita è auspicabile ma impensabile. L’UE vuole chiudersi in tutti i modi, rafforzando i confini e prendendosela con i più deboli, cioè i profughi siriani. All’epoca l’Unione aveva appaltato il problema alla Turchia, pagando un grosso assegno e subendo una tremenda umiliazione.

Oggi, si è data la possibilità all’ennesimo dittatore mediorientale di minacciare un intero continente. Si è rimandato un fatto importante attraverso una mancetta, spostando un problema qualche frontiera più in là senza pensare alle conseguenze. Per distruggere l’apparente stabilità data dai contentini, è bastato un cambio di rotta in politica estera, sono bastate le ambizioni di un uomo senza scrupoli e totalmente inaffidabile.

Senza una politica estera comune e un esercito comune, per l’Europa non esiste alcuna possibilità di influire sul conflitto in Siria. Le sceneggiate diplomatiche, le telefonate, le visite degli ambasciatori e le istituzioni comunitarie non hanno nessun potere contrattuale.

L’accumulo di problemi ignorati in passato ha presentato un conto salatissimo: la crisi migratoria siriana, il corona virus e l’assenza libica. Tre scenari in cui i 27 stati europei hanno palesato tutta la loro inadeguatezza. In questo frangente, siamo davanti all’ennesimo test per le ambizioni continentali. La poca credibilità residua dell’Unione si dovrà necessariamente misurare con le ambizioni di un dittatore che è pronto a tutto per raggiungere il suo scopo.

Al netto del fatto che in Siria gli sforzi turchi non sono stati tutti ripagati, Erdogan ha ereditato una situazione migratoria davvero difficile con tre milioni di profughi da dover distribuire. Come tutte le dittature, anche quella turca si trova a dover dare una risposta ai suoi cittadini. Il Presidente vuole dimostrare di essere in una posizione decisa, preminente e prevalente sull’Europa. L’UE gli sta permettendo tutto questo, attraverso un immobilismo criminale.

Al netto delle ambizioni turche, del silenzio europeo e della guerra in Siria, è evidente che alla fine a pagare non saranno le istituzioni, i dittatori e i personaggi noti, bensì intere famiglie senza più una casa, costrette a spostarsi da un inferno fatto di fumo e macerie ad un altro fatto di randellate, bastonate e fucilate.

Donatello D’Andrea