La Befana

Befana Epifania: sembra un bel nome di persona. Completo di prenome e di cognome. Anche se, evidentemente esotico, appare ancora molto verosimile.

Le due parole sono, in effetti, il nome della festa che si celebra, secondo la tradizione cristiana, il 6 gennaio. Esse sono, infatti, sinonimi. Il primo, Befana, è una trasformazione popolare generata per banalizzazione semantica, favorita dall’assonanza fonetica; il secondo – voce aulica, molto fedele all’originale – è il termine greco (ellenistico) per indicare la “manifestazione” (del dio).

Il verbo “epiphàino”, nella lingua greca antica significa “mi mostro”: mi faccio vedere in giro, quindi “compaio e mi presento”. Esso è formato dalla preposizione “epì” più il verbo “phàino”. Per inciso faccio notare che dal verbo “phaino” derivano anche le parole fantasma (qualcosa che si può vedere) e fenomeno (ciò che si rende evidente).

Ma torniamo ad epifania. Nella tradizionale visione cristiana è il momento della storia in cui Dio si manifesta all’uomo, così come si legge dai Vangeli: la nascita di Gesù e la corsa a Betlemme dei pastori; poi, la visita dei tre saggi dall’Oriente, i quali simboleggiano tre culture e rappresentano la saggezza del mondo allora conosciuto.

Secondo la simbologia dell’evento, i doni da essi offerti sono il meglio che si possa offrire al nuovo nato, destinato ad essere Re; così come, all’inverso, il Bambino stesso, tra tutti i doni, è il migliore che Dio possa offrire all’uomo: un figlio. Ma nella prospettiva della fede egli è il Figlio stesso di Dio, promessa di redenzione per l’uomo. Ed epifania è anche la costante esperienza personale a cui è assoggettato l’uomo, ogni qualvolta riesce a riconoscere nella propria vita la presenza del divino.

Sono moltissime le parole ellenistiche (periodo della storia, e linguistica e culturale, del mondo mediterraneo antico), greche e latine, vive ancor’oggi nel linguaggio religioso cristiano. E solo per restare in questo periodo dell’anno voglio ricordare anche – oltre a natale (parola latina) ed epifania (p. greca) – avvento (latina), carnevale (latina), quaresima (latina), pentecoste (greca).

Mentre la loro origine è datata, la loro costante attualità rimanda ad una caratteristica psicolinguistica del lessico religioso: quella di evolversi molto più lentamente del restante lessico comune.

Ma tra le parole fin qui menzionate, befana e carnevale sono quelle che sulla bocca del popolo hanno avuto una loro particolare evoluzione, sia sul piano fonetico che su quello semantico. Questa banalizzazione le ha rese col tempo la personificazione dell’accumulo dei simboli di cui esse erano caricate.

Sicché, oggi, oltre alla data della festa (espressa in questa forma banalizzata) legata al ciclo liturgico della Chiesa, esse indicano anche delle vere e proprie personificazioni, create dalla fantasia popolare, note alla cultura occidentale, come d’altronde lo stesso Babbo Natale. E come personaggi, tutti e tre con la loro peculiare caratterizzazione, sia somatica che psicologica.

Vedete, allora, che patrimonio di cultura si condensa nei nomi! E quanta partecipazione di popolo è presente nella storia delle parole! Fino a riempire pagine e pagine di vera letteratura fiabesca. Come ogni lettore potrà darmi atto sulla base della personale esperienza, fatta con queste realtà immaginifiche.

Luigi Casale

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