«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre»
(Gen 6, 5).
Inizia così il racconto del diluvio.
Il versetto successivo descrive lo stato d’animo di Dio: «E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo» (Gen 6, 6).
E, infine, la decisione: «Il Signore disse: “Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti» (Gen 6, 7).
Poi, però, Dio vide Noè: «Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. […] Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio» (Gen 6, 8-9).
A partire da questo brano della Genesi, mi sono messo a pensare a quanto è bello essere cristiani: possiamo fissare lo sguardo su Dio e imparare da Lui a vivere.
Cerco di spiegarmi meglio: il racconto della Genesi mi fa pensare alla nostra quotidianità. Siamo continuamente raggiunti da notizie di violenze, prepotenze, cattiverie, ingiustizie. Il male sembra avere maggior risonanza rispetto al bene. Leggendo il giornale o guardando la TV, restiamo impressionati dalla malvagità degli uomini e questo può generare in noi un senso di angoscia e di grande dolore perché ci sentiamo quasi impotenti di fronte a tanta cattiveria.
Oggi guardo Dio e ritrovo in Lui il mio stesso sentire: Dio si addolora per la malvagità degli uomini (cfr. Gen 6, 6).
Ma tra gli uomini che abitano la terra, ce n’è uno «giusto e integro».
Gli occhi di Dio e i miei possono fissarsi su di lui.
Scelgo di imparare da Dio a cercare, a non fermarmi alle prime impressioni, perché c’è sempre un Noè a portata di sguardo.
Noè sta lì per rincuorare Dio e me.
Oggi ascolto le parole di Manuel Bortuzzo, il giovane nuotatore ferito a Roma. Le sue dichiarazioni all’uscita dall’ospedale ravvivano la speranza, incoraggiano alla buona battaglia, invitano ad apprezzare sempre la bellezza della vita. Mi rincuora la forza d’animo di quest’uomo e lo ringrazio per aver condiviso con tutti la sua testimonianza.
Oggi si chiama Manuel il “mio” Noè!
don Gian Luca