Seduti in panchina


La mia panchina preferita a Madrid  si trova a Plaza del Alamillo, nella Madrid medieval.

Non è la panchina più bella o particolare che si possa trovare in città, che tra l’altro, da quando ha visto le installazioni delle panchine letterarie a forma di libro aperto, si è sicuramente imposta a livello europeo per originalità nell’arredo urbano.

E non si trova nemmeno nella cornice di uno degli splendidi parchi che la città offre. Eppure questa panchina, a mio avviso, ha un qualcosa di diverso, perché si trova in un crocevia che si divincola tra il centro storico e il quartiere più periferico de la Latina. 

Una zona quindi cittadina che mantiene però un fascino di solitaria quiete. 

Una panchina un po’ nascosta e che non colpisce direttamente l’occhio non avvezzo, ma che sembra quasi voler incarnare un ideale: quello della panchina luogo di attesa. 

Innanzitutto, più che di una panchina, si tratta di una poltroncina, e già questo dovrebbe provocare un senso di riposo e di ristoro. 

A me piace sedermi qui, e restare ad osservare i mulinelli di passanti e di turisti, in silenzio, un po’ in disparte, come una presenza anonima che quasi si fonde all’arredo urbano. 

E che appunto, osservando attende.

Su  questa poltroncina mi siedo infatti ed aspetto, incarnando lo spirito di tante persone che magari, come me, si sono sedute qui in altri tempi, recenti o più remoti, anziani, donne incinte, mamme con il passeggino, ragazzi innamorati in attesa al primo appuntamento; donne, uomini, adulti o bambini, ognuno col suo tempo da riempire, ognuno col suo mondo da gestire. 

E penso e mi immedesimo in chi si ferma o si è fermato qui, con il coraggio di chi sa dove stava andando, o di chi invece  si è fermato perché non lo sapeva più. 

E nell’attesa che il loro mondo riprenda  il proprio flusso, senza più essere travolti dagli eventi, si concede un attimo di pace. 

Sì, perché una panchina è il posto adatto per starsene un momento al centro dell’universo ma appena ai margini del caos. 

Fermarsi e dire a sé stesso “Aspetta un attimo, e dai priorità ai tuoi intimi pensieri. Che il tempo scorre comunque e non si arresta,  ma tu puoi cambiarne almeno l’effetto che produce su di te.“ 

Eppure, fateci caso: nessuno ha più tempo per sedersi su una panchina senza fare niente. Respirare lento e pieno mentre il sole percorre il suo cammino. Quasi fosse un gesto folle quello di fermarsi e dare tempo al tempo senza per forza connotarlo in qualche modo.

“Attendere senza attendersi nulla” come suggeriva Zarathustra di Nietzsche. 

Che però alla fine è diventato pazzo. 

Ed io, che un  po’ folle evidentemente lo sono diventata, mi siedo lo stesso su questa e altre panchine di Madrid, e chiacchiero serena col mio tempo che, se non altro, ha calmato il proprio affanno e assaporato il gusto dell’attesa. 

Sedetevi in panchina dunque. 

Il tempo, lo vedrete, vi ringrazierà.

Nadia Buonomo 

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