Il cielo è libero da nubi oggi, limpido e brillante.
Decido di uscire e andare oggi, festività dei defunti, a visitare il cimitero monumentale dell’Almudena, il più grande della capitale spagnola, 120 ettari dove circa 5 milioni di anime “descansan” per l’eternità.
Amo passeggiare nei cimiteri, e non perché spinta da un lugubre dark mood, ma dalla certezza che in questi luoghi si trovi la vera pace. Tutto ciò che urla nella vita quotidiana qui, già solo oltrepassando il suo cancello, smette di urlare e lamentarsi.
E si è solo circondati dal concerto del silenzio. Una voce soave che sussurra e canta all’anima.
Non posso andare a trovare i miei defunti in Italia, ma lo so: oggi li troverò qui!
E così passeggio gettando sguardi curiosi e appassionati tra le varie tombe monumentali.
La più antica che mi salta all’occhio risale al 1831: l’epigrafe è indecifrabile perché consunta dalle intemperie secolari, ma l’angelo che veglia su di essa canta ancora preghiere perpetue. Le posso sentire, le percepisco chiaramente.
“Rezad por nosotros” leggo su un’altra epigrafe a destra. A sinistra, su un marmo grigio, trovo scritto “Antes de Dios nunca serais heroes anónimos” Quanta certezza. Sara proprio così? Me ne convinco perché ne ho bisogno, per continuare il mio anonimo cammino terreno.
E mi perdo tra cappelle di famiglia più o meno festose, che hanno visto trascorrere anni circondati dal silenzio ma non
dall ‘oblio. Ci sono fiori freschi appena donati, fiori finti anticamente adagiati ma che donano ancora colore.
Dediche di vari tipi, come il grido di Luisito, morto prematuramente, un urlo che echeggia tra le lapidi come grido di dolore, ma che a distanza di pochi mesi ha visto i genitori riunirsi e ricongiungersi a lui.
E poi lí, nascosta dalle foglie di un autunno non ancora maturato, quasi a dispetto di chi se n’è dimenticato, trovo lei, la tomba dimenticata: spoglia, vuota, abbandonata. Eppure affascinante e “llamativa”.
Con il piede sposto il pesante manto di foglie accumulato dal vento e riesco a scorgere solo un RIP perpetua….sento irrefrenabile il desiderio di una scopa per pulire quelle foglie e far respirare quel marmo che nasconde il nome di colui che lì sta riposando e che, forse, mi sta anche strizzando l’occhio.
Resto lì e ascolto il suo silenzio.
Mi parla, e mi dice “Non ti preoccupare, sto bene così, unito alla terra, ricoperto di foglie secche; posso guardare chi c’è attorno a me e non piango perché sono solo, perché mi hanno abbandonato all’oblio, perché ora ci sei tu qui, mi hai trovato e quindi esisto ancora, se non per chi mi ha dimenticato, per chi sa ancora ascoltare il mio silenzio”.
E allora calmo il cuore. La smania di pulire e far risplendere il tuo nome mi abbandona. Resterai ignoto ma vivo nel mio cuore, come quelle anime vissute che ho racchiuso dentro di me e che mi hai permesso di ritrovare oggi accanto a te. Un’anima ignota che si fonde con quelle dei miei defunti, conosciuti, amati, pianti, ma non dimenticati.
Mi allontano.
Riguardo ancora una volta verso di te e sento in me, potente e penetrante, il concerto del tuo silenzio.
Il concerto del silenzio dei miei cari defunti.
Nadia Buonomo