Tutto il mondo è paese, o meglio, tutte le amministrazioni pubbliche sono uguali… “Navi senza nocchiero in gran tempesta” mi suggerisce Dante dall’alto del suo VI canto del Purgatorio.
Eh sì perché, che tu viva in Italia, o in Spagna, come nel mio attuale caso, il “virus” della disorganizzazione del sistema pubblico, per il quale non è stato diffuso alcun vaccino, regna sovrano en todo el mundo…un altro virus pandemico si potrebbe definire, che non produce morti, ma dolori di fegato eccome!
Eh sì, un “fegato tanto” (si dice in Italia), si è prodotto oggi in un’anonima scuola de idiomas internacionales di Madrid.
Vi racconto.
Ho l’esame orale oggi; convocata alle 9.30, mi presento alle 9: odio aspettare ma non importa, serve a creare lo stato di allarme pre esame e non voglio cambiare le abitudini.
Alle 9.35 precise, tanto di cappello perché i 5 minuti di sforo sono sempre contemplati, iniziano a convocare, ma, siamo tutti ammassati in un corridoio, e benché i nostri nomi siano chiaramente scritti su fogli fuori la porta per indicare dove dobbiamo aspettare, l’aula è inesorabilmente chiusa. Arriva dopo 15 minuti una professoressa che gentilmente, vedendoci a mo’ di sardine, prende una magica chiave dalla tasca e ci invita ad entrare e…ad attendere.
Passa mezz’ora, passano 45 minuti. Entra un’ altra professoressa con un elenco in mano: inizia a chiamare nomi impronunciabili di tutte le razze e tutte le religioni, ma nessuno è presente.
Se ne va e noi attendiamo, spazientiti, ma attendiamo…e passa un’altra mezz’ora.
Si ripresenta la stessa professoressa, ripete gli stessi nomi, ma quasi a voler trovare un po’ di soddisfazione, gira la pagina e ne legge di nuovi. Tra questi mi salta all’orecchio il nome di una amica che so per certo essere stata convocata alle 11.30, ma manca ancora quasi un’ora…niente, nessuno risponde e la donna se ne va sommessa come un carnefice senza preda da sacrificare sull’ altare della cultura. Torna però, e richiama imperterrita gli stessi nomi… ormai li ha imparati a memoria, legge sciolta e senza più ostacoli perfino Tzhaukirachu, il koreano, o era afgano, non lo so, poco importa. E quando arriva alla mia amica io, che ormai inizio a percepire qualcosa di strano, per non dire puzza di bruciato, faccio presente: “Prof, ma questi sono i convocati delle 11.30! ….” “Eh ma io questi ho e questi convoco”… gira le spalle e se ne va.
Silenzio. Tutti si guardano, qualcuno si convince della sua scarsa conoscenza del castellano pensando di non aver inteso. Ma a me invece questa risposta non mi convince, anzi, capisco che c’è un errore, e come una furia italiana, anzi napoletana, che ha imparato troppo bene a riconoscere i problemi causati dall’ incompetenza e dalla disorganizzazione, ( e che soprattutto aspetta già da due ore e si è ormai alquanto infastidita), scendo in segreteria seguita da uno stuolo di altri multietnici studenti a gonfiare le vele del mio disappunto e soffiando con forza il mio vessillo di battaglia, per incitarmi a chiedere spiegazioni.
Arrivo in segreteria ma toh… è vuota! E che ti aspettavi ? É una segreteria scolastica mica il mercato rionale! Qui si trovano solo fantasmi, quelli del posto fisso che, come spettri notturni, di tanto in tanto appaiono per poi sparire dietro ad una porta. Compare misticamente il capo di dipartimento… sono quasi in estasi, sto per gridare al miracolo ma mi taccio, e parto all’attacco spiegando “lo que occurre al piso terzero”: dieci chicos convocati per le 9.30 e che alle 11.50 si vedono superare, senza freccia e sulla destra, dal gruppo delle 11.30.
Il problema pare serio e il prof diventa viola…inizia a camminare come uno zombie tra i corridoi: apre porte, guarda i fogli, non capisce… che è successo? Chi ha sbagliato? Oh madre de la Almudena, San Isidro e compagnia bella, e adesso chi mi salva dalla fucilazione?
Ascolto da dietro una porta e capisco che manca un’intera commissione di professori esaminatori. Cioé? Dieci ragazzi non possono essere esaminati per “mancanza di personale”.
Resto allibita. Ma scusate, è o non é una scuola questa? Allora i professori, dove sono?
Intanto tutto il popolo è in sommossa: c’è chi grida alla “verguenza”, chi alla disorganizzazione, chi lamenta di aver preso un permesso da lavoro per essere presente alla convocatoria; insomma, si sta scatenando una sommossa popolare… e internazionale direi, vista l’eterogenea provenienza dello studentato!
L’uomo ci chiede di attendere “el jefe”, di avere pazienza, bisogna convocare altri professori esaminatori, ma non ha capito che l’abbiamo finita tutta la nostra riserva di pazienza! Pure il chico indiano, buddista o zen che sia non ha più “santi” a cui votarsi.
Ed io resto lì, con la rabbia per l’ attesa mista a rassegnazione verso un sistema pubblico, o statale qualsivoglia, che non vuole proprio funzionare bene, in Spagna a quanto pare, come in Italia.
Eppure basterebbe così poco! Basterebbe avere coscienza, mettersi nei panni degli altri e agire pensando sempre che il tuo lavoro può migliorare o peggiorare la giornata di tante persone; amarlo il proprio lavoro, non farlo tanto per fare. Capire che nel mondo sociale quale viviamo, siamo tutti pedine che si incastrano alla perfezione e che, se ne salta una, saltano inevitabilmente tutti gli altri. Per cui, la regola di base dovrebbe essere prevenire i disagi e tenere sempre pronto un piano B.
Perché se solo ci fosse più empatia e maggiore rispetto nell’ ottemperare i servizi ai cittadini, e garantire sempre l’efficacia del proprio lavoro che incide sulle vite di tanti altri, saremmo sicuramente in grado di sconfiggere, senza alcun vaccino, il virus della disorganizzazione, en todo el mundo!
Perché? Perché la disorganizzazione è figlia dell’egoismo e del menefreghismo.
E la storia della storia del mondo, in fatto di amministrazione pubblica, sarebbe un cuento de hadas con tanto di cavaliere senza macchia e senza paura giunto a salvare dell’increscioso epilogo, e non un incubo da raccontare edulcorato con ironia, per il semplice e necessario bisogno di esorcizzarlo.
Sperando che, la prossima volta, non capiti di nuovo a te di vivere, come protagonista, la Storia della storia del mondo (nelle pubbliche amministrazioni).