Italiani e caffè .
Un binomio quasi indissolubile che è diventato stereotipo e simbolo della nostra cultura. E che ci ha portato così, ancora una volta, ad essere riconosciuti in tutto il mondo come buongustai ed esperti di cultura enogastronomica, caffè incluso, chiaramente.
Spesso mi sono chiesta però perché tutta questa devozione per il caffè? Da dove nasce e cosa nasconde di così profondo? Forse ognuno potrebbe dare una spiegazione soggettiva, il proprio punto di vista, senza scomodare tesi sociologiche o oggettive constatazioni.
Bene. Perché io oggi siedo al “cafè Lis” di Salamanca, una caffettiera incantevole dove l’art nouveau impreziosisce ambienti, cuore e mente.

Il fiume Tormes scorre lento sotto di me, ma c’è vento fuori… me ne accorgo spingendo lo sguardo oltre la vetrata multicolore in stile liberty della caffetteria che fa da cornice al paesaggio invernale.
Ordino un “caffè Lis” in onore del luogo, e vengo avvolta da odori e sapori inebrianti che mi trascinano in un rondò di ricordi e offrono la mia personale risposta ai quesiti di prima.
Tazza di vetro: tre strati diversi che non si mescolano ma si aromatizzano.
C’ è tutto in questo caffè.
Il dolce del latte condensato sul fondo, perché si nasce con la dolcezza nel cuore.
Lo usava mio padre quando da bambina, ricordo, bevevo il tè delle cinque.
“Aggiungi il latte condensato come fanno gli inglesi” mi insegnava, e ora c’è lui in questo strato.
Segue il caffè nero, amaro, come le vicissitudini della vita, come mi diceva sempre mia madre: “La vita ti atterra, ma tu ti devi rialzare… un po’ di caffè amaro ti dà la carica”! Allora sospiro e do un piccolo sorso, ma poi mescolo leggermente, e assaporo, con sorpresa, il gusto dell’amaretto, il preferito di mia sorella maggiore, che mi fa riflettere sul fatto che la vita va appunto mescolata, e che le amarezze vanno centrifugate per essere superate.
Segue la schiuma cappuccino velata di cannella, e mi richiama ricordi che hanno lo stesso sapore dolciastro di gioie e grandi delusioni.
Però è soffice, e affondano le labbra come in un abbraccio, quello dell’altra mia sorella, e del nostro abbraccio da piccole con il nostro pigiamino blu.
Alla fine scorgo una buccia di limone.
E allora mi abbandono completamente a questo momento di ricchezza emotiva. Perché è il limone, pianta di terra natia, a voler quasi riassumere ed avvolgere ricordi lontani ma presenti…
Ti bevo caffè Lis.
E dentro di te ritrovo me.
Ritrovo le emozioni di legami familiari che per un attimo, il tempo di un caffè appunto, regalano un viaggio di nostalgica serenità che dà la carica e fa sentire salde e forti le proprie radici.
Come un vincolo di devozione.
Come la famiglia appunto.
E come un caffè …
Ecco dunque la mia personale risposta: c’è famiglia in un caffè.
Nadia Buonomo