di Elisabetta Bagli Tommaso Franco
è uno scrittore torinese che vive ormai da ventiquattro anni a Madrid, dove insegna italiano per stranieri presso la Escuela Oficial de Idiomas.
Dopo una parentesi di dodici anni di studio e di lavoro come ingegnere, ha cambiato vita per dedicarsi alle sue passioni: la scrittura e le lingue. Ha pubblicato quattro romanzi thriller: l’ultimo Follia e i tre della collana Brivido Capitale, Madrid da Morire, Parigi in Nero e Tokyo mozzafiato. Ha al suo attivo anche due romanzi per ragazzi: Te l’avevo detto! ed Ernest e la penna magica; ha inoltre pubblicato la raccolta di racconti noir Nove Cerchi e altri racconti in diverse antologie con altri autori; due suoi romanzi sono stati tradotti in spagnolo: Locura e De un trago.
Dal 2011 ha un il blog pensieromancino, dedicato a scrittura, arte e pensiero creativo, e dal 2013 il blog PuntoZen, consacrato al fascino dell’Oriente. È anche il cantante della rock band Fuori di testa, fondata nel 2023.
Conosciamo meglio il nostro eclettico autore.
Tommaso Franco sei uno scrittore a tutto tondo a cui piace molto indagare per poter scrivere cose vere o che risultino essere verosimili al lettore. Quanto studio e lavoro vi sono dietro la stesura di un libro?
Devo dire che io sono uno scrittore con un processo creativo abbastanza anarchico, perché le idee per i romanzi mi arrivano senza preavviso e in modo spesso incoerente. Quindi, più che un lavoro di ricerca si tratta di un processo di sviluppo e crescita, un po’ come potrebbe fare uno scultore con un blocco di marmo grezzo che, per qualche motivo, ha colpito la sua immaginazione risvegliando l’idea o il seme di una storia.
Lo spunto viene sempre dal mio vissuto, in modo spontaneo e imprevedibile. Il grosso del lavoro consiste perciò in dipanare la matassa, aggiungere ciò che manca e potare il superfluo. C’è una prima stesura di getto, poi una revisione in cui di solito scopro che ci sono molte cose che non vanno, e da lì procedo per aggiunte e potature, senza soluzione di continuità, con l’aiuto di alcuni fidati lettori di prova, finché mi sembra di non saper migliorare oltre. Allora lì poso la penna: la storia è pronta.
Appassionato ed esperto di cultura giapponese, quanto influisce questa cultura sul tuo vivere quotidiano?
È una domanda a cui rispondo con piacere. Influisce parecchio, forse più di quanto non mi renda conto. Adoro la gastronomia giapponese, a volte provo a cucinare qualche piatto io stesso, ma ci sono mille dettagli del Sol Levante che condiscono la mia vita: i miei bonsai, coccolati come figli, poi l’accappatoio “yukata” comprato a Tokyo, le scarpe lasciate nell’ingresso di casa, il minimalismo nell’arredo, la meditazione, e tante altre cose. Non poco, direi.
Quanto è importante per te credere in te stesso nel quotidiano e nell’affrontare la scrittura di un libro e il pubblico che lo leggerà?
Molti mi vedono come una persona sicura di sé, con le idee chiare e molta determinazione. Io non ne sono veramente cosciente, sono più guidato dalla passione e l’ispirazione: mi aiuta la capacità di vedere quello che non c’è, una specie di visione o intuizione che, nelle fasi iniziali di un progetto, mi sprona a partire di slancio perché riesco a visualizzare, per esempio, come una storia che ho in testa verrà plasmata sulla pagina, e questo mi motiva tantissimo.
Poi, dopo vari romanzi pubblicati, ho un certo feeling con il mio pubblico di riferimento e sono in grado di dialogare con loro anche quando sono rinchiuso in casa, davanti alla tastiera del mio Mac, immerso in un universo immaginario tutto mio. Ecco, lì per mia fortuna sono in grado di anticipare come ciò che sto immaginando verrà condiviso con chi lo leggerà, ed è bellissimo, perché la scrittura smette di essere un atto solitario e diventa un gesto di comunicazione con il mondo.
Nel libro “Tokyo mozzafiato” (che fa parte della trilogia thriller Brivido Capitale), ti ho scoperto anche poeta, addirittura di haiku. Sono davvero belli e anche molto lirici. Me ne ricordo uno che mi ha particolarmente colpito:
Onde su onde
gabbiani controvento
notte stellata
Un significato di burrasca interiore, quasi di lotta, per finire poi con la calma placida della note stellata.Anche tu sei un po’ così? Inquieto e nel contempo desideroso di riflessione? Come hai imparato a scrivere haiku? Hai mai pensato di scrivere un libro di soli haiku?
Mi lusinga che una poetessa come te sia rimasta impressionata da un mio haiku, lo prendo come un complimento. In realtà gli haiku sono un piccolo capriccio, ho imparato per semplice imitazione, leggendone qui e là. Mi affascina come una struttura apparentemente semplice e arida, con un ritmo di sillabe rigido, apra a un universo infinito di sensazioni, emozioni e immagini. Non ho mai pensato di scrivere un libro di soli haiku, no, però ormai fanno parte del mio modo di scrivere romanzi. Infatti anche in Follia, l’ultimo mio romanzo, i capitoli iniziano con un haiku a tema scritto da me. E non è detto che non prenda la tua domanda come un’esortazione e non mi butti sugli haiku con più passione in futuro. Burrascoso e riflessivo… non mi avevano mai descritto così, ma di sicuro è un lato di me in cui mi riconosco.
Fedele alla tua passione per il Giappone in tutti i tuoi thriller ci sono molti riferimenti alla lotta tra il bene e il male che poi si mescolano sempre, esattamente come avviene nello Yin e nello Yang, separati ma con dei punti dell’uno nell’altro e viceversa. Quindi, tu credi che anche nelle situazioni peggiori ci sia sempre uno spiraglio di luce?
Sì, in poche parole è una buona sintesi del mio modo di vedere le cose. Pur considerandomi agnostico, mi sento molto vicino all’approccio dello Zen alla vita, che a sua volta è fortemente influenzato dal Taoismo, quindi il riferimento al dualismo Yin-Yang è molto calzante. Io credo che bene e male non esistano in assoluto, che siano categorie imposte dal nostro pensiero su un mondo che non conosce assoluti. E quindi in ogni apparente bianco c’è sempre del nero, e viceversa; a dirla tutta, non si può concepire il bianco senza il nero, né il nero senza il bianco.
Per questo, anche la situazione più cupa nasconde in sé il seme della rinascita. La vita è un ciclo senza soluzione di continuità. Lo dicevano anche i Greci: Panta Rei, tutto scorre… ma la sto buttando troppo sul filosofico!
Raccontaci la tua avventura nello scrivere i libri per bambini.
È nato tutto per gioco. Ho una figlia, Martina, che ha sempre amato le storie. E la sera, quando andava a letto, invece di leggerle la tipica favola della buonanotte, ho preso l’abitudine di inventargliene una. Presto questo momento di intimità padre-figlia si è trasformato in un gioco di narrazione collaborativa: lei sceglieva i personaggi o il genere e io inventavo a braccio. Una sera una storia di conigli rubacarote, un’altra di draghi del ghiaccio… tutto improvvisato! Una vera sfida creativa.
Crescendo, mia figlia si è appassionata alla lettura, ovviamente, ed è stato naturale mettere sulla pagina quelle storie che prima potevo solo inventare oralmente. Così, ho scritto prima Ernest e la penna magica, più per bambini, e poi Te l’avevo detto!, per ragazzi, seguendo il percorso di crescita di Martina, che ha ormai 13 anni.
In buona sostanza, un atto di generosità per lei e le ragazze e i ragazzi che, come lei, amano le storie e la lettura.
E la tua passione per la musica che sempre accompagna i tuoi libri e che sta diventando una vera e propria professione con la creazione di una banda nella quale tu sei il vocalist. Raccontaci.
Una professione, figuriamoci! Sono piuttosto un dilettante che ama cantare. Ho la fortuna di avere molto orecchio, per la musica come per le lingue, e una voce potente; da ragazzo avevo molti amici musicisti ed era naturale accompagnarli cantando, visto che non sapevo suonare. Durante gli anni dell’università e subito dopo sono stato cantante in alcuni gruppi rock, sempre per puro diletto. Poi la cosa è passata in secondo piano, anche perché avevo altri interessi artistici, la scrittura in primis. Ma la passione per il canto è rimasta ed era inevitabile che prima o poi rifiorisse.
Con i “Fuori di testa” abbiamo suonato a Passione Italia, l’evento del Consolato d’Italia per la Festa della Repubblica, e domani (nel momento dell’intervista, N.d.R.) ci sarà il nostro primo concerto in solitario. Ci divertiremo!
Dicci anche qualcosa sui tuoi progetti per il futuro.
In questo 2023 mi sono preso un momento di riflessione dal punto di vista della scrittura, anche perché gli impegni lavorativi (alla EOI) e familiari hanno sottratto energie alla vertente creativa. Ma ho un manoscritto già formato su cui tornerò a lavorare quest’estate: un thriller, naturalmente. Perché la musa chiama e, come diceva Picasso, quando arriva la chiamata l’artista può solo farsi trovare al lavoro.