Michela Zanarella, la scrittura come vocazione e dialogo


di Elisabetta Bagli

Michela Zanarella è giornalista, poetessa, scrittrice e saggista padovana, romana di adozione, che ha anche scritto testi per il teatro, delle canzoni e vari racconti. Il suo percorso letterario è iniziato dopo un evento particolarmente traumatico e da quel momento ha sentito la vocazione per la poesia che ama alla follia, scrivendo versi meravigliosi e pluripremiati.

Ha pubblicato più di venti raccolte di poesia per diverse case editrici italiane e internazionali. Sul fronte internazionale possiamo soffermarci sulle sue pubblicazioni: una in edizione bilingue italiano/rumeno nel 2015, una in edizione bilingue italiano/inglese uscita negli Stati Uniti nel 2018, una in edizione italiano/arabo nel 2021 e una in edizione spagnolo/italiano sempre nello stesso anno.

Ha un romanzo nel cassetto in attesa di essere pubblicato. Si considera una persona solare che ama aiutare gli altri: ascolto, impegno e dialogo sono elementi imprescindibili della sua vita che coinvolge anche nella sua professione al fine di creare iniziative e opportunità per crescere.

Per questo motivo, ha deciso di fondare l’Associazione culturale “Le Ragunanze” di cui è Presidente e con la quale diffonde cultura sul territorio nazionale e internazionale. Grazie a questa sua necessità di promozione della cultura ha creato un Premio letterario, la “Ragunanza di poesia, pittura e narrativa” giunto alla nona edizione.

Dal 2018 è Presidente della Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo, che con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), riunisce associazioni ed enti pubblici e privati (profit e no-profit) e opera al fine di realizzare i principi della Carta delle Nazioni Unite e, a livello europeo, gli obiettivi del partenariato euro-mediterraneo contenuti nella Dichiarazione di Barcellona del novembre 1995, coerentemente con gli obiettivi della “Fondazione Euro-mediterranea Anna Lindh per il Dialogo tra le Culture” (FAL, o secondo la dicitura inglese Anna Lindh Foundation-ALF) della quale la RIDE-APS si costituisce come “Rete Italiana”.

Conosciamo più a fondo la personalità complessa e multiforme di Michela Zanarella

 

Come descriveresti Michela Zanarella a un lettore che per la prima volta viene in contatto con te attraverso la lettura di questa intervista?

Una domanda davvero molto bella, Elisabetta. Mi descriverei con la massima onestà. Sono semplicemente una donna che sta imparando a conoscersi e utilizza la poesia come strumento di costante esplorazione di sé e di ciò che la circonda. Partirei dall’amore per la mia terra, sono nata a Cittadella, in provincia di Padova, ho vissuto fino al 2007 a Campo San Martino, piccolo paese della provincia di Padova, e mi sono poi trasferita a Roma, dove tuttora vivo nel quartiere Monteverde. Ho iniziato a scrivere dopo essere sopravvissuta ad un incidente stradale e da quel momento la poesia è sempre stata al mio fianco. Spero di continuare questo bellissimo percorso tra le parole, che negli anni mi ha regalato incontri, amicizie, emozioni, nonostante le molteplici difficoltà. Ho pubblicato 18 raccolte di poesia, alcune tradotte in lingua e pubblicate all’estero, ma l’editoria non è un mondo affatto facile, richiede pazienza, costanza, dedizione, oserei dire amore incondizionato per ciò che si fa.

 

Scrivi vari generi e per poterlo fare hai necessità di un grande dominio della parola e della sua essenza. Quali sono le differenze nella scrittura e soprattutto, qual è il genere che più ti rappresenta?

La poesia è il linguaggio che sento più vicino al mio modo di esprimermi, un linguaggio essenziale, autentico, che nell’intimità abbraccia l’umanità. Ho scritto anche alcuni racconti brevi, diversi monologhi per il teatro, alcune canzoni, mi dedico da alcuni anni al giornalismo. Forme di scrittura diverse che richiedono un approccio consapevole, fatto di studio, approfondimento, metodo. Nel giornalismo è richiesta la chiarezza, dare una notizia che sia comprensibile a qualsiasi tipologia di lettore. Nella poesia ho cercato nel tempo di togliere, snellire, semplificare, perché gli ermetismi a volte rendono più complessa la lettura di chi si avvicina al testo, si rischia di innescare meccanismi di allontanamento, invece credo che la poesia abbia bisogno di fluire, scorrere, pur mantenendo le sue caratteristiche, che sia verso libero o rima. Esiste una evoluzione della scrittura in ogni genere, perché il tempo in cui si vive, attua processi di cambiamento, è normale che avvenga. Se la poesia ha bisogno di accuratezza e originalità nelle immagini, il giornalismo ha bisogno di attenzione e prudenza delle fonti per garantire la veridicità del testo, mentre la narrativa richiede una maturazione e uno sviluppo ben definito del contenuto e il teatro diventa uno strumento ad uso dell’attore in primis, che poi lo rende interpretazione autentica per il pubblico.

Secondo te cosa pensa la gente dei poeti e degli scrittori? Qual è il loro peso sulla società, ammesso che ne debbano avere uno?

Alcuni pensano che i poeti siano dei perditempo, dei folli sognatori con la testa tra le nuvole. Chi si occupa di narrativa o saggistica, invece è considerato molto di più come scrittore rispetto ai poeti. Anche se spesso quando qualcuno chiede cosa si faccia nella vita e si risponde “scrivo”, ti ripetono, sì, ma di lavoro cosa fai, come se scrivere fosse un hobby della domenica, tanto per sentirsi impegnati.

Io credo che fare poesia oggi sia una sfida difficilissima, perché è sempre più complicato farsi conoscere e capire, la gente non è più disposta ad ascoltare l’altro, è proiettata solo alle cose che fanno comodo e hanno una utilità, quindi la poesia passa non in secondo o terzo piano, ma viene relegata ai margini, accolta solo da pochi appassionati. Non credo i poeti abbiano un peso nella società, magari in passato poteva essere così, ora cercano di mantenere coraggiosamente viva la loro voce, tra i molteplici ostacoli della quotidianità.

 

Hai ricevuto molti premi nella tua vita. Cosa significano per te?

Ho sempre partecipato ai concorsi senza avere la pretesa di vincere ad ogni costo, quando è arrivato un riconoscimento l’ho accolto con la dovuta gratitudine verso chi mi ha giudicato, I premi regalano soddisfazioni enormi e contribuiscono ad alimentare la volontà di proseguire un percorso. In poesia non esiste un traguardo, ma un eterno punto di partenza, mi sento sempre in viaggio, pronta a mettermi in gioco. Se arrivano buoni risultati, allora la strada è giusta, e si prosegue.

 

A proposito di premi, raccontaci un po’del Premio delle Ragunanze e di com’è sorta l’idea di estenderlo non solo alla poesia ma a tutti i generi che concernono arte e creatività?

L’associazione che presiedo, “le Ragunanze”, da ben nove anni organizza e promuove la poesia, la pittura e la narrativa, come forme di espressione creativa. Il concorso nasce per dare la possibilità agli scrittori e agli artisti di confrontarsi e fare rete e devo dire che nel tempo il premio è cresciuto molto. Ragunanza è stato un termine barocco utilizzato da Cristina di Svezia e significava raduno di più artisti che in un posto agreste declamavano agli astanti le loro poesie inneggianti la natura, o cantavano e ballavano, o presentavano le loro opere pittoriche o sculture, e proprio seguendo le tracce dell’Arcadia, la nostra associazione ha voluto ripristinare gli antichi incontri, valorizzando l’ambiente, il territorio e ogni forma d’arte. La premiazione è sempre avvenuta a Villa Pamphilj, nel parco più grande di Roma, un’immersione nella bellezza e nella natura.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho pronta una raccolta di poesie inedite “L’eredità del bosco” che ha appena vinto il premio Nazionale di Poesia “Vincenzo Pistocchi”, non mi aspettavo di ricevere questo riconoscimento, ma sono molto contenta di poter pubblicare con Macabor Editore, e di partecipare al Festival Internazionale Pollino in Versi che si svolgerà in Calabria.

 

Con quale tuo verso vorresti terminare questa intervista e perché?

Concludo questa bellissima intervista, di cui ti ringrazio tanto cara Elisabetta, con alcuni versi dalla mia ultima raccolta “Recupero dell’essenziale” edita da Interno Libri, perché credo che l’accettazione e la comprensione di quanto avviene in noi sia indispensabile per capire quanto sia unica e straordinaria la vita:

“Anche il cielo ha riconosciuto/che siamo capaci di amare/di innamorarci del filo d’erba, del diluvio/della luce variabile/ di ciò che fuori programma ci manda la vita”.

Ti ringraziamo per averci fatto conoscere ogni aspetto della tua vita artistica e professionale.

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