Stefania Di Leo: un canto mediterraneo che abbraccia il mondo


di Elisabetta Bagli

 

Stefania Di Leo, poetessa messinese con Dottorato in Teoria della Letteratura e letteratura comparata presso l’Università Complutense di Madrid è, attualmente, traduttrice ufficiale di molti poeti contemporanei spagnoli, italiani, portoghesi e francesi. Collabora con riviste culturali e internazionali e le sue opere letterarie hanno ricevuto molti premi; tra questi possiamo ricordare il Premio Sarmiento, il Premio Peñaranda de Bracamonte, il Premio inerente il bando del 31° Festival Internazionale della Poesia di Medellín, 2021, è anche Laurel Poético a Granada 2022 e il PREMIO PER L’ECCELLENZA CULTURALE ‘CITTÀ DEL GALATEO – ANTONIO DE FERRARIS’ IX EDIZIONE 2022.

Ha esposto le sue conferenze al Centro Universitario Amecameca Conferencias su Federico García Lorca, Isabel Allende, Ernesto Cardenal, María Zambrano, Alfonso Reyes e anche presso l’Instituto Cervantes di Napoli e a Radio México. Ha pubblicato molti libri di poesia in italiano, in spagnolo e in portoghese. Tra i suoi libri, ricordiamo gli ultimi nati nel 2023 “Falemos ate a luz se apagar”, pubblicato in Portogallo e “Lo que sueno y olvido”, libro che firmerà all’82esima Feria del Libro di Madrid presso la caseta 133 di Valparaiso editores, il giorno 2 giugno dalle 12.30.

 

Il tuo ultimo libro che hai scritto in spagnolo ha come titolo “Lo que sueño y olvido” (Ciò che sogno e dimentico), un verso che ci rimanda al grande scrittore Octavio Paz. Quanto è importante per te sognare e interpretare i segni e i simboli del sogno per scrivere poesia?

È importante sognare, per elevarci, percepire realtà altre legate alla sfera del sensibile e della immaginazione. A volte la realtà storica e socioeconomica ci schiaccia; per godere della Bellezza è necessario volare, evadere costruirsi un’altra realtà nella nostra immaginazione, una realtà quasi surreale, sognando anche metaforicamente. La poesia in fondo è sogno, è catarsi. È una stretta connessione con il nostro io e il nostro inconscio, fra l’esperienza del vissuto e l’immaginazione. Quando penso al sogno penso a Freud, secondo cui il sogno è una parte essenziale della vita umana, una funzione compensatoria, un’espressione di un desiderio inconscio. I sogni, credo servano a migliorare la nostra vita, e in effetti nascondono anche un desiderio di felicità, e una speranza in un futuro migliore. Per scrivere poesia è necessario usare anche i simboli che talvolta ci appaiono nei sogni. Nella mia poetica, i simboli, elementi inconsci del sogno, e le metafore reali sono costituite dagli elementi come l’acqua, il fuoco che sono elementi naturali ma anche spirituali.

 

Leggendo le tue poesie ho sentito fortemente la connessione con le tue radici siciliane, con le nostre comuni radici greco-latine, con il mare e tutto ciò che è acqua e che ha una molteplici significati e interpretazioni, tra le quali spiccano, la vita, la rinascita, la purificazione, il femminile… i “Canti mediterranei”… Raccontaci come nascono le tue poesie.

Le mie poesie nascono dall’osservazione di tutto ciò che mi circonda, da qui trovo radici in un poeta importantissimo per mia formazione culturale che è Federico Garcia Lorca. I miei versi sono il riflesso della mia esperienza individuale proiettata nell’esperienza universale. Gli esseri umani diveniamo in ogni momento, non siamo esseri statici, rinasciamo attraverso l’amore che è una condizione umana di espansione della coscienza all’infinito, e quindi rinasciamo in ogni momento, attraverso elementi che ci purificano e rinnoviamo le nostre energie. L’acqua per me rappresenta il continuo movimento che è la vita. La Sicilia che di solito rappresento trasfigurata in paesaggi mitici spagnoli spesso andalusi, come in questo libro, rappresenta appunto le mie radici. Soprattutto in questo periodo della mia vita sento tanto attaccamento alla mia isola. Come disse Camilleri in un’intervista con il giornalista Marcello Sorgi, in La testa ci fa dire, egli si definì un siciliano di mare aperto, capace di abbracciare ampi e lontani orizzonti, navigatore esperto che non teme le correnti di risucchio verso il passato, costruttore di nuove abitudini che compensano le vecchie. Esistono due tipi di siciliano, quello di scoglio e quello di mare aperto. Io mi identifico con quello di mare aperto. Uno dovrebbe essere un esploratore spericolato, abituato alla distanza e alla piena delle onde. L’altro, un prigioniero della propria nostalgia, malinconico spettatore. Ma quelle che sembrano più facce, in realtà, rappresentano un solo volto. Mi sento una colonizzatrice dell’ignoto e mi piace immergermi nell’incertezza del domani, quasi in un eracliteo divenire. Quindi mi immergo nel mutare delle onde di un mare che dalla zona limitrofa dello stretto di Messina passa ad essere un mare più vasto, il Mediterraneo. Fra le radici greco-latine da me rappresentate vi sono segni di arte e simboli, dagli Amanti di Pompei, al poema dedicato ad Apollo. In quanto alla metafora del femminile, le protagoniste sono di solito delle donne forti, legate agli affetti, penso alla poesia dedicata ad Antigone per esempio. Lo que sueno y olvido è un viaggio simbolico e metaforico nella mia esperienza personale, affettiva, amorosa, un amore che parte dall’esperienza individuale e si estende al mondo, anelando la libertà e la fiducia nel progresso, nel presente, nel divenire e nel cambiamento. Questo libro è un invito alla ricerca del Bello e del sapere in ogni sua forma.

 

Il verso “Un mar es una bienvenida, es un adiós”, il mare che accoglie e il mare che allontana. Presenza cardine della nostra vita nei momenti più importanti che determinano la nostra vita. Il mare che ci ha visto nascere e che ora ci allontana dalla Terra natía. Come si vede la Sicilia dalla costa campana? Quanto c’è della tua esperienza lontana dalla tua terra nella tua poesia?

In effetti, credo che la nostra terra natia sia il posto dove noi stiamo bene e non necessariamente la terra dove siamo nati.

La nostalgia diventa a volte un’armatura contro il reale. Un’ossessione per il ritorno. Tuttavia, se guardiamo al mondo del ritorno, possiamo guardare al mondo greco. “Nulla è dolce come la patria e gli stessi genitori, sebbene si abbia in una terra straniera e lontana la villa più opulenta” (Omero).

Come dicevo, io mi sento invece foglia e cittadina del mondo. Per me, ad esempio, la Spagna è la mia seconda terra madre. La nostalgia che è presente nei miei versi forse non è tanto legata alla terra ma agli affetti. Quando ho scritto questo verso, ho pensato al tema dell’emigrazione. Di quando si arriva in un posto nuovo e quando si va via. Nel mio libro a proposito dei migranti ce un verso di Andrea Camilleri, No a nome mio. E” un verso amaro che si riferisce alle tante vite naufragate sulle coste, che arrivano da lontano in cerca di un futuro migliore. Ho voluto scrivere in greco, in maniera quasi criptica il titolo di questa poesia, proprio per dimostrare, che dagli antichi autori classici, il Mediterraneo era descritto come un mare che accoglieva i naufraghi. Il mio vuole essere un omaggio a tante vite affidate al mare e da esso risucchiate, vite di bambini, donne, e uomini che sono costretti a lasciare la loro patria. Io mi sento emigrante da tutto ciò che non mi piace, emigrare talvolta metaforicamente significa evitare il dolore e quindi sognare. Secondo me lacqua ha lo stesso significato che per Freud e Jung rimandano il pensiero dellacqua e del mare alla figura materna. Si tratta di un simbolo importante. In effetti in altri libri ho dedicato poesie a Ofelia, Narciso. L’acqua oltre a purificarci è uno specchio che riflette la nostra Bellezza e le nostre ombre.

 

Mi piace la “Catabasis”, la necessità che senti attraverso la poesia di cadere e poi rialzarti per continuare a vivere. Il poeta è anche filosofo?

Credo che il poeta sia soprattutto filosofo. Nella poesia vi è saggezza sintesi dell’uno e del molteplice. C’è musica e musicalità. Questa poesia è dedicata a Leonard Cohen che come sappiamo ha un legame forte con la Spagna. Ricevette il premio Principe de Asturias e proprio in quella occasione nel suo discorso menziono’ il suo legame con la musica flamenca la chitarra e Federico Garcia Lorca. Ricordando che chi gli diede lezioni di chitarra fu proprio un andaluso. Sicuramente Poesia è Filosofia, che per altro è il titolo di uno dei più importanti libri di Maria Zambrano che ammiro e sulla quale ho tenuto due interviste con Radio Mexico. Nell’opera giovanile di Platone, Lo Ione, il filosofo, per esempio, fa dire in forma di dialogo a Socrate che “l’attività del rapsoda e la stessa poesia non nascono dalla conoscenza, ma sono il risultato di un’ispirazione divina”.  Catababis rappresenta un viaggio, una discesa agli inferi come purificazione, le fonti di ispirazione per questa poesia sono state molteplici, da Dante a Virgilio. Catabasis è una poesia che rappresenta un viaggio attraverso la coscienza infernale e il dolore, è una poesia autobiografica e di identificazione con il protagonista quise ser un alma de la nada del destino a la intemperie. El amor es poderoso y a veces duele.

 

Questo libro si avvale della prefazione di uno dei maggiori poeti viventi spagnoli che tu hai tradotto molte volte nella nostra lingua, Antonio Colinas. Com’è il lavoro di traduttrice e che tipo di soddisfazioni ti regala?

Sono amica di Antonio Colinas dalla mia tenera età, più che amica discepola. Si può tradurre solo la poesia universale, quella che rimane immutata nei secoli, quella in cui i poeti sembrano dei vati, e ci proiettano la loro visione del mondo, così diversa e delicata, così sensibile. Solo l’alta poesia è quella che si può tradurre facilmente in maniera lineare. Secondo Rilke, ci sono evocazioni della perfezione formale del testo, con metafore classiche e originali che ci servono a tradurre in maniera impeccabile. Come traduttrice, ho come modello e maestro senza dubbio Umberto Eco, ma anche tutti i poeti e traduttori che sono stati veicolo di trasmigrazione di versi da un idioma ad un altro. Ciò che mi dà più soddisfazione è senza dubbio ri-creare.

 

Sei professoressa e hai molto contatto con i ragazzi che al giorno d’oggi hanno un po’ abbandonato la poesia e le manifestazioni poetiche classiche ma la stanno riscoprendo secondo altre modalità di espressione. Pensi che ogni forma di espressione possa essere utile per diffondere la poesia e per farla amare anche ai più giovani?

Credo proprio di sì. Io i miei studenti li inondo comunque di versi. Cerco di fare memorizzare loro dei versi noti proprio per aiutarli ad impadronirsi della lingua, delle sfumature linguistiche, delle metafore. Utilizzo la musica spesso come veicolo per la diffusione poetica. Penso per esempio quando una volta feci ascoltare Era un niño que sonaba di Antonio Machado nella versione di Paco Ibañez, i miei allievi se ne innamorarono.

 

Com’è essere poeta donna, oggi?

Uno dei miei grandi modelli italiani fra le poetesse italiane è stata senza dubbio Alda Merini che ha parlato molto della condizione delle donne e delle poetesse. Ho sempre avuto una grande ammirazione per le poetesse che si sono battute per l’uguaglianza di diritti, quelle poetesse che si sono schierate chiaramente da una parte penso fra le viventi ad Ida Vitale per esempio. Credo che essere poetessa donna ci avvicini diversamente alla realtà, perché l’universo femminile è sensibile, ed è solo il sentire e il percepire il mondo e l universo che cambia il fatto di essere poeta donna o uomo.

 

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Leggere e poi scrivere. Credo che sia più saggio leggere, per ricordare. La memoria è qualcosa di importante nella vita di ciascuno. E in fondo poesia è memoria, qualcosa che di noi rimane nel tempo Scrivere e continuare a vivere e sognare in pienezza. Mi piacerebbe viaggiare di più per conoscere il mondo soprattutto in Oriente. Sapere saggiamente, e conoscere con sophia con saggezza. In fondo il motore della mia vita è stato la conoscenza.