Ambasciatore Sannino: “Tra Italia e Spagna c’è convergenza d’interessi”

MADRID – “Lo sforzo che stiamo facendo in Ambasciata è concentrato sul come intensificare la collaborazione tra l’Italia e la Spagna. L’ho detto e lo ripeto ora: credo che Italia e Spagna abbiano una convergenza di interessi naturale e una facilità di comprensione reciproca che deriva dal fatto che hanno in sostanza una stessa cultura, uno stesso mare e una visione molto simile della vita. Favorita, direi, perfino dall’esistenza di una questione Nord-Sud. Una differenziazione tra regioni del Nord e regioni del Sud che è stata molto presente in Italia per tanto tempo e che ora lo è in Spagna, anche nella dialettica tra le varie comunità. Quindi, credo che valga davvero la pena lavorare su quello che i due Paesi possono fare insieme”. L’Ambasciatore d’Italia a Madrid, Stefano Sannino, parla adagio, soppesando le parole, indugiando a volte alla ricerca del vocabolo giusto. Ci riceve nel suo ufficio, nell’elegante palazzo che appartenne al Marchese di Amboage, nell’aristocratico “barrio de Salamanca”.

L’Ambasciatore Sannino considera che esista, oggi, “una naturale coincidenza di interessi e di visioni” tra le due nazioni. Sostiene, con pacato entusiasmo, che Italia e Spagna, assieme, rappresentano la prima economia dell’Eurozona. Un elemento, questo, da non sottovalutare, e sul quale, anzi, va posto l’accento, in un mondo in continua evoluzione.

– Rappresenterebbe – ci dice – il primo blocco in termini numerici. Stiamo cercando di lavorare sulla collaborazione tra i due Paesi e su quello che possono fare assieme.

E’ questo lo spirito con il quale è stato creato il progetto, “ItmakEs”, che racchiude un concetto  che va molto oltre la semplice idea della creazione di un insieme di prodotti o della superazione dei limiti di un territorio nazionale.

– Ha un nome un po’ anglofono – afferma sorridendo -, ma è solo per ragioni di sigla. Lo abbiamo declinato in diversi settori. Quelli tradizionali, in cui è maggiore la capacità di attrazione, sono il design e l’agroalimentare. Si vuole passare da una logica di concorrenza a una di collaborazione. Ora stiamo cercando di ampliarlo ad altri settori.

Ad esempio, spiega alla “Voce”, quello della fabbricazione digitale, area nella quale la Spagna e l’Italia pare abbiano molti punti di contatto; o quello dell’arte, soprattutto di quella contemporanea.

– Stiamo cercando di lavorare su cose visibili proprio per sottolineare e sviluppare gli elementi di collegamento che esistono tra i due Paesi – illustra -. La mobilità italiana ha messo radici in Spagna e ne ha tratto linfa vitale.

– Un bilancio delle relazioni tra Spagna e Italia…

– Il 2018, un po’ come anche gli anni precedenti, è stato caratterizzato da un’intensità di rapporti tra le società, tra le economie, tra gli studenti e tra le imprese. Un po’ più complessi, ormai già da qualche anno, i rapporti istituzionali. I due Paesi, i due governi continuano a parlarsi forse un po’ meno di quanto potrebbero fare, anche in vista di quel che sta accadendo in Europa. Questa, ormai, sta diventando un’Europa di penisole, di aggregazioni, di realtà diverse: da quella centrale franco-tedesca, a quella dei Paesi del gruppo Visegrad, a quella dei paesi baltici del Nord o di Benelux. Manca la dimensione dell’Europa Meridionale, dell’Europa del Sud.

Considerazioni importanti, fatte da chi non può avere una visione provinciale del mondo e a chi è conferita la responsabilità delle relazioni diplomatiche in senso lato. Quindi, anche quelle commerciali che, come sostiene, sono cresciute ulteriormente tra i due paesi.

– Siamo arrivati ormai a un interscambio che supera i 40 miliardi di euro tra Italia e Spagna – afferma con soddisfazione -. Continuano gli investimenti tra i due Paesi.

Per essere precisi, in base ai dati di fonte spagnola, il valore dell’interscambio commerciale bilaterale nel periodo gennaio – novembre 2018 è stato di 40,6 miliardi di euro.

Nel 2018, l’Italia si è confermata al 3° posto tra i Paesi di destinazione delle esportazioni spagnole, con 21,1 miliardi di Euro (8% sul totale export spagnolo), registrando un aumento del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2017. Sempre nel 2018, l’Italia si è attestata al 4º posto tra i Paesi di provenienza delle importazioni spagnole con 19,5 miliardi di Euro (6,6% sul totale delle importazioni spagnole).

L’export italiano verso la Spagna ha registrato un incremento del 5,3% rispetto allo stesso periodo del 2017. Tra i principali prodotti esportati dalla Spagna in Italia figurano: autoveicoli, combustibili e lubrificanti, materie prime e semilavorati di plastica, olio di oliva, prodotti chimici. Dall’Italia la Spagna ha importato principalmente: componenti e accessori per autoveicoli, combustibili e lubrificanti, autoveicoli, materie prime e semilavorati di plastica,  prodotti farmaceutici.Una relazione commerciale sostanzialmente equilibrata tra due paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo e che, assieme, rappresentano un mercato che supera i 100 milioni di abitanti in una superficie di oltre 800 mila chilometri quadrati.

L’ambasciatore, poi, aggiunge che la Spagna continua ad essere la prima destinazione per i nostri studenti Erasmus come d’altronde l’Italia lo è per quelli spagnoli.

– La relazione tra le due società civili – sottolinea – continua con una grande vitalità.

 

Nasce uno dei più grandi poli autostradali del mondo

L’Ambasciatore Sannino non può fare a meno di riferirsi ad una importante operazione commerciale che vede coinvolte Atlantia, una delle maggiori compagnie italiane presenti nel settore delle infrastrutture autostradali e aeroportuali, e Acs, la compagnia dell’imprenditore spagnolo Florentino Pérez, più noto come presidente del Real Madrid. Atlantia e Acs hanno acquistato Abertis, il colosso delle autostrade spagnole. Dall’integrazione tra le due aziende, e l’acquisto di Abertis, è nato uno dei poli autostradali più grandi del mondo.

– E’ stata una grossa operazione che si è conclusa in questi primi giorni del 2019 – ci dice l’Ambasciatore Sannino – ma che ha avuto una lunga gestazione nel 2018. Gli ultimi strumenti finanziari per la gestione della nuova impresa sono stati portati a termine in questi giorni. Possiamo quindi affermare che globalmente il 2018 è stato un anno positivo.

– Quali sono le difficoltà che presentano le relazioni tra Spagna e Italia. Ad esempio, sulla questione emigrazione, difendono posizioni assai diverse…

– Partirei dalla costatazione che tanto l’Italia come la Spagna, essendo Paesi del Mediterraneo, sono, in qualche modo, quelli più esposti ai flussi migratori – commenta prudente -. Sulla base delle regole attuali europee, essendo paesi di prima accoglienza, sono quelli che patiscono maggiormente il peso di questo fenomeno. L’Italia, nel corso degli anni e soprattutto dopo la chiusura della rotta orientale, quella della Grecia e dei Balcani, è stato il Paese che maggiormente ha subito l’ondata migratoria ed è quello che ha accumulato il maggior numero di immigranti nel corso degli anni. La condivisione da parte europea del peso dell’immigrazione, era una richiesta che da anni veniva fatta dall’Italia, non soltanto dal governo attuale ma anche da quelli precedenti. La decisione di chiudere i porti, di non facilitare l’arrivo di navi di varie organizzazioni non governative attive nel Mediterraneo – prosegue -, ha avuto un impatto sui flussi migratori e ha provocato uno spostamento verso la Spagna. Tant’è vero che l’anno passato questo Paese ha avuto un numero di immigranti più elevato dell’Italia. Detto questo – precisa -, c’è una consapevolezza da parte delle autorità spagnole della complessità della situazione italiana e anche del fatto che, nel corso degli anni, l’Italia è stata lasciata sola nella gestione di questo fenomeno.

E’ convinto che ora ci sia grande preoccupazione anche in Spagna. Si teme che, come accaduto con l’Italia, possa essere lasciata sola a sua volta.

“C’è la volontà di lavorare di più sui Paesi di origine”

– A dir il vero – spiega alla Voce -, anche se non c’è una chiusura da parte della Spagna, si assiste a una limitazione; a un atteggiamento forse anche un po’ meno aperto rispetto a quello tenuto all’inizio dal governo Sánchez. C’è la volontà di lavorare di più sui Paesi di origine ed evitare che le persone intraprendano il viaggio verso l’Europa.

Aggiunge che resta comunque la richiesta di Spagna e Italia affinché ci sia una partecipazione maggiore di tutti gli altri soci europei. Insomma, chiedono la “condivisione del peso della gestione dei flussi migratori”.

– Lei a inizio intervista ha detto che tra Spagna e Italia ci si potrebbe parlare di più…

– Le nostre economie hanno strutture simili e problemi altrettanto simili. Da qui, anche il tema della “governance” europea, dell’economia e della finanza. Abbiamo interessi comuni. Mi sembrerebbe interessante approfondire temi di questo genere. Ci sono molti più punti di assonanza tra le posizioni italiane e spagnole che non con quelle di altri paesi, che hanno situazioni economiche e politiche diverse. Ciò ci aiuterebbe anche a far sentire in maniera più incisiva la posizione dei nostri paesi in sede europea.

 

La criminalità organizzata

Cambiamo tema. Affrontiamo ora quello della criminalità organizzata. Lo spunto viene dalla notizia pubblicata dal nostro giornale sul blitz della Guardia Civile avvenuto a Malaga che ha permesso di sgominare una banda di “narcos” collegati alla “Banda della Marranella”, di matrice camorrista che ha il suo quartier generale a Roma. L’operazione di polizia, coordinata dalla Guardia Civile, in Spagna, e dai Carabinieri, in Italia, ha portato all’arresto di noti delinquenti italiani ricercati da anni. E’ questa la ragione per cui chiediamo quale sia il ruolo che svolge la diplomazia in questo ambito.

– E’ un esempio molto grafico di come, quando la cooperazione tra i due paesi, Italia e Spagna, è buona porta a risultati estremamente positivi – afferma convinto -. Devo dire che la collaborazione nel settore della lotta al crimine organizzato e al terrorismo è tra le più avanzate. C’è un interscambio costante di informazioni  contiamo sulla presenza incrociata del personale di sicurezza italiano nelle strutture spagnole e di quello spagnolo nelle strutture italiane. Ci sono poi visite molto frequenti sia al più alto livello delle forze di sicurezza sia a livello più operativo. Tutto questo genera una capacità di intervento sul territorio molto efficace.  E’ un’area in cui la collaborazione funziona in maniera molto costruttiva, molto positiva.

– Come osserva il fenomeno migratorio italiano. Tanti giovani credono che la Spagna sia l’America odierna. Prima si parlava di “fuga di cervelli”, ora pare che il fenomeno si sia allargato. Non sono più soltanto i professionisti, i ricercatori ad abbandonare l’Italia…

L’Ambasciatore Sannino preferisce parlare di mobilità e non di emigrazione. E non ne fa una questione di pura semantica.

– C’è a livello giovanile – rileva – la facilità di passare da un paese all’altro; c’è la facilità di movimento. La tendenza è a vedere Italia, Spagna e altri paesi come parte di un unico spazio. Da questo punto di vista, il programma Erasmus ha aiutato molto.  La nuova emigrazione, o una parte di questa nuova emigrazione, riflette il processo di mobilità europea.

Sostiene che la tendenza è “a pensare tutto in termini rigorosamente nazionali”. Anzi, addirittura regionali. Ed in effetti, nel secolo scorso si viveva e si moriva nel paesetto in cui si nasceva. Non si conosceva altro. Emigrare era uno strappo doloroso, un passaggio della vita che si affrontava quando il proprio Paese non offriva alcuna alternativa.

– Adesso – afferma il diplomatico – c’è la sensazione che ci si può muovere senza difficoltà. Puoi farlo all’interno del territorio italiano, ma molti giovani sentono che la loro realtà, la loro dimensione naturale è l’Europa. Molte persone, adesso parlo della Spagna in particolare, vivono parte della loro esistenza in Spagna e parte in Italia. Per questo credo che si tratti più di una questione di mobilità che di emigrazione. Senza dubbio ci sono anche persone che vengono da realtà più complesse, più difficili. Sono alla ricerca di opportunità e pensano che in Spagna ce ne possano essere più che in Italia. La Spagna, negli ultimi anni, è cresciuta a ritmi molto elevati. Ma, devo dire, anche con delle fragilità.

– Aspiriamo al federalismo, a un’Europa sempre più unita. E poi ci rendiamo conto che i movimenti euroscettici acquisiscono sempre più forza e si trasformano in un pericolo per il sogno europeista. Il populismo, la demagogia è sempre più presente nella politica. Sarà possibile una Europa veramente unita?

“La crisi dell’Unione Europea viene da lantano”

– Io faccio sempre molta attenzione alle etichette, alle parole – precisa -. Dietro a ogni parola, ci sono sempre una riflessione e una costruzione. Direi alcune cose. In primo luogo, la crisi dell’Unione Europea viene da lontano. Non è un fenomeno nato uno o due anni fa. E’ una crisi le cui origini vanno ricercate nel modo in cui è cresciuta, si è sviluppata l’Unione Europea. Fin quando l’Unione è stata il contenitore nel quale tutti crescevamo, e tutti avevamo uguali opportunità e possibilità, è stata amata. Rappresentava l’area in cui circolavano le persone, i capitali, le imprese. Nel momento in cui è cominciata a diventare più complessa, ha dovuto affrontare situazioni più complicate e periodi di crisi come quello che abbiamo avuto a partire dal 2007. L’Europa, allora, è diventata un po’ il capro espiatorio di tante cose; una struttura, una entità, una organizzazione che non riusciva a dare le risposte che le società avrebbero voluto. Non le ha messe al riparo dai grandi problemi né dalle grandi crisi.

E, in effetti, come fa notare l’Ambasciatore Sannino, l’Europa ha vissuto prima la crisi economica e finanziaria, poi quella di sicurezza, sia interna sia esterna.

– Su questi temi – sostiene -, ci si è sentiti più vulnerabili. La sensazione è che l’Ue non fosse in grado di garantire una protezione. E poi la crisi migratoria, che continuiamo a vivere, ha avuto profonde ripercussioni sulle nostre società. Le istituzioni europee nel loro complesso, l’Ue in generale, non hanno saputo mettere in piedi politiche che permettessero di ristabilire gli equilibri e quindi di rispondere ai timori, alle preoccupazioni delle nostre società. I movimenti politici, i partiti hanno captato questo sentimento della popolazione, lo hanno fatto proprio, e lo hanno inserito nel loro programma elettorale.

E’ convinto che le istituzioni, l’architettura istituzionale siano appropriate. A suo avviso, senza l’Europa, “i singoli stati sarebbero più fragili, più esposti all’impatto della concorrenza internazionale, a quello delle decisioni prese dai grandi Paesi, dagli Stati uniti, dalla Russia, dalla Cina”.

– Lo sforzo – afferma – deve essere mirato ad avere delle politiche che siano in grado di rispondere alle esigenze delle nostre società, avendo anche in mente un elemento importante: nell’Unione Europea convivono 27 società. Ognuna di loro ha sensibilità e percezioni diverse. Lo sforzo è la ricerca di una sintesi che riesca a tenere insieme le esigenze, le necessità di una platea ampia di opinioni pubbliche. Non è la cosa più facile del mondo, ma è fattibile. Lo è, a mio giudizio, soprattutto se ci si concentra su temi e politiche importanti che hanno una forte ricaduta sulle nostre società.

 

Immigrazione e armi nucleari

 L’ufficio in cui si svolge la nostra intervista contrasta con l’aspetto vetusto del Palazzo, un gioiello dell’architettura spagnola. In effetti, l’irruzione della modernità si osserva in ogni angolo. E non poteva essere altrimenti. Assistono al nostro colloquio con l’Ambasciatore Sannino, il dottor Ugo Ferrero, primo Segretario d’Ambasciata, ed una delle stagiste in forza presso la sede diplomatica.

– Questa realtà che lei ha descritto, in particolare il fenomeno migratorio, come unisce o separa l’Ue dalla Spagna, dall’Italia? Pensiamo alla Lega o a Vox. E come ci si prepara, ad esempio, a un processo che pare portare inevitabilmente verso una catastrofica “no-deal Brexit”?.

– A prescindere dal Brexit – commenta -, credo che sui temi di cui parlavo l’Italia e la Spagna abbiano interessi convergenti. Nell’ambito migratorio, l’ho detto e lo ripeto, sono paesi di prima accoglienza su cui si scarica l’onere maggiore della gestione del fenomeno. E’ evidente che sia l’Italia sia la Spagna hanno tutto l’interesse a lavorare assieme a Bruxelles e in seno alle istituzioni europee, perché si dia la risposta più adeguata e si ottenga una solidarietà più amplia da parte dei partner europei. La gestione è molto importante e deve essere fatta a livello europeo.

Per l’ambasciatore, in maniera più o meno simile, gli interessi di Italia e Spagna coincidono quando si parla di politica economica. Sostiene che c’è la necessità di politiche che favoriscano la crescita e l’occupazione.

– E’ vero che la Spagna ha tassi di crescita più elevati di quelli italiani e che sta riducendo la disoccupazione, ma è anche vero che questo sviluppo economico è fragile perché basato su settori come la costruzione, il turismo, i servizi. Generano occupazione, magari occupazione stagionale. Ma è precaria e pagata meno; quindi, non risolve il disagio sociale che c’è alla base. Anche la Spagna ha bisogno non solo di politiche di rigore fiscale e di disciplina di bilancio ma anche di politiche espansive che consentano al paese di crescere in maniera più sostenuta. E lo stesso evidentemente vale per l’Italia che è in una fase di crescita economica molto stagnante. Gli ultimi dati non sono tra i più rassicuranti del mondo ma sta cercando, anche a livello europeo, la possibilità di sviluppo di politiche che permettano di creare crescita  e occupazione nel Paese. Quindi, anche lì, lo sforzo deve essere la ricerca di un equilibrio tra quella che è stata fino ad ora la ricetta delle politiche europee di rigore finanziario, di rigore fiscale, di disciplina di bilancio, di stabilità  del settore bancario e lo sviluppo di politiche di aiuto e di sostegno alla crescita. E’ stato già fatto un passo in questo senso con il “Piano Juncker” che ha mobilitato una cifra abbastanza significativa, credo oltre 350 miliardi di euro a livello europeo, nei passati 5 anni. Ma la cifra non è ancora sufficiente per il rilancio dell’economia. Quindi, bisogna immaginare altre formule e altre politiche che possano aiutare la crescita dei nostri paesi.

– Stati Uniti ha rotto l’accordo nucleare con la Russia firmato nel 1987 da Mijaíl Gorbachov e Ronald Reagan. Ora si teme un ritorno alla corsa nucleare che tutti pensavamo esserci lasciati alle spalle…

– Credo che sia presto per fare una valutazione sull’impatto della decisione americana – afferma prudente -. Ci sono ancora molti elementi che non sono chiari. Bisogna capire essenzialmente se gli Stati Uniti sono alla ricerca di un nuovo accordo, di un nuovo equilibrio con la Russia e se questo si riuscirà a trovare. E’ un altro elemento quello che io trovo preoccupante: la minaccia ormai abbastanza evidente del sistema multilaterale a livello mondiale. Per anni, dalla seconda guerra mondiale, noi abbiamo cercato di creare dei sistemi che fossero basati su regole condivise. Dal sistema delle Nazioni Unite, in tutte le sue declinazioni, all’Organizzazione Mondiale del Commercio, alla stessa Unione Europea. Rappresentano uno sforzo di integrazione a livello regionale o a livello mondiale. Il multilateralismo è stato per molti anni un punto importante di riferimento per le nostre politiche. Ed è stato, come dire, anche il meccanismo attraverso il quale non ci si muovesse soltanto sulla base della logica dei rapporti di forza, ma anche su quella delle regole concordate, a garanzia forse proprio dei paesi più deboli e per evitare che ci fosse una lotta di potere tra i più grandi e i più forti. Vedo che questo è un aspetto che oggi si sta mettendo in discussione. Si sta tornando ai rapporti di forza. Forse non siamo ancora arrivati a una logica di blocchi, ma certamente c’è una tentazione anche ad utilizzare le crisi regionali come un terreno di contenzioso tra le grandi potenze. In questo, sì io credo che i paesi Europei possano rischiare molto, soprattutto se non si tengono uniti tra di loro.

Sostiene che per queste ragioni considera che quello dell’Unione Europea continua ad essere un progetto forte. E prosegue:

– In questo momento, in una fase che definirei quasi di grandi scontri tra placche tettoniche, l’Europa deve conservare la sua capacità di agire unita. Faccio un caso relativamente piccolo, ma per me abbastanza importante: l’applicazione dei dazi commerciali da parte degli Stati Uniti. E’ evidente che per gli Stati Uniti negoziare con un blocco commerciale di 500 milioni di persone, e con istituzioni con una capacità contrattuale forte, è un conto; altra cosa è farlo con singoli paesi che possono avere tra le 500mila e gli 80 milioni di persone. Sono realtà relativamente piccole rispetto a un gigante come gli Stati uniti.

Impossibile non parlare del Venezuela. Dopotutto la Spagna è stato il primo paese a dare un ultimatum al governo del presidente Maduro. Ed è stato quello che, con determinazione da un lato e prudenza dall’altro, ha assunto la leadership del mondo democratico che ha riconosciuto in Juan Guaidó, numero 1 del Parlamento, il presidente legittimo, incaricato di traghettare il paese verso elezioni trasparenti, libere e democratiche. Visto che il governo Sánchez e il governo Conte sono schierati su trincee opposte, o almeno lo erano fino a qualche giorno fa, è logico chiedersi in che misura la “questione Venezuela” abbia creato attriti tra i due Paesi.

– Non direi che abbia creato attriti tra i due Paesi – asserisce -. L’Italia, come la Spagna, sono membri del gruppo di contatto che si è riunito a Montevideo pochi giorni fa. Il ministro degli Esteri italiano si espresso in Parlamento sulla questione del Venezuela. Credo che anche da questo punto di vista siamo su posizioni abbastanza vicine. Sia la Spagna sia l’Italia sono alla ricerca di una soluzione stabile, sostenibile e democratica in Venezuela. Nel fondo, credo che ci sia una lettura, soprattutto un obiettivo comune: la stabilizzazione del Paese.

Mauro Bafile

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