Specchiarsi nella Galizia

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Manuel Fraga, che ha governato nella Galizia dal 1990 al 2005, aveva visto giusto nel dare  l’importanza che meritano ai galiziani sparsi per il mondo. Da qui i suoi continui viaggi all’estero per incontrare chi aveva cercato altrove ciò che la propria regione non aveva potuto offrirgli. “El León de Vilalba”, come chiamavano Fraga per il suo carattere impulsivo, aveva capito che le comunità all’estero rappresentano un importante vivaio elettorale.

Italia, Portogallo e Spagna sono tra le nazioni del bacino mediterraneo con il maggior numero di emigranti. Nel 2020, l’Italia aveva tre milioni 258mila residenti all’estero, circa il 5,5 per cento del totale della popolazione. Lo stesso anno, erano due milioni 81mila i portoghesi che vivevano in altre nazioni, più o meno il 20,21 per cento del totale della popolazione. Sempre lo stesso anno, gli spagnoli espatriati si stimavano in un milione 489mila, pari al 3,14 per cento del totale.

Spesso non ci si rende conto del peso che hanno le comunità residenti all’estero se non quando si è alla vigilia di un appuntamento elettorale. A volte neanche in tali circostanze. Si tende a minimizzare la loro importanza. È, a quanto pare, ciò che sta accadendo in Galizia.

La comunità galiziana all’estero è assai numerosa e anche molto influente. Lo è tanto che, ad esempio, in un passato neanche tanto remoto, Buenos Aires si considerava la quinta provincia della Galizia

Quella “gallega” è una comunità che continua a crescere anche se lo fa a ritmi meno veloci che in passato. Le nuove generazioni che si avventurano all’estero lo fanno certamente in circostanze diverse. Ciò che non cambia è il desiderio di una vita migliore.

Si calcola che hanno diritto al voto mezzo milione di galiziani all’estero. Ovvero, il 18 per cento dell’elettorato della “Comunidad”. Una percentuale altissima che, dal 2011 non rivestiva comunque grande importanza a causa del “voto rogado”, cioè l’obbligatorietà degli spagnoli all’estero di esprimere la volontà di votare. Un labirinto burocratico da superare in tempi molto stretti che solo chi aveva una forte motivazione politica s’impegnava a  percorrere. Un ostacolo assurdo rimosso nel 2022. Ora che il “voto rogado” è stato abolito, si stima che crescerà la partecipazione dei “gallegos” all’estero. In quali proporzioni? Impossibile fare  previsioni.

Il voto all’estero, nei paesi di grande emigrazione come Italia, Portogallo e Spagna, può incidere sensibilmente sui risultati. E in quei paesi in cui è permesso, il voto all’estero può cambiare il colore politico dei Governi regionali, dei Consigli provinciali e delle Giunte comunali. Ma questo non è il caso dell’Italia. C’è da pensare a cosa potrebbe accadere in regioni come il Veneto, l’Abruzzo, la Campania o la Sicilia se ai corregionali all’estero fosse permesso di esprimersi per posta o per via telematica.

Galizia potrebbe essere lo specchio nel quale riflettersi. Al momento gli italiani all’estero possono votare ed essere votati nelle elezioni nazionali, legge che pone il nostro paese all’avanguardia in materia di diritti per le comunità all’estero. Forse sarebbe il caso di permettere ai connazionali all’estero di partecipare, per posta o per via telematica, anche alle elezioni regionali e provinciali, tenendo conto dei legami che mantiene con la terra d’origine chi ne è partito ma senza mai lasciarla.

Mauro Bafile

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