Dai “domiciliari” alla piazza, la due volte ex presidente dell’Argentina condannata a 6 anni di carcere per corruzione convoca il peronismo alla protesta di piazza e una folla straordinaria le risponde invadendo pacificamente Buenos Aires.
I 6 anni di carcere comminati alla due volte ex presidente argentina Cristina Kirchner per corruzione si presentano lunghi e lasciano ampio spazio alle incognite a venire, non escluso l’oblio popolare; tuttavia il suo primo giorno di reclusa è stato di trionfo invece che di pena. Lei imprigionata negli arresti domiciliari ottenuti per ragioni di età (ha compiuto 72 anni), la città s’è riempita di centinaia di migliaia di simpatizzanti che invocandone il nome sono arrivati fin dalla notte precedente da ogni regione per inneggiare al suo populismo progressista e chiederne la libertà.
Una sorpresa che riporta la crisi economica, politica e sociale a un confronto da molti ritenuto superato, soprattutto dopo il buon risultato elettorale ottenuto nelle settimane scorse dal governo nelle votazioni amministrative di Buenos Aires. Quell’incirca metà paese che non crede alla colpevolezza di Cristina o quanto meno la perdona a priori per rappresentare la controversa e però unica leader capace di riunire gli avversari dell’attuale capo di stato, Javier Milei, non meno controverso e di certo privo d’un paragonabile carisma.
L’interclassismo peronista dimostra una volta ancora la straordinaria capacità di rinnovare la propria mitologia, attraverso il volontarismo della massa militante. Cristina conferma un’intuito politico e un temperamento personale di lotta inesauribili che ne fanno la detenuta più autorevole ed applaudita del Sudamerica, dopo l’esperienza similare del presidente Lula da Silva in Brasile.
Vacillano, costretti alla difensiva, Milei e il suo governo, a cominciare dalla ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, il cui battagliero estremismo l’ha spinta a una non più a lungo sostenibile sfida repressiva, giunta ormai ai margini della legge e oltre, priva di sostegno ad ogni costo anche tra gli altri ministri.
E’ divenuto infatti evidente che senza l’aggressivo schieramento della polizia antisommossa per fronteggiare poche centinaia di anziani pensionati e l’aperta persecuzione dei giornalisti, non si verificano incidenti. Al più tardi ieri se n’è avuta la controprova: con la capitale invasa in lungo e in largo da moltitudini di manifestanti, bombos, inni e bandiere, fino a tarda sera gli inconvenienti non erano andati oltre i rallentamenti nel traffico urbano.
Schierati uno accanto all’altro in prima fila sulla plaza de Mayo, principale scenario storico di celebrazioni e tragedie del peronismo, tutti i suoi maggiori dirigenti. Dal moderato conservatore Sergio Massa, aspirante alla successione ma sconfitto un anno e mezzo fa alle elezioni nazionali da Milei; al governatore della provincia di Buenos Aires, la più popolosa e ricca del paese, il giovane Axel Kicillof, in aperta competizione con Cristina per la guida da sinistra del movimento.
Ma a parlare è stata ancora e soltanto lei, per mezzo di una telefonata registrata e successivamente diffusa da altoparlanti ed emittenti radio-televisive al popolo che l’ha ascoltata per le strade, nei caffè stracolmi, riuniti in capannelli o seduti lungo i marciapiedi attorno a un tablet. “Non mi lasciano competere…”, ha detto ricordando che la condanna la esclude a vita anche dalle competizioni elettorali minori. Aggiungendo:” Ci indebitano fino al collo per fingere che abbiamo riserve in dollari… Ma il popolo non è smemorato…”. Per concludere che la lotta continua e prima o poi tutti comprenderanno chi affama i meno protetti per arricchire i todopoderosos. E le donne, protagoniste della giornata ai microfoni di radio e TV, esemplificavano spiegando che non ce la fanno più a mettere insieme il pranzo con la cena.
Livio Zanotti