Il Consigliere del CGIE in Spagna, Pietro Mariani, e il vicepresidente del Comites di Madrid, Michele Testoni, sono gli autori di un capitolo del volume dedicato alla Spagna. Ambasciatore Buccino sulla doppia cittadinanza in Spagna: “La prognosi è certamente favorevole ma sui tempi ci sarà da vedere”. Licata: “Siamo un popolo che si sposta alla ricerca della felicità”
MADRID – “Siamo un popolo di migranti. Lo siamo al di là della direzione del movimento: sia di partenza, sia di ritorno che di ripartenza. Siamo un popolo che si sposta alla ricerca di un’esistenza felice. In questo caso, il cambiamento semantico è doveroso. La lingua si evolve, varia con il tempo, con lo spazio, con le popolazioni. Utilizzare i prefissi ‘emi’ o ‘imi’ è fuorviante, in particolare nel momento in cui noi auspichiamo di parlare di migrazioni plurime”. È stato questo il commento di Delfina Licata, responsabile scientifico della Fondazione Migrantes e curatrice del “Rapporto Italiani nel Mondo 2024” (RIM), nel rispondere alla “Voce” che chiedeva se parlare di “mobilità” invece di “emigrazione” non fosse solo un ricorso semantico per illustrare un fenomeno che in Italia è sempre esistito. Non a caso, come si legge nel “RIM”, “dal 2006 al 2024 la popolazione iscritta all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, n.d.r.) è quasi raddoppiata (97,5%) passando da 3,1 a oltre 6,1 milioni”. Sempre nel “RIM”, poi, si precisa “che l’immigrazione italiana sia una storia mai finita e sempre in itinere: questo lo attestano i dati sulle classi di età. La comunità ufficiale, infatti, si svecchia sempre di più e alle generazioni emigrate da più di 15 anni (48,5%) si sono via via affiancate, fino a superarle, quelle all’estero da meno di 15 anni (51,5%) e, in particolare, tra i 5 e i 15 anni (28,2%) e da meno di 5 anni (23,3%)”.
La conversazione con Licata si svolge al termine della presentazione del “Rapporto Italiani nel Mondo 2024”, un’analisi accurata sulla cittadinanza italiana nell’era delle migrazioni” . Organizzato dalla Fondazione Migrantes, dal Comites di Madrid e dall’Ambasciata d’Italia in Spagna, l’evento ha contato sulla partecipazione dell’Ambasciatore d’Italia in Spagna, Giuseppe Buccino Grimaldi; del Console Generale d’Italia a Madrid, Spartaco Caldararo; della sociologa delle migrazioni e curatrice del volume, Delfina Licata; del Consigliere del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) per la Spagna, Pietro Mariani; e del vicepresidente del Comites di Madrid, Michele Testoni. L’evento, “Spagna, la Doppia Cittadinanza: una Grande Opportunità”, è stato moderato dal presidente del Comites di Madrid, Andrea Lazzari, e si è svolto di fronte a un pubblico attento ed interessato.
– Si parte sempre perché si cerca qualcosa che il luogo in cui si vive non ti può offrire – ha spiegato Licata, sempre conversando con la “Voce” -. Può essere la risposta ad un desiderio ma anche alla necessità di sfuggire da una guerra, dagli effetti devastanti dei cambiamenti climatici o dalle crisi economiche. Gli italiani, ma anche altri popoli, si muovono perché sono alla ricerca di un’esistenza diversa, di una realizzazione esistenziale, e dell’ascensore sociale.
– Si parte dall’Italia, ma non si torna… Non si torna perché non ci si sente valorizzati?
– È vero. In Italia non ci si sente valorizzati. Non si è apprezzati come persone arricchite dal processo migratorio, dall’esperienza fatta all’estero.
– Ieri si emigrava dalle regioni economicamente depresse. Oggi lo si fa anche da quelle del Nord, considerate economicamente virtuose e sviluppate.
– Anche questo è vero – ammette Licata che attribuisce questo processo migratorio dal nord economicamente sviluppato in parte alle Università che spingono i giovani ad avere una mentalità aperta, un’identità cosmopolita.
Commenta che è “normale, quindi, che si cerchi un lavoro all’estero o la specializzazione in un altro Paese poiché l’Università ti insegna a sentirti parte dell’Europa”. Sostiene che passeggiando per le strade di Barcellona, dove ha già presentato il volume, e poi in quelle della capitale, ha potuto respirare “la dinamicità, l’essere frizzante, una sensazione che in Italia non si percepisce”.
– Nel nostro Paese – ci dice – ammiri le bellezze dei luoghi, ma non vedi la dinamicità delle persone che stanno bene insieme, che mangiano insieme, che si divertono insieme. Ecco, bisognerebbe trovare un equilibrio.
Licata, nel corso della serata organizzata dalla Fondazione Migrantes, dal Comites di Madrid e dall’Ambasciata d’Italia in Spagna, ha illustrato al pubblico presente i risultati della XIX edizione del rapporto che fotografa la realtà delle nostre comunità all’estero; comunità che per importanza qualitativa e quantitativa dovrebbero essere considerate nel loro insieme, come ha spiegato recentemente alla “Voce” il deputato eletto nella circoscrizione Europa, Toni Ricciardi, la 21ma regione italiana.
Licata ha spiegato che oggi si è in presenza “dell’Italia delle migrazioni plurime”.
– Le chiamiamo così – ha precisato – perché caratterizzate da nuovi momenti migratori molteplici fatti di partenze, di arrivi e di ripartenze. L’Italia vive pienamente l’epoca della migrazione. Lo fa da protagonista e non solo per numeri. Quando nel lontano 2016 abbiamo avuto per la prima volta in mano i dati dell’AIRE, ci siamo resi immediatamente conto che questi numeri tendevano a crescere. Ma mai avremmo potuto immaginare che nel giro di 19 anni, ci sarebbe stato un raddoppio. Parlo naturalmente dei dati ufficiali dell’AIRE. Addirittura, estrapolando i numeri delle donne, ci rendiamo conto che questi sono cresciuti del 106 per cento… più del doppio.
Spiega che la pandemia ha fatto da spartiacque. Prima del Covid-19, “le partenze erano tante, veramente tante”. Poi, “la pandemia ha bloccato sia la partenza dei minori sia la mobilità previdenziale”, ovvero quella degli “over 65”.
– Negli ultimi anni – prosegue – abbiamo cominciato ad osservare la “ripartenza” di tutti. Dei 100 mila connazionali che lasciano l’Italia ogni anno, il 45 per cento ha un’età che oscilla tra i 18 e 34 anni; un 23 per cento tra i 25 e 49 anni e un 17 per cento sono minorenni. La presenza di minorenni indica che a partire sono anche interi nuclei familiari. Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad un revival della mobilità previdenziale.
Sottolinea che non c’è nessun paese occidentale industrializzato paragonabile all’Italia per flusso di mobilità”. Gli italiani, afferma categorica, “sono presenti in tutti i paesi del mondo”.
– Non c’è posto al mondo – insiste – in cui non ci siano un italiano o una italiana.
Licata ammette che la “narrativa principale ci racconta dei cervelli in fuga”. Ma la smentisce sostenendo, tra l’altro, che “è un termine orribile”.
– È un termine – commenta – da dimenticare per rispetto nei confronti di chi parte ma anche di chi resta. Pare che chi parte sia intelligente e chi resta, invece, sia un imbecille. Noi preferiamo parlare di emigrazione altamente qualificata. La narrativa, inoltre, ci racconta che ad emigrare sono solo, o soprattutto gli altamente qualificati. Non è così; non è assolutamente vero. È giustamente il contrario.
Sostiene che gli emigrati altamente qualificati rappresentano “una piccola nicchia” che solitamente “non ha bisogno di integrarsi e ha una lingua franca: l’inglese”. Si tratta di una nicchia di persone “che partono già con un contratto in mano e sanno che il loro percorso continuerà nel tempo e nello spazio”.
– La stragrande maggioranza di chi parte ha un titolo di studio medio-basso – aggiunge -. Sono coloro che poi accedono all’ascensore sociale.
Diversamente da quella che è la narrativa, non si cerca un posto di lavoro migliore, di fuggire dalla disoccupazione o di ottenere una migliore retribuzione. La maggior parte dei giovani ci parla di ricerca di un’esistenza felice, di una realizzazione esistenziale. Ci sono due parole chiave, due parole magiche. Prima della pandemia, meritocrazia. La maggioranza di chi andava via non la riconosceva in nessun luogo in Italia, ma la collocava all’estero. Dopo la pandemia si parla di realizzazione di genitorialità. Abbiamo riscontrato – ci spiega – che tante giovani desiderano diventare mamme; e tanti giovani, papà. Questa realizzazione della famiglia riesce ad avvenire oltre i confini nazionali, in un percorso migratorio felice che dura tra i 3 e i 5 anni. Questi giovani che hanno bambini, poi, necessitano di “baby sitter”. Chi ha cura dei bambini che ancora non sono in età scolare? Ed ecco che la “famiglia allargata” diventa la scialuppa di salvataggio. I nonni, quella mobilità previdenziale che abbiamo rivisto crescere, diventano “baby sitter” di questi bambini. Poi si affezionano ai nipoti e quindi i nonni paterni o quelli materni finiscono col trasferirsi definitivamente anche loro all’estero.
L’evento, moderato dal presidente del Comites Andrea Lazzari, si è aperto con le parole dell’Ambasciatore Buccino che, dopo aver sottolineato l’ottima sintonia tra Ambasciata, Consolato Generale a Madrid e il Comites di Madrid che ha considerato “non necessariamente scontata”, ha affrontato l’argomento centrale della serata: la doppia cittadinanza tra Italia e Spagna. L’Ambasciatore ha sottolineato che “i nostri residenti, soprattutto quelli di media e lunga durata, hanno certamente coltivato un legame molto profondo con la Spagna, fondato su valori e modi di vita simili” ed anche “su sentimenti di gratitudine”.
Ha ritenuto che l’obbligo di rinunciare alla cittadinanza d’origine, per assumere l’altra, rappresenti “un prezzo altissimo”, e che sia pertanto fondamentale rimuoverlo poiché “rappresenta un ostacolo che impedisce il pieno sviluppo della persona umana”.
– Nelle discussioni che abbiamo avuto e continuiamo ad avere con le autorità spagnole a vari livelli – ha riferito – c’è il riconoscimento che tutto questo andrebbe anche a vantaggio della società spagnola perché permetterebbe un’integrazione ulteriore della comunità italiana.
L’Ambasciatore Buccino ha spiegato che la doppia cittadinanza aprirebbe la porta alla “partecipazione ai concorsi pubblici, perché oggi un italo-spagnolo che preferisce servire lo Stato spagnolo non può farlo senza rinunciare alla cittadinanza italiana”.
– Tutto ciò – ha precisato – garantirebbe inoltre il diritto di voto nelle politiche nazionali, l’accesso al documento d’identità in sostituzione del certificato di registro dei cittadini dell’Unione Europea. Si abbatterebbe una barriera che tuttora esiste e che è in netta controtendenza rispetto all’integrazione dei nostri popoli ed al concetto dinamico di cittadinanza europea.
L’Ambasciatore Buccino, parlando del futuro della doppia cittadinanza, ha considerato che “la prognosi è certamente favorevole” ma che sui tempi ci sarà da vedere “quanto potranno essere rapidi”.
Dal canto suo, il Console Generale di Madrid, Spartaco Caldararo, ha sottolineato la crescita costante della nostra Comunità, ponendo logicamente l’accento su quella della circoscrizione di sua competenza. Ha quindi snocciolato alcuni dati. Per esempio, al 31 gennaio dell’anno in corso, gli italiani residenti nella circoscrizione di Madrid registrati all’AIRE erano 128.380. A questi bisogna sommare i 40 mila registrati presso il Consolato di Arona. Ha poi informato che solo a gennaio i nuovi iscritti sono stati 1.268.
– I nuovi iscritti – ha assicurato Caldararo – collocano la circoscrizione al sesto posto a livello di rete su 202 uffici consolari. A livello europeo occupiamo il terzo posto, dopo Barcellona e Londra.
È toccato al consigliere del CGIE, Pietro Mariani, e al vicepresidente del Comites, Michele Testoni, intervenire per tornare ad affrontare il tema di stringente attualità per gli italiani che vivono e lavorano in Spagna: la doppia cittadinanza. Mariani e Testoni hanno contribuito alla stesura del volume di Migrantes con un capitolo dedicato alla Spagna. Si tratta del saggio, scritto a quattro mani, dal titolo, appunto, “La doppia cittadinanza: una grande opportunità”.
Mariani spiega che “la cittadinanza è un concetto che va oltre la semplice appartenenza a uno Stato, rappresenta l’identità, i diritti e i doveri che ci legano a una comunità”.
– Essere cittadini – prosegue – significa partecipare attivamente alla costruzione del benessere collettivo, rispettare le leggi e contribuire alla coesione sociale. Oggi in un mondo sempre più globalizzato è fondamentale riconoscere l’importanza della cittadinanza globale: siamo tutti parte di una grande comunità mondiale e abbiamo il dovere di promuovere la solidarietà, la giustizia e l’inclusione.
Spiega che nel contesto attuale “la cittadinanza piena riveste un’importanza cruciale per chi decide di vivere e creare una famiglia in un paese diverso da quello di nascita”. Quindi, “non è solo un riconoscimento formale ma un ponte che facilita l’integrazione sociale e culturale, garantisce stabilità e sicurezza e apre l’accesso ai diritti e ai servizi essenziali”.
Per Mariani, la cittadinanza rappresenta un’opportunità di “crescita personale e familiare, nonché un impegno verso la costruzione di una società più giusta e solidale”.
Dal canto suo, Testoni ha spiegato, in maniera assai succinta, l’importanza della doppia cittadinanza. Questo è uno degli obiettivi che si è prefisso di raggiungere l’attuale Comites di Madrid andando forse anche oltre, come ha ammesso Testoni, alle proprie competenze.
– Non ci stanchiamo di ripetere – ha affermato –, che la cittadinanza è uno strumento di sviluppo di un’identità, di legami affettivi, di sentimenti. Lo è anche di opportunità di sviluppo professionale e di crescita economica.
Sostiene che davanti a processi “di globalizzazione molto complessi” il tema della cittadinanza “debba essere rimarcato e portato avanti in tutti i suoi aspetti e in tutta la sua complessità”. E conclude augurandosi che l’obiettivo possa essere presto raggiunto.
Andrea Lazzari, per concludere la serata, ha sottolineato anch’egli l’importanza della doppia cittadinanza in quanto essenziale per completare il processo d’integrazione nel tessuto sociale del Paese e per permettere alla comunità di contribuire al rafforzamento dei rapporti di amicizia, e non solo, tra i due Paesi.
Redazione Madrid