MADRID – “Anche non permettere che le tragedie che hanno segnato la storia della nostra emigrazione vengano dimenticate fa parte delle responsabilità dei Com.It.Es. (Comitato degli Italiani all’estero)”. Così Andrea Lazzari, spiega l’impegno del Com.It.Es. di Madrid che presiede nel reperire i fondi per la realizzazione del docufilm “Utopia: Viaggi senza ritorno”. Il 19 novembre alle ore 18, nel “Teatro Fernández Rojas” del Circolo di Belle Arti di Madrid ci sarà lo spettacolo “Concerto per Utopia: un viaggio musicale che ti farà diventare parte della storia”. Ogni biglietto acquistato andrà ad arricchire il “crowdfunding” per la realizzazione del docufilm.
– Secondo me – spiega Lazzari – bisogna capire cos’è l’emigrazione, questo fenomeno sociale che è esistito e sempre esisterà. Le persone si spostano da un luogo all’altro. Le motivazioni possono essere tante: le guerre, la fame, le persecuzioni, il lavoro…
E così, la conversazione ci porta a ricordare una tragedia che non tutti conoscono: quella del piroscafo Utopia. Il pomeriggio del 17 ottobre del 1891, il capitano di Utopia, a causa del maltempo, decise di trovare riparo presso il porto di Gibilterra. Dopo una manovra azzardata nella fase di ormeggio, la nave urtò la corazzata inglese HMS Anson, la cui prua era dotata di un rostro lungo sei metri. Il piroscafo affondò in meno di 30 minuti. La stragrande maggioranza dei passeggeri non ebbe il tempo di abbandonare la nave.
Il piroscafo Utopia, partito da Trieste, aveva fatto scalo a Palermo e Napoli prima di iniziare il viaggio verso New York. La tappa a Gibilterra non era prevista. Durante il suo tragitto, prima del naufragio, aveva imbarcato “ufficialmente” 800 persone, compreso l’equipaggio. Ma, come accadeva a quei tempi, era imbarcato anche un numero imprecisato di clandestini. La maggior parte dei passeggeri era formata da emigranti italiani. Gente umile proveniente dalle aree economicamente più depresse del paese. Tutti speravano di riuscire a costruirsi un futuro migliore nella “Merica”. Ed invece… oltre 500 passeggeri morirono. Molti corpi non furono mai trovati.
– Perché è così importante per il Comites di Madrid ricordare questo tragico naufragio?
– Vi morirono oltre 500 italiani – è l’immediata risposta di Lazzari -. Nessuno ne ha parlato. Nessuno ne parla. Essendo il nostro Comites nella Penisola iberica, ci sentiamo in qualche modo coinvolti. Riteniamo che sia un nostro dovere non dimenticare.
Lazzari ricorda che il Comites che presiede, “con il proposito di spiegare agli italiani, sia a quelli già residenti sia a quelli che desiderano trasferirsi in Spagna, come funziona il paese e cosa offre”, ha già realizzato il docufilm “Sotto nuovi cieli”.
– Il docufilm su Utopia avrà lo stesso formato – precisa -. Saranno raccontate le storie degli emigranti che si trovavano a bordo di Utopia attraverso le testimonianze di alcune persone dei comuni dai quali provenivano. Ci saranno anche interviste alle autorità regionali. Per realizzare il docufilm servono le risorse. Il Comites ha chiesto un finanziamento integrativo al Ministero degli Esteri. E ha organizzato un concerto che permetterà, da un lato, di poter realizzare un “crowdfunding” e, dall’altro, di offrire, a chi assisterà, di ascoltare in anteprima le colonne sonore del docufilm e altre musiche. Approfitto per ringraziare il Console generale, Spartaco Caldararo, che ha dato il patrocinio del Consolato generale di Madrid. Invito tutti ad acquistare un biglietto, indipendentemente se poi si assiste o meno al concerto. Si tratta di una donazione. Si può acquistare un biglietto per sé stessi o per regalarlo ad un amico o un’amica.
– La tragedia di Utopia ci porta alle tragedie odierne… Allora si partiva con piroscafi malandati, oggi c’è chi si avventura a bordo delle “carrette della morte”…
– Purtroppo, non è cambiato nulla. Possono variare alcuni aspetti, ma alla fine si muore in mare. Il concetto è questo. Chi emigra è sempre soggetto a grossi rischi. Perché? A mio avviso, per quel che riguarda alcuni paesi, parliamo dell’Europa, fortunatamente si potrebbe affermare che l’emigrazione è controllata e chiaramente voluta. Ma tanti altri… Siamo testimoni in Spagna dell’arrivo di tante “carrette”, come giustamente le chiami, che arrivano alle Isole Canarie o sulle coste dell’Andalusia. Perché? Perché chi emigra dall’Africa è costretto dalle circostanze a impiegare questi sistemi .
– E invece di ospitalità si trova a dover affrontare società ostili…
Lazzari evita di entrare nel dibattito politico e sostiene che molto “è determinato dall’aspetto culturale”. Sostiene che “l’ignoranza, nel senso più amplio della parola, agita la paura e la diffidenza verso il diverso”.
– Se l’Erasmus fosse obbligatorio, se lo fosse conoscere altri paesi e popoli, si capirebbe che ci sono delle linee comuni a tutti noi. Si è diffuso lo stereotipo dell’emigrante delinquente e stupratore; dell’emigrante che viene a togliere lavoro. Nulla di più falso. Non è così. È il riflesso di una carenza culturale e, anche questo va detto, in molti casi di pessima gestione dell’immigrazione. L’immigrante, quello proveniente dall’Africa o dall’America Latina, non può attendere tempi biblici per sapere se può restare o no nel paese. Soprattutto perché nell’attesa, non può lavorare. I sussidi che riceve sono insufficienti per vivere. Ciò provoca reazioni indesiderate, anomale.
Ricorda la solidarietà verso gli ucraini costretti ad emigrare dalla violenza della guerra e l’emigrazione latinoamericana che riesce a supplire la carenza di lavoratori in determinati settori dell’economia.
La nostra intervista sarebbe incompleta se non si affrontasse anche il tema della doppia cittadinanza. È un argomento che sta molto a cuore al Comites di Madrid, che addirittura ha creato una commissione “ad hoc”, così come al nostro Giornale.
– Si suppone che dovremmo essere tutti cittadini europei – commenta Lazzari -. Non essendoci una cittadinanza europea, si deve insistere sugli accordi binazionali. Per quanto riguarda noi italiani in Spagna chiediamo la doppia cittadinanza perché solo così si promuove la vera integrazione. Ci si sente integrati se si hanno tutti i diritti e non solo tutti i doveri.
Sostiene che “l’Italia in realtà non pone alcun veto alla doppia cittadinanza” e commenta che la difficoltà “è la legislazione spagnola che non permettere di acquisire la propria cittadinanza senza perdere quella d’origine”.
– Le nostre autorità stanno lavorando per rimuovere gli ostacoli. La domanda da porsi è: perché la Spagna non ci ha concesso ancora la doppia cittadinanza? Pare che ci sia il timore che una volta concessa la cittadinanza agli italiani possano farne richiesta altre comunità straniere residenti nel Paese. In realtà, concedendo la doppia cittadinanza, cosa cambia? Credo che sia questa la domanda da porsi. La risposta è: nulla. Paghiamo le nostre tasse e già usufruiamo del servizio sociale. Quindi, non diventiamo un carico in più, perché già lo siamo.
Lazzari ritiene che sebbene sia vero che gli italiani in Spagna si calcolano attorno ai 300mila, non tutti hanno interesse nella doppia cittadinanza. E conclude:
– Un’immigrazione sana può essere solo positiva. Uno Stato senza cittadini, alla fine non è Stato. Lo Stato ha necessità di cittadini, di forza lavoro, di cervelli. L’immigrazione è anche una ricchezza culturale.
Redazione Madrid