Svimez: La questione italiana è l’emigrazione dei giovani, non l’immigrazione

Giovani durante una manifestazione con uno striscione con la scritta "Non è un Paese per giovani".
Giovani durante una manifestazione con uno striscione con la scritta "Non è un Paese per giovani".

MADRID. – Negli ultimi anni, il tasso di natalità sempre più basso e un’aspettativa di vita sempre più lunga hanno portato l’Italia tra i paesi più anziani in Europa e nel Mondo; ma le dinamiche naturali hanno avuto impatti territoriali differenziati, colpendo in maniera più rapida e severa il Sud. Anche la componente migratoria interna e internazionale ha contribuito ad ampliare gli squilibri demografici Sud-Nord.

Nelle regioni settentrionali si concentrano prevalentemente le comunità immigrate, contribuendo a ringiovanire una popolazione strutturalmente anziana. Il Mezzogiorno continua a soffrire di un deflusso netto di giovani (1 su 3 laureato) verso il resto del Paese e verso l’estero.

Queste alcune delle considerazioni emerse a Monte Sant’Angelo, in occasione di FestambienteSud, l’evento promosso da Legambiente al quale hanno partecipato il direttore dell’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno Luca Bianchi e la ricercatrice Serenella Caravella.

La Lombardia, ad esempio, registra una variazione netta positiva, intercettando i flussi migratori interni e esteri. Al contrario, la Puglia continua a perdere popolazione che si sposta nelle altre regioni (specialmente al Nord) e all’estero. Stando alle proiezioni ISTAT, al 2042 la Puglia perderà oltre 418mila cittadini (- 11%). 1/3 nei comuni delle aree interne (-100mila) in cui oggi risiede il 22% della popolazione. Le riduzioni maggiori si osservano nelle giovani fasce d’età, con la popolazione che si contrarrà di oltre il 30%, con picchi del 35% nelle aree interne.

Si perde forza lavoro, si va verso una maggiore senilizzazione della società, si smantella progressivamente il sistema di servizi all’infanzia (se presente), si svuota la scuola. Secondo la Svimez, una ripresa della dinamica demografica è conseguibile attraverso un riequilibrio delle condizioni di accesso ai diritti di cittadinanza, investendo in infrastrutture sociali per migliorare qualità dei servizi pubblici nei territori a maggior fabbisogno, a partire dalla scuola e dalla sanità, per migliorare il saldo naturale; attraverso un freno alla fuga delle competenze e creando domanda di lavoro qualificato; attraverso politiche in grado di attrarre migranti con misure di inclusione (servizi, borse di studio, accompagnamento e formazione al lavoro).

I numeri dicono che la questione italiana è l’emigrazione e non l’immigrazione. L’incremento delle disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali è la principale causa del gelo demografico italiano. Infine, per il direttore della Svimez Bianchi, “l’autonomia differenziata determinerà un’ulteriore divaricazione dell’offerta di servizi e di conseguenza un incremento delle emigrazioni (sanitarie, universitarie, lavorative), rafforzando il trend di spopolamento dei territori marginali”.

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