MADRID. – A tempo praticamente scaduto, il Consiglio europeo ha approvato in via definitiva, con il voto contrario dell’Italia, la legge sul ripristino della natura, la cosiddetta Nature restoration Law, che mira a mettere in atto misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050.
La legge stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, da quelli terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani, e mira a mitigare il cambiamento climatico e gli effetti dei disastri naturali. Aiuterà l’UE a rispettare i suoi impegni ambientali internazionali e a ripristinare la natura europea.
Secondo Alain Maron, Ministro della transizione climatica, dell’ambiente, dell’energia e della democrazia partecipativa del governo della regione di Bruxelles, quello di oggi “è il risultato di un duro lavoro, che ha dato i suoi frutti. Non c’è tempo per una pausa nella protezione del nostro ambiente. Oggi il Consiglio dell’UE sceglie di ripristinare la natura in Europa, proteggendo così la sua biodiversità e l’ambiente di vita dei cittadini europei. È nostro dovere rispondere all’urgenza del collasso della biodiversità in Europa, ma anche consentire all’Unione europea di rispettare i suoi impegni internazionali. La delegazione europea potrà presentarsi alla prossima COP a testa alta”.
Il regolamento impone agli Stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare congiuntamente, come obiettivo dell’UE, almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’UE entro il 2030. Il testo copre una serie di ecosistemi terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, comprese le zone umide, le praterie, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ecosistemi marini, comprese le fanerogame marine e i letti di spugne e coralli.
Sugli habitat ritenuti in cattive condizioni gli Stati membri adotteranno misure per ripristinare: almeno il 30% entro il 2030; almeno il 60% entro il 2040; almeno il 90% entro il 2050.
Secondo le nuove regole, gli Stati membri devono pianificare in anticipo e presentare alla Commissione piani nazionali di ripristino, mostrando come raggiungeranno gli obiettivi.
L’Italia è rimasta contraria fino all’ultimo alla legge: una contrarietà, spiegano i senatori leghisti in commissione Ambiente, “in linea con la votazione di un anno fa circa la posizione negoziale del Consiglio Ue: non siamo disposti ad accettare una legge che, con maggiori oneri amministrativi ed economici, andrebbe a penalizzare sensibilmente il nostro settore agricolo. Bene ha fatto il viceministro Gava a ribadire all’Europa la posizione del Paese”.
Confagricoltura conferma la preoccupazione per una legge che “compromette di fatto il potenziale produttivo del settore primario, aumenta le incombenze per gli agricoltori, compromettendo ancora una volta la produttività, quindi la sicurezza degli approvvigionamenti e prezzi equi per i consumatori”. Soddisfatta invece Slow Food secondo cui “la strategia che cerca di contrapporre agricoltura e ambiente è dannosa per tutti”.