MADRID. – “Giorgia Meloni detta Giorgia” guida le liste di Fratelli d’Italia come capolista in tutte e cinque le circoscrizioni della penisola, Elly Schlein è in cima alle liste del Partito democratico nell’Italia centrale e nelle Isole, il segretario nazionale di Forza Italia Antonio Tajani è capolista ovunque tranne che nelle Isole, così come il leader di Azione Carlo Calenda lascia il passo a Elena Bonetti solo nell’Italia nord occidentale, mentre nella lista “Stati Uniti d’Europa” Emma Bonino è capolista nel Nord ovest e Matteo Renzi è candidato in ultima posizione in quattro circoscrizioni.
Tra i leader di partito, invece, hanno scelto di non candidarsi Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Tanti i nomi di rilievo che arrivano da fuori della politica: al centro dell’attenzione del dibattito pubblico, certamente, quelli di Ilaria Salis, la 39enne italiana detenuta in Ungheria, capolista nel Nord ovest di Alleanza Verdi e Sinistra (che schiera anche l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino e l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, fautore dell’accoglienza diffusa ai migranti) e del generale Roberto Vannacci (autore del libro “ll mondo al contrario”) capolista della Lega nell’Italia centrale e nelle Isole. Una candidatura, però, non accolta con entusiasmo da molti esponenti di spicco del Carroccio, come il governatore del Veneto Luca Zaia: “Se voterò Vannacci? Mi sentirei un traditore, come faccio a non votare un veneto?”.
Cecilia Strada (figlia del medico fondatore di Emergency) guida la lista dem nel Nord ovest, la giornalista Lucia Annunziata nel Sud; l’ex calciatrice Carolina Morace quella dei pentastellati nell’Italia centrale, che nel meridione schierano come capolista l’ex presidente Inps Pasquale Tridico. Il quadro, quindi, è completo, ricorsi permettendo: Alternativa popolare di Stefano Bandecchi, ha presentato ricorso dopo essere stata esclusa dalla circoscrizione Centro.
Sulle elezioni europee di giugno, però, incombe le spettro dell’astensione, costantemente crescente di consultazione in consultazione: il tasso di astensionismo alle ultime elezioni europee del 2019 – ricorda il Censis – si è attestato al 49,3% nella media dell’Unione europea, con un picco raggiunto in Slovacchia (75,3%), un valore minimo toccato in Belgio (11,5%) e l’Italia collocata poco sotto la media europea (45,5%).
In Italia la tendenza all’astensionismo elettorale, intensa e prolungata nel tempo, mostra dati più allarmanti alle votazioni europee (il 45,5% di astenuti nel 2019) rispetto alle elezioni politiche (il 36,1% di astenuti nel 2022). L’astensionismo alle europee è aumentato costantemente: dal 14,3% del 1979 al 30,3% nel 1999, fino al 42,8% nel 2014 e al 45,5% del 2019.
D’altra parte, oggi meno della metà dei cittadini europei ha fiducia nelle istituzioni europee. Il dato relativo all’Italia è in linea con la media europea: solo il 49% degli italiani ha fiducia nel Parlamento europeo, il 46% nella Commissione europea. “La ridotta partecipazione elettorale e la scarsa fiducia nelle istituzioni europee si legano al lungo ciclo del declassamento storico e sociale che ha investito l’Europa a partire dal 2008 – rileva il Censis – che si manifesta nel malessere dei perdenti e nella bruciante percezione di aver perso posizioni sul terreno del proprio benessere. E può insidiare gli stessi meccanismi di funzionamento delle democrazie liberali, se a giugno andrà a votare per il rinnovo del Parlamento europeo soltanto la metà circa degli elettori e se meno della metà dei cittadini europei ha fiducia nelle istituzioni comunitarie, nella loro capacità di offrire soluzioni apprezzabili e di fornire risposte efficaci”.