Stretta alla pesca illegale nelle aree interne, business da 3 miliardi

Foto di Bjørnar Kibsgaard da Pixabay

MADRID. – Un freno alla pesca illegale e al bracconaggio ittico nelle acque interne e lagunari, un business da 40mila euro a settimana, attraverso un divieto totale di pesca professionale nelle aree lacustri interne e la regolamentazione più stringente delle modalità di uso e possesso di attrezzatura non riconducibile alla pesca non sportiva.

Sono le novità contenute nel ddl contro il bracconaggio ittico che il Senato ha approvato questa mattina senza voti contrari, anche se con 56 astenuti. Un tema “che potrebbe apparire minore, ma che ha due aspetti fondamentali – spiega in dichiarazione voto Roberto Rosso, senatore di Forza Italia – Quello di ripristinare la legalità, fermando comportamenti di evidente illegalità da parte di chi si arricchisce col bracconaggio ittico, e quello di tenere nella giusta considerazione l’economia di molti territori legati alla vita e all’ambiente dei laghi”.

Secondo Micaela Biancofiore “si scrive la parola fine a reati odiosi come il bracconaggio ittico e si prevede un generale divieto della pesca professionale nei fiumi e nei canali italiani: “tutelare la biodiversità, gli ecosistemi e gli animali – aggiunge – rappresenta un valore assoluto e significa operare per garantire benessere e salute al pianeta e all’uomo. Le acque interne italiane – osserva – sono un ecosistema ricchissimo di biodiversità, una ricchezza che rischia però di sparire molto velocemente. Ed il bracconaggio e i cosiddetti crimini di natura i ‘Wildlife crime’ ed il fenomeno della pesca illegale sempre più dilagante ne sono la causa principale”.

D’accordo anche la Lega secondo cui quello di oggi “è un disegno di legge di buonsenso, condiviso dal mondo dei pescatori sportivi e dai professionisti, che chiedono regole certe e più stringenti nell’esercizio delle attività della pesca”, come spiega Giorgio Maria Bergesio, vicepresidente della commissione Agricoltura: “da diversi anni, molte delle acque interne del territorio nazionale sono interessate dal bracconaggio, il cui pescato, di dubbia tracciabilità e certificazione sanitaria, viene collocato soprattutto in circuiti di lavorazione e consumo nei mercati dell’Est Europa. Era necessario intervenire per ripristinare uno stato di legalità, attraverso l’introduzione di specifiche norme”.

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