Medio Oriente, raid israeliani in case e ospedali a Gaza e in Cisgiordania

Foto di hosny salah da Pixabay

MADRID. – Nuovo raid nella striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano, che stamattina ha bombardato una casa nel quartiere di Sabra, uccidendo almeno 20 persone, mentre in Cisgiordania tre soldati israeliani si sono travestiti da dottori e hanno fatto irruzione nell’ospedale di Ibn Sina, a Jenin, uccidendo tre feriti ricoverati.

Nel frattempo, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) segnala che, da dicembre, il 41% della Striscia di Gaza è stato sottoposto a evacuazione. “I palestinesi stanno mangiando erba e bevendo acqua non potabile”, riporta la CNN descrivendo una carestia che si avvia a diventare “su larga scala”.

La guerra a Gaza continua a essere attenzionata dai leader occidentali, con il segretario di stato Usa Antony Blinken che tornerà per la sesta volta in Israele sabato prossimo e il Regno Unito che, ha fatto sapere il ministro degli Esteri britannico David Cameron, sta valutando la possibilità di riconoscere uno Stato palestinese. 

Da Israele va avanti la linea dura: il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha affermato davanti ai membri della Commissione Affari esteri e Difesa della Knesset che “Dopo che la guerra sarà finita, Hamas non controllerà Gaza. Israele la controllerà militarmente, ma non in senso civile”. 

Mentre proseguono i negoziati per un rilascio degli ostaggi da parte di Hamas (sono ancora più di 100) e una tregua, aumentano le preoccupazioni per un allargamento del conflitto. Oggi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha invitato gli Usa ad astenersi da rappresaglie contro l’Iran. 

“Non accogliamo con favore alcuna azione che porti alla destabilizzazione della situazione nella regione e all’escalation della tensione, soprattutto sullo sfondo del potenziale di conflitto già eccessivo che osserviamo nella regione”, ha affermato. Il riferimento è all’attacco a un avamposto militare statunitense in Giordania, rivendicato dal gruppo filo-iraniano Resistenza islamica in Iraq ma a cui Teheran ha dichiarato la propria estraneità.

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