Europa e Sanità, alla Camera il duello tra Meloni e i leader dell’opposizione

(Ufficio stampa Presidenza del Consiglio)

MADRID. – Duella con Giuseppe Conte sul Patto di Stabilità, con il Movimento 5 Stelle in generale sul reddito di cittadinanza, poi con Elly Schlein sulla sanità. E lancia una stoccata a Stellantis e alla fusione Fca-Psa, una “acquisizione mascherata” da parte del colosso francese. Nel question time di un’ora e mezza alla Camera, Giorgia Meloni tocca moltissimi punti, ma sono gli ‘scontri diretti’ con i leader delle opposizioni i momenti più caldi. 

A scaldare l’ambiente, in apertura, ci pensa Nicola Fratoianni, di Avs, che le chiede conto della posizione italiana nella questione mediorientale: la premier si sbottona un po’, ammettendo di non condividere “la posizione assunta ultimamente da Netanyahu”. Il motivo è che “l’Italia ha sempre ribadito che il popolo palestinese ha diritto a uno stato indipendente: è una soluzione giusta, necessaria e nell’interesse sì dei palestinesi, ma anche di Israele. Ma questo non può essere richiesto unilateralmente: la condizione è il riconoscimento del diritto all’esistenza dello Stato ebraico”.

Un altro titolo Meloni lo dà rispondendo a Matteo Richetti, di Azione, che gli chiede del gruppo Stellantis: “Mi è spesso capitato, nell’indifferenza generale, di criticare alcune operazioni, come lo spostamento della sede legale, la presunta fusione tra Fca-Psa che celava di fatto un’acquisizione: il risultato è che in Francia oggi si produce più che in Italia dove siamo passati da 2 milioni di veicoli nel 2017 a 700mila di oggi, con oltre 7mila posti di lavoro persi”, dice. 

E aggiunge: “Vogliamo difendere l’interesse nazionale e instaurare un rapporto equilibrato con Stellantis per difendere tutto l’indotto dell’automotive, tramite un tavolo di sviluppo permanente, abbiamo previsto incentivi e misure di sostegno per attrarre nuovi investitori. Vogliamo tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno con chi vuole tornare a investire sull’eccellenza italiana”.

Quando poi il Movimento 5 Stelle le chiede conto dell’accordo accettato in Europa sul patto di Stabilità, la presidente del Consiglio si scatena: “Secondo le condizioni in cui ci avevano lasciato i due governi Conte – scandisce con le nuove regole del Patto di Stabilità si passa dall’obbligo di un avanzo di 0,35% a un deficit del 3%, liberando 35 miliardi. Non sono le regole che avremmo scritto, ma era la soluzione migliore possibile. Siamo riusciti a portare a casa un buon compromesso perché abbiamo dimostrato in Europa che la stagione dei soldi buttati al vento era finita”. 

In replica lo stesso Conte allora la definisce “una Re Mida al contrario, che distrugge tutto quello che tocca”: dalle battaglie in Europa alle pensioni, dalla questione migratoria alle privatizzazioni. Che però, spiegherà poi Meloni, “hanno la ratio di rafforzare l’economia italiana”.

Infine, in attesa del possibile faccia a faccia televisivo, il clou con la leader del Pd Elly Schlein, che la accusa di essere “la regina dei tagli e dell’austerità”, soprattutto in Sanità (salvo poi, a margine, attaccarla anche per le critiche riservate alla stampa). 

Meloni ricorda che “il tetto alla spesa per il personale sanitario è stato introdotto nel 2009 (durante il governo Berlusconi con Meloni ministra, sottolinea poi Schlein in replica), questo ha portato al devastante fenomeno dei gettonisti: considero una implicita attestazione di stima il chiedere a noi di risolvere ciò che non avete risolto voi in dieci anni. Il ministro Schillaci ha riscontrato irregolarità incredibile sui gettonisti, siamo intervenuti con un decreto che punta progressivamente ad azzerare questa situazione. E non ci siamo tirati indietro neanche sulla carenza di personale, e sul superamento del tetto di spesa: per noi assicurare il diritto alla salute dei cittadini è una priorità, e lo abbiamo dimostrato portando i fondi al più alto livello di sempre”. 

In ballo, in questo caso, c’è di nuovo la contrapposizione tra livello netto del fondo sanitario, effettivamente il più alto di sempre (il criterio usato dalla maggioranza) e la percentuale della spesa sul Pil, su cui invece insiste l’opposizione e che invece è in calo.

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