Gaza, Onu: “Più vicini a una risoluzione”

(ANSA)

MADRID. – Per il quarto giorno consecutivo è stato rinviato il voto all’Onu in merito alla risoluzione del Consiglio di sicurezza intesa ad aumentare il flusso di forniture umanitarie a Gaza. La risoluzione includerebbe la richiesta di una “sospensione urgente delle ostilità”.

Nemmeno ieri, infatti, a causa di una serie veti incrociati (tra cui, sembra, quello di Mosca che si sarebbe lamentata per “gli emendamenti apportati per compiacere gli Stati Uniti”), si è riusciti a giungere al voto. La giornata odierna dovrebbe però essere quella giusta in quanto l’ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, ha reso noto che gli Stati Uniti e gli stati arabi hanno presentato una versione modificata della risoluzione che Washington “potrebbe sostenere”.

“Siamo pronti a votare la risoluzione che porterà assistenza umanitaria a chi ne ha bisogno”, ha affermato Thomas-Greenfield. “Sosterrà la priorità accordata all’Egitto nel garantire la messa in atto di un meccanismo sul campo in grado di sostenere l’assistenza umanitaria, e siamo pronti ad andare avanti”. Tra gli ostacoli alla stesura di un testo in grado di ricevere un approvazione “larga”, quello che Usa e Israele si oppongono al cessate il fuoco nella Striscia, in quanto argomentano che ciò andrebbe a vantaggio solo di Hamas.

A differenza di Tel Aviv, Washington però sostiene invece la necessità di “una pausa” nei combattimenti per proteggere i civili e liberare gli ostaggi. Dunque, il progetto di risoluzione avrebbe adottato adesso un linguaggio “smussato” per chiedere al Consiglio una serie di “misure urgenti per consentire immediatamente un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli, e anche per creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità”.

Intanto, i funzionari sanitari nella Striscia di Gaza affermano che più di 20mila palestinesi sarebbero stati uccisi dallo scoppio delle ostilità lo scorso 7 ottobre. Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha reso noto questa mattina il suo ultimo bilancio che parla di 20.057 morti accertate di civili in seguito alle azioni militari di Tsahal.

Circa due terzi dei morti sarebbero donne o minorenni. Sull’altro lato del fronte, nella serata di ieri il primo ministro israeliano ha incontrato le famiglie dei soldati morti in combattimento nel quartier generale militare di Kirya a Tel Aviv.

Netanyahu ha assicurato che Israele non porrà fine alla guerra “fino a quando tutti i suoi obiettivi non saranno stati raggiunti, vale a dire la vittoria”, come ha riferito in una nota l’ufficio del primo ministro. “Non ci sarà una seconda azione nella Striscia” ha affermato, sottolineando in questo modo l’intenzione di chiudere nella fase attuale i conti con Hamas.

“C’è un consenso nazionale che unisce le persone: abbiamo bisogno di una vittoria”, ha detto Netanyahu, aggiungendo che “questa è una guerra difficile e brutale, e voi sapete quanto sia brutale. Faremo di tutto per preservare la vita dei soldati”.

Bombe ultra-pesanti

Nel primo mese di guerra a Gaza, Israele ha sganciato centinaia di “enormi bombe”, molte delle quali in grado di uccidere o ferire persone a più di 300 metri di distanza. Lo rivela l’analisi condotta dalla CNN e dalla società di intelligenza artificiale Synthetaic.

Analizzando le immagini satellitari, lo studio rivela infatti che in quei primi giorni di guerra si sono prodotti più di 500 crateri da impatto di oltre 12 metri di diametro, coerenti con quelli lasciati dalle bombe da 2.000 libbre (900 chili). Sono quattro volte più pesanti delle bombe più grandi che gli Stati Uniti hanno sganciato sull’Isis a Mosul, in Iraq, durante la guerra contro il gruppo estremista locale.

Gli esperti attribuiscono dunque “l’aumento del numero delle vittime all’uso estensivo di munizioni pesanti come la bomba da 2.000 libbre. La popolazione di Gaza è abitativamente molto più densa che in qualsiasi altro posto sulla terra, quindi l’uso di munizioni così pesanti ha un effetto profondo”.

Inoltre, si legge ancora nello studio, “l’uso di bombe da 2.000 libbre in un’area densamente popolata come Gaza significa che ci vorranno decenni prima che le comunità si riprendano”, ha affermato John Chappell, difensore e membro legale di CIVIC, un gruppo con sede a Washington che si occupa dello studio della minimizzazione dei danni ai civili nei conflitti.

(Redazione/9colonne)

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