Argentina, si avvicina la resa dei conti fra Massa e Milei

Presidenziali in Argentina: Sergio Massa e Javier Milei al ballottaggio.

ROMA. – Si avvicina la resa dei conti fra Sergio Massa e Javier Milei con i sondaggi che danno i due candidati alla presidenza argentina praticamente alla pari, con il secondo in lieve vantaggio: due punti percentuali che rimangono però all’interno del margine di errore, senza contare che le rilevazioni relative al primo turno hanno finito col rivelarsi sbagliate.

Non che quella del 19 novembre sia una scelta facile per gli elettori: al di là delle ideologie, nel contesto di una situazione economica che definire preoccupante è un eufemismo si affrontano proprio il ministro dell’Economia uscente – il cui governo difficilmente può esimersi dall’assumersi una qualche responsabilità in materia – e un anarco-liberista le cui ricette di privatizzazioni estreme e di dollarizzazione, ammesso che funzionino, rischiano di provocare un terremoto sociale.

Altra incognita è la distribuzione del voto: Milei, che guida una formazione eterogenea di cui fa parte anche l’ultradestra, ha incassato il sostegno della destra tradizionale, uscita sonoramente sconfitta dal primo turno; ma questa a sua volta era rappresentata da una coalizione niente affatto unanime nel suo supporto alle ricette economiche del candidato ultraliberista

Il 23% delle preferenze conquistato da Patricia Bullrich quindi difficilmente si riverserà interamente su Milei; quanto a Massa, potrebbe beneficiare di una parte di questo elettorato ma anche di un tesoretto di circa 8 punti percentuali di altri candidati minori peronisti. A decidere la questione potrebbe essere l’affluenza, che (pur essendo fra le più basse dal 1983 ad oggi) nel primo turno è risultata di otto punti superiore rispetto alle primarie della scorsa estate.

Massa infatti ha dalla sua parte il principale serbatoio elettorale del paese: i grandi centri urbani, la cui mobilitazione potrebbe bastare per concedergli il vantaggio decisivo; al primo turno il candidato governativo si era imposto in tredici provincie, che rappresentano il 65% della popolazione, e nella capitale aveva raccolto più voti di Mieli e Bullrich messi insieme.

Milei conta viceversa sulla convinzione di una buona parte dell’elettorato che il peronismo, almeno come ricetta economica per il Paese, sia un modello ormai esaurito, e che le sue ricette possano rivelarsi accettabili se non altro perché del tutto inedite: in sostanza, si presenta come alternativa a una politica che nei risultati si è rivelata fallimentare.

Il suo è quindi un voto “contro” il peronismo nella sua versione kirchnerista, più che un sostegno convinto: prova ne sia l’eterogeneità del suo movimento, La Libertad Avanza, che raccoglie elementi che vanno dall’ultradestra ai liberisti più o meno moderati, con una notevole rappresentanza del voto giovanile.

Un discorso simile vale peraltro anche per Massa: è probabile che la maggior parte del suo sostegno derivi dal timore di vedere al potere non la destra moderata dell’ex presidente Mauricio Macrì (peraltro, ugualmente fallimentare dal punto di vista economico) ma quella nostalgica della dittatura militare.

E in effetti, va notato che per applicare le politiche economiche di Milei – o quanto meno per gestirne gli effetto sociali – sarebbe necessario un governo dagli accenti ben più autoritari rispetto a quelli che lo hanno preceduto. Milei da parte sua ha cercato di assumere un atteggiamento più moderato, ma l’ultimo testa a testa televisivo con Macrì, qualche giorno fa, lo ha visto uscire nettamente perdente.

Di fatto, Milei basa la sua campagna sul proprio carisma personale, o per meglio dire sul suo essere un personaggio totalmente fuori dagli schemi, anti-casta e antisistema. Economista, ex animatore di talk-show e manager di una grande corporation argentina, a detta dei suoi biografi Milei nel privato è un uomo solitario, si affida all’astrologia (non sarebbe il primo capo di stato a farlo, peraltro) e crede che i suoi cani abbiano poteri psicologici.

Soprattutto, la Corporación America in cui lavorava lo aveva inserito nel circuito mediatico e finanziato la sua attività politica perché rappresentasse i propri interessi, legati in massima parte agli appalti pubblici: ma Milei è un convinto assertore delle privatizzazioni e una sua elezione rappresenterebbe un disastro per i suoi iniziali mecenati.

Non è quindi un caso che il sostegno di Bullrich e dell’ex presidente Macrí – che difficilmente rinuncerebbero in cambio a un ruolo di governo – faccia presagire un tentativo della “casta” di influenzarne le future politiche in un’ottica decisamente più ortodossa: una strategia che costerebbe a Milei una parte dei voti della sua base ma potrebbe attirargli quelli della destra più moderata.

Quanto a Massa, durante la campagna ha confermato la bontà della sua gestione – alla quale non molti credono – riversando la colpa delle difficoltà economiche sul governo precedente: ha sostanzialmente difeso una politica continuista, con qualche aggiustamento come la creazione di un fondo speciale per rimborsare la Banca Mondiale perché “se ne vada una buona volta dall’Argentina“. Un obbiettivo che non sarà facile da raggiungere per nessuno dei due candidati.

(Mgi /askanews)

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