Lampedusa, dieci anni fa il peggior naufragio

Le croci realizzate con il legno dei barconi dei migranti dal falegname e consigliere comunale lampedusano Franco Tuccio, 10 ottobre 2013. Centocinquanta croci sono state commissionate dalla diocesi di Milano in occasione del rito cristiano e musulmano il 2 novembre per commemorare le vittime del naufragio del 3 ottobre. ANSA / CORRADO LANNINO

MADRID. – Mentre infuria la polemica sull’immigrazione, sia a livello nazionale che europeo, quest’oggi si ricorda il naufragio del 3 ottobre 2013, avvenuto a poche miglia dall’isola di Lampedusa, da sempre al centro delle rotte dei migranti. L’inabissamento provocò 368 morti accertati, una ventina di naufraghi furono dichiarati dispersi, mentre furono salvate altre 115 persone, tra cui una quarantina di minori.

L’imbarcazione affondata era un peschereccio libico di circa 20 metri partito dal porto di Misurata con a bordo centinaia di migranti, in gran parte provenienti dall’Eritrea e dall’Etiopia. Il naufragio di Lampedusa viene classificato come una delle maggiori catastrofi navali avvenute nel Mar Mediterraneo dall’inizio del secolo.

La causa del naufragio fu il blocco dei motori dell’imbarcazione a meno di un miglio dalle coste dell’isola; a quel punto un membro dell’equipaggio incendiò uno straccio provocando fumo che spaventò le centinaia di migranti. Lo spostamento dei passeggeri a bordo dell’imbarcazione provocò il ribaltamento del peschereccio che, dopo essere ruotato tre volte su se stesso, colò a picco. I soccorsi, su cui nel corso degli anni non mancarono le polemiche, si attivarono verso le 7 del mattino del 3 ottobre.

Le operazioni di recupero durarono giorni, fino all’12 ottobre. Per il naufragio furono condannati nel 2015 Khaled Ben-salam, tunisino, comandante dell’imbarcazione, a 18 anni di carcere per omicidio colposo multiplo e, sempre nel 2015, il somalo Mouhamud Elmi Muhidin a 30 anni di carcere con l’accusa di essere uno dei trafficanti che organizzarono il viaggio.

Dal 2016 il 3 ottobre è diventato la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, in virtù della legge 45/2016. La ricorrenza è stata istituita per ricordare e commemorare tutte le vittime dell’immigrazione e promuovere iniziative di sensibilizzazione e solidarietà. La Fondazione Ismu, in occasione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, ricorda che dal 2014 sono più di 28mila i migranti morti e dispersi nelle acque del Mar Mediterraneo.

Il viaggio verso l’Italia si conferma il più pericoloso sulla rotta mediterranea: è qui che si registra da sempre il più elevato numero di morti e dispersi, pari a 2.093 dal 1° gennaio al 20 settembre 2023 su un totale di 2.356 avvenuti complessivamente sulle tre rotte mediterranee, la centrale verso l’Italia, l’orientale che porta in Grecia e quella occidentale verso la Spagna. 

Nell’ultimo decennio gli eventi fatali avvenuti durante la traversata del Mediterraneo Centrale verso l’Italia rappresentano mediamente il 76% del totale eventi accaduti su tutte e tre le rotte del Mediterraneo, con proporzioni particolarmente elevate negli anni 2014 (95%), e negli anni 2016 e 2017 (90%); e anche il 2023, non ancora concluso, registra quasi il 90% degli eventi fatali nel Mediterraneo Centrale.

La Sicilia, a quasi dieci anni da quella tragedia, è ancora il principale approdo dei migranti che fuggono verso l’Europa e l’isola continua a registrare numerosi e continui arrivi: al 29 settembre degli oltre 133 mila migranti arrivati via mare, l’85% è approdato in Sicilia. In Italia gli sbarchi stanno registrando negli ultimi tre anni notevoli aumenti: dai 34mila migranti giunti via mare nel 2020 si è passati ai 67mila del 2021, e durante il 2022 il numero di arrivi è tornato a sei cifre, superando le 105mila unità.

Ma è il 2023 in corso a segnare un altro aumento importante, considerando che, ad anno non ancora concluso, si registra la cifra di oltre 133mila persone sbarcate, l’87% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.  

(Redazione/9colonne)

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