Negata la fiducia a Núñez Feijóo, è il turno di Sánchez

Il re Felipe VI e il premier Pedro Sánchez

MADRID – 172 voti a favore, 177 contro e un voto nullo. Negata definitivamente la fiducia al conservatore Alberto Núñez Feijóo, è iniziato il conto alla rovescia per candidatura del socialista Pedro Sánchez. La prossima settimana, il re affiderà probabilmente a lui l’incarico di formare un governo.

Che la Camera bocciasse anche in seconda votazione la candidatura del presidente del Partito Popolare era dato per scontato, come lo era anche, fin dal momento in cui gli era stato affidato l’incarico, che non sarebbe mai riuscito ad andare oltre i 172 voti, pochi per ottenere la fiducia. La prova, comunque, ha permesso a Núñez Feijóo di confermare la leadership nel partito almeno fino alle europee del 2024. Non é cosa da poco conto, visto quanto accaduto a Pablo Casado che lo ha preceduto alla presidenza dei “popolari”.

Chiuso un capitolo, quindi, la politica spagnola comincia a scriverne un altro che, nel migliore dei casi, concluderà con un nuovo governo socialista e, nel peggiore, con la ripetizione delle elezioni il 14 gennaio del prossimo anno.

Il re Felipe VI aprirà il giro di consultazione il 2 ottobre, con i portavoce parlamentari dei partiti minoritari. Lo concluderà il giorno seguente incontrando prima Pedro Sánchez, premier “interino” e segretario generale del Psoe,  e poi il conservatore Alberto Núñez Feijóo, presidente del partito più votato il 23 luglio scorso. Per decisione propria, non risponderanno all’invito del re, come già accaduto in passato, i rappresentanti di Junts, Erc, Eh Bildu e BNG.

I partiti indipendentisti, anche se con un numero di parlamentari relativamente ridotto, non sono dei semplici gregari. I loro voti saranno indispensabili per il successo della candidatura di Sánchez. Senza, come accaduto con Núñez Feijóo, non otterrà la fiducia.

È opinione diffusa che il cammino di Sánchez verso La Moncloa sia tutto in salita. E a renderlo ancora più complicato è il recentissimo accordo raggiunto da Junts ed Erc. Il patto, avallato dal “Parlament” catalano, “obbliga” i due partiti indipendentisti a non votare il candidato socialista se questi non s’impegna prima a creare le condizioni per un referendum secessionista. L’accordo è stato immediatamente censurato dal Partito Socialista Catalano e non solo. Salvador Illa, leader del PSC esigeva “responsabilità” nella gestione della politica catalana. Altrettanto faceva Yolanda Díaz, vicepresidente ed esponente di spicco di Sumar. Dal canto suo, Gabriel Rufián, deputato di Erc, si sforzava ad allontanare lo spettro di una ripetizione elettorale dai risultati imprevedibili.

Sánchez, prima dell’accordo raggiunto da Junts ed Erc, sperava di ottenere i voti necessari per la fiducia prima di novembre. Ora non più. Il patto degli indipendentisti spariglia le carte in tavola. Anche così, politologi e fonti del Psoe, ritengono che né Junts né Erc sono disposti a forzare una ripetizione elettorale. Il costo di una tale strategia potrebbe risultare troppo elevato. Nessuno, infatti, può escludere il trionfo della destra in nuove ipotetiche elezioni. D’altronde, in quelle del 23 luglio la coalizione Partito Popolare – Vox ha sfiorato la maggioranza assoluta. Da qui la convinzione in seno al Psoe che poi, alla fine, Sánchez riuscirà a rieditare un governo di sinistra.

A rendere i negoziati più complessi è anche la prossimità delle elezioni regionali nella Catalogna, dove Junts ed Erc si disputano la leadership dell’indipendentismo; e nel Paese Basco, dove Eh Bildu insidia la  tradizionale egemonia del conservatore Partito Nazionalista Basco.

Questa, nel fondo, è la ragione principale per la quale Junts ed Erc hanno alzato l’asticella delle loro esigenze: soddisfare le pretese indipendentiste di una parte dei catalani.

I socialisti sono stati molto chiari nel segnalare i limiti oltre i quali non sono disposti ad andare: possono discutere, come hanno cominciato a fare con molta discrezione dal giorno dopo le elezioni del 23 luglio, la possibile approvazione di una Legge d’amnistia o provvedimenti simili, ma non transigere su un referendum secessionista.

Redazione Madrid 

Lascia un commento