Migranti, Landini: “Chiudere aeroporti e non porti. Troppi giovani in fuga”

Ragazza con un cartellone "Non è paese per i giovani"
Generazione in fuga. Ragazza con un cartellone "Non è paese per i giovani"

ROMA.  – “Lo dico specialmente al governo: in un paese che sta invecchiando il problema non è chiudere i porti ma gli aeroporti, per arrestare le fughe dei nostri giovani dall’Italia”. Ha usato l’ironia, il segretario generale della Cigl, Maurizio Landini che ha preso parte ad un incontro (applauditissimo) alla Comunità di Sant’Egidio a Roma, dal titolo: “L`Italia ripudia la guerra”.

“Vorrei smentire – ha detto Landini – la vulgata secondo la quale siamo in un mondo e in una paese invaso da chi scappa da guerre e disuguaglianze. Al di là del fatto che molti non vogliono restare in Italia come paese dove stabilirsi, – ha aggiunto – mi pare che questo seminare paura viene utilizzato per non affrontare l’altro tema che è quello che abbiamo sempre più giovani italiani che vanno all’estero per vivere in maniera migliore. Giovani che poi non tornano e che portano la loro riconosciuta creatività in altri paesi, dove spesso assumono anche ruoli di primo piano”.

Dopo aver toccato il tema dei migranti, Landini nel suo intervento ha poi aggiunto che “anche la violenza che si sta sviluppando in questi anni è l’altra faccia ed il prodotto di chi è indotto ad avere paura di differenze e diversità”.

Rispondendo al leader della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi che dal palco del convegno, aveva parlato, su molte questioni, di una “sintonia” con il sindacato, Landini ha aggiunto: “Penso che questa sintonia deve proseguire sui territori e vicino alle persone. Una sintonia che non passa solo per i pericoli come la guerra che stiamo vivendo, ma nata perché abbiamo a cuore la convinzione comune che solo le persone e la partecipazione possono cambiare questa situazione. Una sintonia che va rafforzata, quindi, – ha aggiunto Landini – con azioni concrete davanti ad una cultura che ha portato alla guerra e che si fonda anche su una cultura fatta crescere in questi anni, fatta di sfruttamento delle persone, basata sulla competizione tra lavoratori, con l’aumento della precarietà e dello sfruttamento”.

(Gci/askanews)

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