Ecuador, presidenziali: Luisa González e Daniel Noboa andranno al secondo turno

Luisa González durante la campagna elettorale in Ecuador.

MILANO. – Quito ferma le trivelle in Amazzonia, ma dovrà aspettare metà ottobre per saper chi sarà il presidente ecuadoriano. I candidati alla massima carica dell’Ecuador Luisa Gonzalez e Daniel Noboa andranno al secondo turno, il 15 ottobre 2023.

Lo riporta il sito del quotidiano locale El Telegrafo. Con il 33,17%, il candidato González era al primo posto. Mentre Noboa ha ottenuto il 24,12%. Questo, con il 62,33% dei voti a conteggio. Questi risultati segnano una tendenza, ha affermato la presidente del Consiglio elettorale nazionale, Diana Atamaint.

Se vincerà González, la candidata del movimento Revolución Ciudadana, lista 5, sarà la prima donna eletta alle urne come primo presidente. Ma se toccherà a Daniel Noboa, rappresentante dell’alleanza ADN, sarà il presidente più giovane nella storia del Paese.

Va detto che la campagna elettorale presidenziale si è svolta in un contesto di spargimento di sangue, traffico di droga e stanchezza degli elettori. Agustin Intriago, Fernando Villavicencio, Pedro Briones sono tre importanti politici assassinati in tre settimane in Ecuador.

Il profilo più alto tra loro era il candidato presidenziale e sostenitore della lotta alla corruzione Villavicencio, ucciso a colpi di arma da fuoco in pieno giorno mentre lasciava un comizio pochi giorni fa e che era secondo nei sondaggi prima del suo omicidio: era stato sostituito all’ultimo minuto da un collega giornalista, Christian Zurita, che però non è riuscito a raccogliere abbastanza voti in base ai risultati preliminari.

Gli ecuadoriani si sono recati alle urne per decidere non solo tra otto candidati alla presidenza, ma anche votare su un quesito referendario senza precedenti che potrebbe stabilire le sorti dell’Amazzonia e un nuovo corso per la nazione dipendente dal petrolio.

Gli ecuadoriani hanno dato il loro sì per fermare definitivamente lo sfruttamento del petrolio del blocco ITT (all’interno del parco Yasuní). Questo nonostante gli allarmi di istituzioni come Petroecuador e la Banca Centrale dell’Ecuador (BCE), che hanno presentato studi che stabiliscono che lo Stato perderà tra i 14 e gli oltre 16 miliardi di dollari di entrate nei prossimi 20 anni, riporta il quotidiano della sera La Hora.

Lo Stato e il governo avranno un termine di un anno, secondo la sentenza della Corte costituzionale, per chiudere tutti i pozzi del cosiddetto blocco 43, che si trova in un parco nazionale amazzonico e in una delle sacche di biodiversità più ricche al mondo. La più grande area protetta dell’Ecuador ospita anche il popolo Waorani e le ultime comunità indigene del paese in isolamento volontario, i Tagaeri e i Taromenani.

Il quesito referendario chiedeva agli elettori se consentire l’estrazione mineraria nel Chocó Andino, una vasta area di terra vicino alla capitale.

(Cgi/askanews)

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