Ministro Lollobrigida: “La cucina italiana è un patrimonio dell’umanità”

MADRID – “Ci saranno tante iniziative. Insieme al presidente dell’Ice, Matteo Zoppas, stiamo girando il mondo per promuovere la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco. Chiedo, a tutti coloro che possono, di aiutarci; chiedo soprattutto ai ristoratori di collaborare con questa campagna. Amo la cucina italiana e me ne sento rappresentante. Abbiamo lanciato la candidatura al Gotham Hall di New York durante il Summer Fancy Food. È questa la più grande manifestazione del settore gastronomico negli Stati Uniti”. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, è in Spagna non solo per partecipare alla riunione informale dei ministri della pesca dell’Unione Europea ma, soprattutto, per promuovere la cucina italiana, che ritiene un patrimonio dell’umanità. Lo fa nel corso di una cena offerta, nella sua residenza, dall’Ambasciatore Giuseppe Buccino e in presenza del  gotha della ristorazione italiana in Spagna. L’occasione è propizia per un incontro con la stampa.

Ai giornalisti ha ricordato come l’Amerigo Vespucci, partita dal Molo Vecchio del Porto di Genova per l’ennesima crociera attorno al mondo, sia diventata l’ambasciatore dell’eccellenza culinaria italiana. La storica nave-scuola della marina italiana, che raggiungerà le Isole Canarie, ovunque approderà nel corso del suo viaggio (31 porti, 29 Paesi e 5 continenti), allestirà un “villaggio Italia” per presentare i prodotti del Belpaese. A bordo, consegnato dal ministro Lollobrigida, il logo della candidatura Unesco della cucina italiana. Un’opportunità unica, quindi, per promuovere  nel mondo l’eccellenza del nostro cibo.

Il Ministro Lollobrigida con il “gotha” della ristorazione italiana a Madrid

– In che modo possono contribuire le comunità italiane all’estero alla proiezione della cucina italiana? Come discernere la vera cucina italiana da quella che, in realtà, non lo è; come distinguere il ristorante che offre prodotti italiani genuini da altri che si avvalgono di surrogati nella preparazione dei loro piatti?

Alla domanda della “Voce” ha risposto:

– Non esiste una classificazione perfetta di quelli che sono i ristoratori italiani. Devo dire che noi cerchiamo di individuare, anche grazie agli esperti e alle nostre presenze diplomatiche, quelli che sono i ristoratori più credibili; quelli che possono raccontare meglio non solo i piatti, ma tutto ciò che significano, tutto ciò che accompagna le nostre ricette. La cucina italiana è storia, personaggi, monumenti e cibo. È produzione e trasformazione. E questo aiuta a sentirsi protagonisti. La comunità italiana che è all’estero, che conosce i difetti della nazione dalla quale proviene, deve essere sempre consapevole di quanti pregi abbiamo e di ciò che rappresentiamo agli occhi del resto del mondo. Credo sia ora di dare la possibilità a tutti coloro che sono fuori dai nostri confini, e cioè nella gran parte del mondo, di avere tanti elementi che si ricongiungano al nostro lungo, millenario percorso di storia affinché possano esserne orgogliosi. Negli Stati Uniti, parlando con l’ambasciatore, sono rimasto colpito da una cosa: in passato gli italiani cambiavano cognome. Si vergognavano della loro provenienza.

L’Ambasciatore Giuseppe Buccino

– Certamente negli Stati Uniti ma in America Latina sono sempre stati orgogliosi delle proprie radici…

– Certo, negli Stati Uniti – ammette -. In America Latina c’è una comunità molto orgogliosa delle sue origini. Si tratta di riappropriarsi della consapevolezza di quella che è la nostra storia. Chi ha frequentato le scuole elementari in Italia, ricorderà la cartina geografica dietro la cattedra della maestra. Sicuramente in quel momento pensava di abitare in una grandissima nazione. Alle scuole medie, nel contesto europeo, l’Italia sarà sembrata più piccola ma ancora… Quando poi lo vedi sul planisfero, il nostro Paese è veramente piccolo. Ma abbiamo il 70 per cento del patrimonio mondiale in termini di monumenti, abbiamo una cucina che offre, in termini di dop, di indicazioni geografiche di qualità dei prodotti, il meglio. Il terzo luogo più visitato a New York è un negozio di generi alimentari italiani. Non cito il nome per non fare pubblicità.

L’Italian Sounding

Commenta che la cucina italiana è quella con il maggior numero di ristoranti nel mondo. Ma sottolinea che bisogna fare attenzione e imparare a “distinguere quelli che abusano del termine italiano; quelli che, con l’Italian Sounding, ci arrecano grossi danni”.

– Quindi – aggiunge -,  questa campagna ci permette, attraverso le comunità italiane all’estero, di raccontare la differenza tra un “parmesan” e un Parmigiano Reggiano, tra un Chianti toscano e un Chianti venduto a pochi spiccioli, prodotto con metodi e con uve che nulla hanno a che vedere con la vera provenienza. E poi raccontare anche la diversità.

Ci dice come a Barcellona si sia divertito ad abbinare al pesce, nell’ultima fiera di prodotti ittici, altri prodotti.

– C’era un importante amministratore di una cantina spagnola che ho invitato – prosegue -. Ci hanno presentato più portate, piccole e variate. E per ognuna di esse c’era l’abbinamento dell’olio. Scherzando ho detto alla quinta portata: “voi vi fermate. Noi invece possiamo continuare a lungo perché in Italia abbiamo tanti tipi di oli. Non discuto la pregevolezza di quelli che ci sono in Spagna ma la diversità italiana è unica. Sono certo che questi elementi possano essere raccontati meglio dagli italiani all’estero, se verranno coinvolti in una campagna di questa natura. Così, diventeranno i migliori ambasciatori del nostro sistema produttivo.

– L’agricoltura, in Italia, ha bisogno di mano d’opera. Come conciliare l’arrivo di immigrati stranieri extracomunitari con la necessità del settore? Ci sono strategie per assorbire questa manodopera che potrebbe essere vitale per lo sviluppo agricolo?

– Sono a favore della possibilità di emigrare e di immigrare, ci mancherebbe altro! È un fatto naturale. Il nostro è il primo governo che pianifica attraverso il “decreto flussi”, su base triennale, l’ingresso legale di immigrati. Il primo nemico dell’immigrazione legale è quella illegale. Se entri in una nazione legalmente, per lavorare, devi essere accolto e integrato. O essere messo in condizione di acquisire capacità, conoscenze, per poter tornare eventualmente nel tuo paese e aiutarlo a crescere. Su questo stiamo lavorando anche con accordi bilaterali e multilaterali con altre nazioni. Abbiamo una forte immigrazione illegale – aggiunge – e non avevamo una pianificazione dei flussi, seppur prevista dalla legge. Mi sono trovato quest’anno, insieme ai miei colleghi, a dover votare l’approvazione del piano flussi. Era il 26 novembre del 2022. Quando ho chiesto se quello fosse il piano  per il 2023 mi hanno risposto di no. Era il piano 2022.

Spiega che in realtà si trattava di una “sanatoria e non di una previsione”. Sostiene che con l’approvazione del documento, “non solo quest’anno i flussi permetteranno di avere 120mila immigrati legali, ma consentiranno di averne quasi 500mila nei prossimi tre anni.

– E l’emigrazione illegale proveniente da paesi teatri di guerra?

È categorico nel segnalare che, in questo caso, si tratta di rifugiati e nel sostenere che “chi scappa dalle guerre o dalle persecuzioni deve avere ospitalità senza se e senza ma”.

– Quando si trattò di appoggiare il governo Draghi sulla reazione delle nazioni libere all’aggressione russa, fummo i primi a dire che noi eravamo con il governo e non avremmo mai approfittato di una condizione di crisi internazionale per trarne vantaggio. Come ricorderete, l’opinione pubblica non era particolarmente entusiasta di quel posizionamento. Nell’ambito del documento che emerse, i primi a chiedere che venisse liberalizzato l’ingresso di tutti gli ucraini in Italia fummo noi, inserendo esattamente quella dicitura. Chi scappa dalle guerre o dalle persecuzioni deve ricevere ospitalità. Però, quella non può diventare una scusa. Credo nella legalità. Esistono delle leggi?  Vanno rispettate. C’è il diritto d’asilo ma anche il diritto a evitare che ci sia un’immigrazione incontrollata che mina la possibilità di garantire un’immigrazione legale.

M.B.

 

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