Il 34% dei detenuti entra in carcere per detenzione di droga

Il carcere di Bollate, Milano
Il carcere di Bollate, Milano, 26 maggio 2020. ANSA/MATTEO CORNER

ROMA. – Oltre un quarto dei detenuti entra nelle carceri italiane per detenzione di sostanze stupefacenti. E più in generale, il 34% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe, quasi il doppio della media europea del 18%. Dati che, sommati a quello secondo cui oltre il 40% di chi entra in carcere usa droghe, un record negli ultimi 17 anni, portano alla conclusione che “senza detenuti per l’articolo 73 del testo unico per gli stupefacenti, tossicodipendenti non si avrebbe sovraffollamento nelle carceri”.

Sono i dati e le conclusioni a cui giunge il Libro Bianco sulle Droghe, giunto alla 14esima edizione e presentato alla Camera in occasione della giornata internazionale contro l’abuso di droga e il traffico illecito. “Dopo 32 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, i devastanti effetti penali (dell’art. 73 in particolare) sono sotto gli occhi di tutti – spiegano i presentatori del libro bianco, promosso da una serie di associazioni tra cui Forum Droghe, Antigone, associazione Luca Coscioni, Arci, Cgil, Lila, Legacoopsociali – La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri”.

I dati

Sui 56.196 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2022 ben 12.147 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico. Altri 6.126 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 1.010 esclusivamente per l’art. 74. Si tratta del 34,3% del totale.

Sostanzialmente il doppio della media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%), spiega il Libro Bianco secondo cui “diventano catastrofici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: lo sono il 40,7% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31 dicembre 2022 erano presenti nelle carceri italiane 16.845 detenuti “certificati”, il 30% del totale (+10% sul 2021).

Questa presenza record (dal 2006 ad oggi) è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”, che dopo i due anni di pandemia ha ripreso ad aumentare (+18,4% rispetto al 2021)”. Dati che, secondo Riccardo Magi di PiùEuropa, confermano che “questo è un documento che andrebbe letto congiuntamente alla relazione del garante per le persone private della libertà: se vi fosse un altro approccio a questo fenomeno sociale, sarebbe di fatto risolto il problema del sovraffollamento”.

(Redazione/9colonne)

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