Primo ok al decreto Lavoro, ma per le opposizioni resta “decreto precariato”

Operaio al lavoro in un'industria tessile.
Operaio al lavoro in un'industria tessile.

ROMA. – Primo ok del Senato al decreto Lavoro, varato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio, e recante “misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”. Con 96 voti favorevoli, 55 contrari e 10 astenuti, la maggioranza porta a casa un testo che di fatto segna la definitiva parola fine al reddito di cittadinanza e istituisce al suo posto, a partire dal 2024, l’assegno di inclusione, che spetta a nuclei familiari in cui vi sia almeno un soggetto minorenne o avente almeno sessanta anni di età o disabile.

Rispetto al testo del decreto pubblicato in Gazzetta, la Commissione ha ampliato la platea dei beneficiari, modificando il parametro di equivalenza e introducendo la valutazione multidimensionale delle condizioni del nucleo familiare da parte dei servizi sociali. Il provvedimento istituisce, inoltre, il supporto per la formazione e il lavoro e prevede percorsi di inclusione personalizzati.

La seconda parte del decreto in via di conversione prevede interventi di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro, di tutela contro gli infortuni e di aggiornamento dei controlli ispettivi. Sono previsti poi interventi in materia di politiche sociali e lavoro (fra le quali il bonus trasporto per gli studenti impegnati in attività di formazione, l’aumento dell’assegno unico e universale per i figli a carico, la modifica della disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato nel settore privato, la disciplina dei contratti di espansione e degli obblighi di informazione dei datori di lavoro, gli incentivi all’occupazione giovanile, anche nel terzo settore, gli incentivi per il lavoro di persone con disabilità).

Il cuneo fiscale

La parte più nota del decreto riguarda però le misure volte a ridurre il cuneo fiscale: i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro lordi annui (pari a 1.923 euro per tredici mensilità) usufruiranno di un taglio di 6 punti dei contributi a proprio carico, quelli con redditi fino a 25mila euro di 7 punti: in entrambi i casi, 4 punti in più rispetto al primo taglio già effettuato a dicembre in legge di bilancio”. Questo intervento è valido però solamente per il 2023.

Di “decreto precariato” parlano le opposizioni e anche i sindacati, in particolare per quanto riguarda la possibilità, data alle aziende, di raddoppiare la durata dei contratti a tempo determinato, dagli attuali 12 a 24 mesi, e la reintroduzione dei cosiddetti voucher.

Secondo Elena Sironi del Movimento 5 Stelle “rivela fondamentalmente l’assurdità di questa maggioranza, che proprio si rifiuta di ascoltare, corre dritta come un treno e si perde dei pezzi importanti lungo la strada. Non ha assolutamente preso in considerazione il problema del precariato, il decreto dignità è stato smantellato” e non considera il salario minimo “che è un dato fondamentale, e quindi con un atteggiamento piuttosto arrogante, sta andando avanti e sta mettendo in difficoltà il mondo del lavoro”.

(Redazione/9colonne)

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