Comites Madrid, un documentario per riscattare dall’oblio la tragedia  dell’Utopia

MADRID – Riscattare dall’oblio la tragedia del piroscafo “Utopia”, avvenuta nel lontano 1891 nella rada del porto di Gibilterra. È questo l’obiettivo dell’iniziativa lanciata da Pietro Mariani, consigliere del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, e da Andrea Lazzari, presidente del Comites di Madrid. Si tratta della realizzazione di un cortometraggio documentario che narra, in maniera semplice e didattica ma non per questo meno affascinante e interessante, la tragedia vissuta da 813 passeggeri, quasi tutti emigranti italiani, dei quali ufficialmente 540, ma probabilmente molti di più se si tiene conto che nel piroscafo viaggiavano anche tanti non registrati, morirono affogati, spariti tra i violenti flutti di un mare forza 9.

Pietro Mariani, consigliere del CGIE

– Utopia – ci ha raccontato Pietro Mariani – è il nome di un piroscafo inglese che faceva il tragitto da Trieste a New York, portando dal 1884 in poi, emigranti italiani. Li imbarcava nei porti di Trieste, di Napoli, di Genova. Costeggiava la Spagna e arrivava a Gibilterra, dove faceva rifornimento per poi proseguire per New York. Quello di Gibilterra era l’ultimo porto prima di iniziare la traversata atlantica. Il 17 marzo del 1891 – ha proseguito nel suo racconto -, la nave entrava nella rada di Gibilterra con un mare forza 9. Ma lo spazio destinato al piroscafo era occupato da una nave militare che non gli concesse di entrare.

Il piroscafo cercò ad ogni costo uno spazio accanto alla nave militare. Una manovra d’alto rischio ed infatti un errore del capitano portò il piroscafo ad urtare   la nave militare. Si aprì una grossa falla e, in pochi minuti, Utopia affondò.

– Trasportava circa 1000 passeggeri – ha affermato Mariani -; quasi 600 di questi morirono. Erano passeggeri che viaggiavano in terza classe. Insomma, erano alloggiati nelle stive, nella parte bassa della nave. Non potevano andare in coperta e, soprattutto, il piroscafo si inabissò così rapidamente che non ebbero il tempo di arrivarci.

– Come siete venuti a conoscenza di questa storia?

– Quella di Utopia è una storia paradigmatica – ha risposto -. Non è solo la storia dell’emigrazione italiana. Ciò che accadde allora è quel che accade quasi tutti i giorni, oggi, lungo le coste dei paesi mediterranei.

È vero. La tragedia di Cutro, e quella più recente nei pressi della costa greca ne sono esempio. Basta cambiare epoca, dimensioni del piroscafo, magari anche il colore della pelle dei tanti disperati, e possiamo affermare senza ombra di dubbio che la storia si ripete. I corsi e i ricorsi storici, come avrebbe detto Giambattista Vico. Oggi non sono gli emigranti italiani a morire, ma la perdita di vite umane è sempre assurda.

– Come ne siamo venuti a conoscenza… circa quattro, cinque anni fa – ha spiegato -, una ricercatrice e professoressa, Pina Mafodda, scoprì casualmente che nell’ufficio comunale di un paesino, credo dell’Abruzzo, vi erano dei certificati di morte di emigranti che persero la vita a Gibilterra. Chiese al sindaco di cosa si trattava. E il sindaco, sorpreso, le disse che non ne aveva la più pallida idea. Non sapeva chi fossero e perché erano morti  a Gibilterra. Partendo da quel filo, Mafodda scoprì che c’era stata questa tragedia; che le persone morte provenivano da ben 144 comuni e che le vittime erano circa 600. Si pensa che possano essere anche di più. È probabile che a bordo ci fossero persone imbarcate clandestinamente. Quindi, non registrate. La professoressa s’innamora di questa storia.

La domanda che si fa è “come sia possibile che nessuno ne conosca l’esistenza”. E, così, inizia  la sua ricerca.

– Ha visitato i 144 comuni – ha proseguito il consigliere del Cgie -, ha raccolto il maggior numero di informazioni possibili e ha scritto un libro: “Utopia, il naufragio tra cronaca e storia (17/03/1891)”.  Questa storia – ha sottolineato – in Italia non si conosce. Altre tragedie sì, però questa, in concreto, no. Forse una ragione c’è. La compagnia inglese non era correttamente assicurata e in quel momento lo stato italiano non aveva interesse a creare incidenti diplomatici con l’Inghilterra. Ci si mise d’accordo per mettere tutto a tacere. Indennizzarono i familiari delle vittime. Gli restituirono il prezzo del biglietto… se ben ricordo, al cambio attuale, circa quattro mila euro a persona.

Ma come si è arrivati all’idea di una produzione cinematografica? Mariani ha spiegato:

– Allora… ogni anno Pina Mafodda, il 17 marzo, dall’inizio della pandemia, organizza delle videoconferenze. Sono invitati sindaci, esperti, storici, discendenti di coloro che si sono salvati, e via di seguito. Quest’anno sono stato invitato anch’io. Chiaramente prima di partecipare mi sono informato. Ho letto il libro e mi e sono detto: “strano che questa storia non sia conosciuta in Spagna”. Sono qua da tanti anni, conosco di altri naufragi come quello nelle Canarie o in Cartagena, ma di questo a Gibilterra non ne ho mai sentito parlare. Poi è accaduta la tragedia di Cutro e si è acceso il lumicino. Mi son detto: “questa vicenda è modernissima, sono passati gli anni ma l’essere umano continua a migrare per fame, per le guerre…” Ogni tanto – ha proseguito -, qualche nave affonda e muoiono tante persone. Muoiono testimoniando il desiderio di un futuro migliore. Questo è il simbolo del film che io ho proposto ad Andrea Lazzari, presidente del Comites di Madrid. Ho suggerito di realizzare un cortometraggio… non è la ricostruzione dell’affondamento del piroscafo, ma qualcosa di più moderno, ambientato ai nostri giorni…

– Lavori nell’ambito cinematografico, rappresenti in spagna DiamanteTv, una piattaforma di distribuzione assai innovativa. Sarà questa azienda la responsabile di realizzare il progetto?

– No – ha precisato – , sarà una produzione realizzata al 100 per cento dal Comites.  Io solo darò una mano dal punto di vista operativo, esecutivo. Gestirò i contatti… E poi è una mia idea. Quindi mi piacerebbe portarla a termine partecipando, non come attore ma da dietro le quinte. La mia collaborazione con Diamante Tv potrà essere utile quando sarà il momento della distribuzione.

 – Chi ha scritto il soggetto, la sceneggiatura.

– Fabio Bussotti, scrittore, attore di cinema e di teatro e sceneggiatore. Vive a Madrid. L’ho coinvolto da subito. Lui ha scritto una sceneggiatura bellissima. Mancano ancora i dialoghi, però la storia è quella. Poi ho coinvolto il maestro Fabio Turchetti, dei Khaossia,  altro amico di vecchia data. Gli ho chiesto di scrivermi la colonna sonora.

E lo ha fatto, avvalendosi della collaborazione di un altro musicista sempre amico di Mariani.

– Hanno composto una musica bellissima… – ha affermato soddisfatto _. Insomma, sta partecipando tanta gente. Ma l’aspetto importante è che i sindaci che abbiamo contattato, sono tutti entusiasti di poter portare alla luce questa storia che neanche loro conoscevano.

Comites di Madrid in prima linea

La parola a questo punto passa ad Andrea Lazzari, presidente del Comites. E non poteva essere altrimenti, visto che ha raccolto la sfida e fatto suo un progetto che esula da quelle che sono le competenze del Comites. Ma proprio non limitarsi agli ambiti suggeriti dalla legge e andare oltre è nel DNA del Comites di Madrid. È quel valore aggiunto di cui altri Comites, in altre aree del mondo, fanno difetto.  Fortunatamente non sono la maggioranza.

Andrea Lazzari, presidente del Comites di Madrid

– Ho ereditato un Comites con una storia importante – ha spiegato Lazzari -. Bisogna sempre cercare di superarsi. Come? Con l’aiuto del maestro. Quando Pietro mi ha raccontato questa storia… quando me l’ha accennata, nel corso di una videoconferenza alla quale hanno partecipato anche alcuni sindaci, mi sono sentito immediatamente coinvolto. Mi sono emozionato al pensare a queste povere persone che neanche parlavano italiano, ma solo il loro dialetto, che sono partite in cerca di fortuna e solo hanno trovato la morte. Emigravano perché nei loro paesetti c’era solo miseria. Erano alla sopravvivenza. È un periodo della storia italiana che forse si preferisce dimenticare. E questo ha portato probabilmente al silenzio che ha fatto seguito al naufragio dell’Utopia.

Sottolinea che ora, “la cosa bellissima è che tutti i sindaci, e qua si osserva la società civile che emerge, si sentono obbligati a dover omaggiare questi naufraghi”, gli emigranti che morirono.

– Mafodda – ha commentato – ha fatto un lavoro incredibile; una ricerca storica che l’ha portata a  ritrovare tutti i certificati di morte di coloro che perirono nel tragico naufragio. Ora tocca dare loro la dignità che meritano. Per noi del Comites, i sindaci dei paesi di provenienza delle vittime della tragedia dell’Utopia sono doppiamente importanti. Saranno coloro che ci aiuteranno a realizzare questo cortometraggio, questo film. E saranno coloro che ci aiuteranno a dargli visibilità .

Lazzari è cosciente che lo sforzo del Comites avrà una ragione di essere, avrà successo solo se poi il documentario sarà diffuso.

–  Mariani – assicura – si sta adoperando moltissimo. Deve essere un documentario didattico. Deve essere un qualcosa che permetta a tutti non solo di conoscere la tragedia ma anche di capire che siamo tutti emigranti, indipendentemente dal colore della pelle, da dove veniamo, dalla lingua che parliamo. Tutti dobbiamo avere rispetto per queste persone. Questo è l’insegnamento… è il messaggio che, come Comites, vogliamo promuovere.

– L’Italia, oggi, è allo stesso tempo paese di emigranti e paese di immigranti. La tragedia di Cutro ci insegna che queste “carrette della morte” c’erano prima e ci sono oggi. I nostri nonni, i nostri bisnonni erano carne umana, tonnellate di carne umane. E, ancora oggi, queste tonnellate di carne umana continuano ad esistere… Come emigrante come persona che si è integrata in un altro paese senza aver dimenticato le proprie radici,  cosa si sente al venire a conoscenza delle tante storie come quella dell’Utopia?

–  Dico sempre che purtroppo la storia non insegna – ha commentato -. Se la storia insegnasse tante cose forse non si ripeterebbero. L’uomo dimentica o vuole dimenticare. Quello che accade in Italia succede anche in Spagna. Il fenomeno dell’immigrazione ha dimensioni globali. Non è più possibile fermare le persone, rinchiuderle in un luogo. Si emigra per fuggire dalla miseria o dalla guerra, dalla morte… questo è ancora più drammatico…

– Per realizzare un cortometraggio, un documentario sono necessari finanziamenti. Come pensate di reperirli?

– Il Comites, purtroppo, non riceve denaro – ha spiegato -. Riceve contributi dallo Stato che sono sempre più irrisori. Questa realtà ci ha costretto ad ingegnarci. Faremo un cortometraggio perché tutto deve essere proporzionato a chi promuove l’evento. Nel Comites di Madrid crediamo che, in questa occasione, ci aiuteranno la società civile, i sindaci, le aziende… Siamo estremamente fiduciosi che una micro-raccolta ci permetterà di avere i fondi sufficienti per realizzare un prodotto comunque di alta qualità.

Redazione Madrid

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