Pd: l’addio di Cottarelli scuote i moderati del Partito

Carlo Cottarelli sulla porta dell'albergo a Roma.
Carlo Cottarelli lascia l'albergo a Roma. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Lo scorso mese di febbraio, il senatore Carlo Cottarelli presentava il suo primo disegno di legge, un ddl in perfetto stile Cottarelli che introduceva misure per la trasparenza dei programmi elettorali dei partiti, in modo da smascherare agli occhi dell’elettorato promesse vaghe o irrealizzabili.  Due mesi e mezzo dopo, l’ex dirigente del Fmi e commissario alla spending review annuncia il suo addio a Palazzo Madama a “Che tempo che fa” su Rai3 e in una lettera pubblicata sul sito di Repubblica.

L’Università Cattolica di Milano gli ha chiesto di dirigere un programma per l’insegnamento delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori e “questa cosa purtroppo non è compatibile con il Senato” ha spiegato Cottarelli, rivelando anche come il nuovo corso inaugurato da Elly Schlein sia stato tutto meno che ininfluente nella sua scelta di lasciare i dem:

“È innegabile (basta vedere la composizione della nuova Segreteria) che l’elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo. Ho grande stima di Elly Schlein e non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra. La scelta alle primarie è stata netta e i sondaggi la premiano. Un Pd più a sinistra può trasmettere un messaggio più chiaro agli elettori, cosa essenziale per un partito politico. Ciò detto, mi trovo ora a disagio su diversi temi”.

Un ‘disagio’ che, dopo i recenti addii da quello del senatore Enrico Borghi approdato a Italia Viva a quello dell’europarlamentare Caterina Chinnici direzione Forza Italia, sembra serpeggiare in molte anime moderate di via del Nazareno.

“Penso che il Pd sia ancora quel soggetto che trae la sua forza dal suo essere plurale. Per questo, se sono dispiaciuto per le dimissioni di Cottarelli e le rispetto, nel leggere le sue motivazioni trovo un limite – sottolinea il deputato Lorenzo Guerini –  La nostra comunità è fondata sul  dialogo e sulla ricerca di sintesi, parola antica purtroppo vituperata nell’oggi della politica, tra culture e sensibilità diverse che si riconoscono in un medesimo profilo progressista e riformatore.

Se una di queste voci si spegnesse o abbandonasse il campo, il Pd sarebbe un’altra cosa, non sarebbe più il Pd. Le sue parole però evidenziano un disagio politico. Che sarebbe sbagliato sottovalutare o verso le quali mostrare indifferenza. Le uscite di questi giorni, certamente diverse tra loro, sono motivo di preoccupazione per me e penso preoccupino anche chi ha la responsabilità della guida della nostra comunità”.

Anche per il sindaco di Milano, Beppe Sala, questo “non è un bel segnale. Posso dire che conoscendo Cottarelli un po’ me lo aspettavo, perché lui si sente di appartenere a una linea liberale e progressista che evidentemente non vede rappresentata”.

Nella sua consueta Enews del lunedì, il leader di Italia Viva Matteo Renzi commenta: “Il Pd di Elly Schlein perde pezzi. Dopo Marcucci, Fioroni, Chinnici, Borghi oggi è il turno di Cottarelli. Per chi segue le nostre Enews da tempo queste scelte non sono una sorpresa. Io dico che è solo l’inizio. Diamo tempo al tempo e il quadro politico di questo Paese cambierà profondamente”.

(Redazione/9colonne)

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