Fu suicidio in carcere? Famiglia Dal Corso e Cucchi: “Un’autopsia per Stefano”

Stefano Cucchi in una foto d'archivio
Stefano Cucchi in una foto d'archivio. ANSA / CLAUDIO PERI

ROMA. – Stefano Dal Corso è morto nell’infermeria de carcere di Oristano, lo scorso 12 ottobre, ufficialmente suicida. Del ritrovamento del corpo, però, non esistono rilievi fotografici, e dalle poche foto del cadavere emergono anche ferite di altri tipo, per esempio alle braccia. Per questo la famiglia Dal Corso, nella persona della sorella Marisa, e l’avvocato Armida Decina chiedono a gran voce che venga effettuata sul corpo di Stefano quell’autopsia già negata in prima istanza dai giudici. Per i quali, invece, la causa della morte di Stefano è pacifica: suicidio per impiccagione.

La mobilitazione per fare chiarezza sulla vicenda del 42enne romano, morto in carcere quando la luce in fondo al tunnel iniziava ormai a vedersi (“sarebbe uscito il 31 dicembre 2023, e considerando i vari sconti di pena forse anche qualche mese prima”, spiega l’avvocato Decina), si allarga, e coinvolge adesso anche Ilaria Cucchi, oggi senatrice, ieri (13 anni fa) negli stessi panni di Marisa Dal Corso, costretta a lanciare il proprio appello e a mostrare le foto del corpo del fratello come denuncia direttamente dal Senato della Repubblica.

“Vogliamo sapere che cosa è successo”, scandiscono Marisa Dal Corso e l’avvocato Decina, che illustra tutte le proprie perplessità sulla dinamica ufficiale della morte di Stefano: “Esistono solamente 13 foto del corpo di Stefano – mostrate oggi sala stampa proprio come 13 anni fa quelle scioccanti del corpo dell’altro Stefano , in una conferenza stampa che di fatto sbloccò le indagini del caso Cucchi – ma nessuna del ritrovamento del corso esanime, né del corpo nudo. In questi casi sono abituata a trovare album fotografici diversi. Perché queste foto non c’erano?”.

Decina spiega poi che la dottoressa Cristina Cattaneo, medico legale di fama nazionale, nella propria consulenza escluda che possa bastare un solco al collo come unico elemento per stabilire l’auto-impiccagione, “ma nonostante questo, la scorsa settimana è arrivata l’archiviazione per l’ipotesi di omicidio colposo. Ma vogliamo chiarezza, perché gli elementi sono tanti”.

Tra questi, secondo il legale, anche il fatto che “Stefano era solo nella stanza, il letto sopra alle grate alle quali si sarebbe impiccato era rifatto, senza impronte di piedi. E soprattutto, dove avrebbe preso il lenzuolo usato come corda, se il lenzuolo dell’unico letto della stanza era al proprio al posto, nel letto rifatto?”.  Da qui quella che, per ora, è l’unica richiesta della famiglia: un’autopsia per fare chiarezza.

Nel caso di ulteriore rigetto della richiesta, è stata anche aperta una raccolta fondi (su gofundme) perché “servono 8mila euro per una autopsia completa privata, e la famiglia Dal Corso non è in condizione di affrontare una spesa del genere”, spiega Luca Blasi, assessore del municipio di Roma in cui vive la famiglia Dal Corso, al Tufello. “Vogliamo sapere cosa è successo – ribadisce Marisa, commossa ma ferma –  Non credo che mio fratello abbia voluto fare una cosa del genere, in primis per sua figlia ma anche per le lettere che aveva spedito nei giorni precedenti in cui parlava di “voler ricominciare””.

Il suo è un appello alla trasparenza: “Se fossi responsabile di un carcere e venissi messa in discussione, sarei la prima a richiedere una autopsia per chiarire la posizione di una persona posta sotto la tutela dello stato”.  Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, parla di “fallimento dello Stato” per il fatto che “a distanza di 13 anni un’altra famiglia viene qui, nella stessa sala del Senato dove io mostrai le foto del cadavere martoriato di mio fratello, ed è costretta nel dolore a mostrare altre foto. Il mio impegno – assicura – sarà totale: per la vicinanza a questa famiglia, ma anche affinché in Italia, come è giusto che sia, venga introdotta l’obbligatorietà di eseguire l’autopsia in caso di morte sospetta in carcere”.

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