Al Congresso Cgil il giorno di Giorgia Meloni: “No al salario minimo”

Rimini, 17/03/2023 - Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il suo intervento.
Rimini, 17/03/2023 - Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il suo intervento. (Ufficio Stampa Presidenza del Consiglio)

ROMA. Al XIX Congresso nazionale della CGIL, a Rimini, oggi è stato il giorno di Giorgia Meloni. Un intervento attesissimo, fortemente voluto da Maurizio Landini che, in qualche modo, ha sfidato le polemiche della base del sindacato, molto divisa sull’opportunità di ospitare la Presidente del Consiglio, soprattutto dopo i fatti di Cutro e la contestata riforma fiscale.

Prima dell’arrivo di Meloni, i contrari alla sua partecipazione hanno organizzato presidi davanti all’entrata del Palacongressi, con manifesti e peluche per richiamare la mancata visita della Premier alle vittime del naufragio davanti alle coste della Calabria.

“Meloni: non in nostro nome. Cutro: strage di Stato”, recitavano alcuni striscioni; per terra, anche tanti peluche che, come ha spiegato la portavoce Eliana Como, “vogliamo portare in sala e mettere nelle prime file davanti al palco”. L’arrivo di Giorgia Meloni è stato, invece, accompagnato da gelido silenzio che, però non ha intimorito la Presidente del Consiglio, arrivata sul palco della CGIL consapevole che si trattava di una platea ostile.

Meloni replica ai contestatori

Dopo la lunga relazione di Landini dei giorni scorsi, che ha attaccato su più fronti il governo, è arrivata dunque la risposta della Premier, che è stata conciliante ma ferma, non senza una punta di polemica per le contestazioni in corso: “Ringrazio tutta la CGIL, anche chi mi contesta, alcuni manifesti mi hanno fatto ridere, come quello che diceva ‘Pensati sgradita’. Non pensavo che la Ferragni fosse un metalmeccanico.

È comunque un appuntamento al quale non ho voluto rinunciare, in segno di rispetto per il sindacato che è la più antica organizzazione del lavoro del nostro paese. Il governo intende portare avanti un approccio di ascolto, e questo congresso è un esercizio di democrazia che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità di governo e di decisione come me”.

“Colmo 27 anni di assenze”

Giorgia Meloni è quindi entrata subito nel vivo degli “attacchi” ricevuti da Landini al suo governo: “sulla relazione di Landini sono contenta di leggere che la CGIL non è un sindacato di opposizione, ma non ho trovato nulla di quello che il governo ha fatto finora su cui il Sindacato sia d’accordo”.

Ma ha altresì ribadito la necessità del confronto tra chi, come lei, ha l’onere di fare delle scelte che ricadono su tutto il paese e un’organizzazione sindacale che ha il compito di difendere i diritti dei lavoratori. Meloni, infatti, si è appellata all’unità, rappresentata dalla ricorrenza – che cade proprio oggi – dell’Anniversario dell’Unità d’Italia:

“Oggi, 17 marzo, è la Festa dell’Unità Nazionale. La mia presenza non colma solo quel vuoto che vede da 27 anni l’assenza del capo del governo al congresso della CGIL. Era normale che ci fosse il Presidente del Consiglio più lontano idealmente dalla CGIL? Credo di sì, perché la mia presenza può celebrare davvero l’unità nazionale”.

Salario minimo e riforma fiscale

Meloni imposta quindi la discussione sulla sua idea di crescita occupazionale ed economica, senza concedere spazi a quelle che sono, storicamente le rivendicazioni dei sindacati. A cominciare dal tema più caldo del momento, ossia l’istituzione per legge del salario minimo:

“Veniamo da un mondo in cui ci veniva detto che la povertà si poteva abolire per decreto, che il lavoro si poteva creare per decreto. Oggi si dice che per legge si possono garantire salari adeguati. Se fosse così, dovrebbe essere lo stato a creare ricchezza, ma le cose non stanno così. E lo abbiamo visto, perché nonostante i decreti, la povertà non è stata abolita, anzi è aumentata. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Quello che compete allo stato è immaginare regole giuste, e redistribuire la parte di ricchezza che gli compete”.

Giorgia Meloni ribadisce più volte, durante il suo intervento, la contrarietà forte sua e del suo governo al salario minimo e spiega chiaramente il perché: “credo che l’introduzione del salario minimo legale non sia la strada più efficace, perché temo il rischio che diventi, non una tutela aggiuntiva rispetto a quelle garantite dalla contrattazione collettiva, ma una sostitutiva, e questo finirebbe per fare un altro favore alle grandi concentrazioni economiche, che hanno come obiettivo quello di rivedere a ribasso i diritti dei lavoratori”.

Secondo la Presidente del Consiglio, quindi, “per favorire la crescita occupazionale, per aumentare le retribuzioni, la base è far ripartire l’economia, sostenere il sistema produttivo, restituire all’Italia anche un po’ di sana fiducia in sé stessa, liberare le sue energie migliori”.

È qui che  Giorgia Meloni rivela il suo interesse principale, ossia quello di spiegare le ragioni che hanno portato alle scelte contenute nella riforma fiscale appena varata dal Consiglio dei Ministri, contestatissima dai sindacati, e dalla CGIL in particolare, secondo Meloni in maniera eccessivamente “frettolosa”.

“Noi lavoriamo – sostiene la Premier – per consegnare agli italiani una riforma complessiva del sistema fiscale che migliori l’efficienza della struttura delle imposte, che riduca il carico fiscale, che contrasti adeguatamente l’evasione fiscale che ha un tax gap, che è stabilmente intorno ai 100 miliardi di euro, nonostante gli interventi che si sono succeduti nel tempo, una riforma che semplifichi gli adempimenti a carico dei contribuenti, crei un nuovo rapporto di fiducia tra lo stato e il contribuente. Vogliamo in sostanza usare la leva fiscale come strumento base per la crescita economica”.

(Redazione/9colonne)

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