Case green: il Parlamento europeo approva la direttiva, critico il centrodestra

Una veduta del quartiere Fuorigrotta a Napoli con una alta concentrazione di immobili
Una veduta del quartiere Fuorigrotta a Napoli con una alta concentrazione di immobili, 13 aprile 2022. ANSA / CIRO FUSCO

MADRID. Con 343 voti favorevoli, 216 contrari e 78 astenuti, il Parlamento Europeo ha approvato in prima lettura la direttiva sul rendimento energetico degli edifici: tecnicamente si tratta dell’Energy Performance of Building Directive, ma in queste ultime settimane la direttiva è stata definita delle “Case Green”.

Dopo l’approvazione si apre ora un nuovo capitolo, che coinvolgerà anche il Consiglio e la Commissione europea; da lì uscirà la direttiva definitiva che, una volta approvata, dovrà entrare in vigore negli Stati membri tra cui, ovviamente, l’Italia. E proprio dalla componente di governo italiana traspare delusione per l’approvazione della direttiva (hanno votato a favore Pd, M5S e Verdi, astenuto il Terzo Polo).

Una delusione evidente nelle parole del Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin: “La direttiva sulle Case Green è insoddisfacente per l’Italia. Continueremo a batterci a difesa dell’interesse nazionale. Individuare una quota di patrimonio edilizio esentabile per motivi di fattibilità economica è stato un passo doveroso e necessario, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”.

Malumori anche da Fratelli d’Italia e dalla Lega, con gli eurodeputati del Carroccio che commentano così in una nota: “Un duro colpo all’Italia, alle nostre imprese e ai nostri lavoratori, cui vengono imposti dall’alto nuovi oneri e nuove imposizioni, con costi di decine di migliaia di euro sulle spalle di ogni famiglia italiana”.

Cosa prevede la direttiva

Entrando nel dettaglio, quali sono i punti principali della direttiva? Gli edifici dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 2030, la D tre anni dopo e la neutralità assoluta entro il 2050. Questo per quanto riguarda le case, mentre i tempi si restringono per edifici non residenziali e pubblici: scadenze fissate al 2027 e al 2030.

Non mancano delle deroghe, ad esempio sui monumenti (si prevede l’esclusione dalle norme) e gli edifici di culto o di particolare valore architettonico. Possibili, inoltre, delle esenzioni per l’edilizia sociale pubblica, in quanto le ristrutturazioni innescherebbero aumenti di affitti che non sarebbero poi compensati da risparmi nelle bollette.

(Redazione/9colonne)

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