Von der Leyen lancia una Norimberga per i crimini russi

La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen durante il forum sugli aiuti all'Ucraina.
La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen durante il forum sugli aiuti all'Ucraina.. (Photo by John MACDOUGALL / AFP)

BRUXELLES. – Una nuova Norimberga sui crimini della Russia. Un tribunale speciale che arrivi dove la Corte Penale Internazionale non può intervenire. In un breve video lanciato di prima mattina Ursula von der Leyen prova a sferzare il fronte europeo pro-Ucraina dopo settimane di segnali di affaticamento, soprattutto finanziario. Lo fa puntando ad un duplice obiettivo: da un lato rendere i vertici russi perseguibili, dall’altro confiscare gli asset congelati di Mosca come forma di risarcimento delle devastazioni portate alle città ucraine.

La proposta della Commissione è destinata a fare rumore a Bruxelles e non solo. Perché si tratta dell’inizio di un percorso difficile, dal punto di vista giuridico e politico. Un percorso che non potrà prescindere dal sostegno della comunità internazionale. La Commissione ha lanciato due ‘paper’ differenti come base della discussione; il primo riguarda il tribunale speciale, il secondo il sentiero legale per arrivare alla confisca dei beni congelati in ossequio alle sanzioni.

“Ci assicureremo che la Russia paghi per la devastazione che ha causato, con i fondi congelati degli oligarchi e i beni della sua banca centrale”, ha sottolineato von der Leyen, assicurando che sulla creazione del tribunale ad hoc sarà cercato “il più ampio consenso possibile”. La proposta verrà presentata alla riunione dei Rappresentanti dei 27 di giovedì e ha già innescato due importanti reazioni. Da un lato quella degli Usa, che hanno assicurato il loro sostegno “all’idea di uno sforzo internazionale per mettere Mosca di fronte alle sue responsabilità”.

Sul fronte opposto la risposta dei russi non si è fatta attendere: “Se i beni dei nostri cittadini saranno confiscati ci saranno misure adeguate”, ha avvertito la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova.

In realtà la proposta della Commissione ha tempi di attuazione lunghi e un esito incerto. “E’ innanzitutto un messaggio politico, è importante dire che la Russia può essere perseguita e che deve risarcire i danni arrecati”, ha frenato un alto funzionario europeo. Sull’istituzione di un tribunale speciale l’obiettivo dell’Ue è avere il sostegno dell’Onu.

Non del Consiglio di Sicurezza, dove il veto della Russia (e della Cina, molto probabilmente) farà franare la richiesta di Bruxelles, ma dell’Assemblea Generale. Una delle basi da cui partire, viene raccontato dalla Commissione, potrebbe essere la risoluzione dell’11 novembre in cui, nel paragrafo 4, l’Assemblea generale Onu ha raccomandato la creazione da parte degli Stati membri, in collaborazione con l’Ucraina, di un registro internazionale dei danni. Nell’idea di Bruxelles il tribunale potrebbe essere ibrido (composto da giudici stranieri e ucraini) o internazionale. E opererebbe laddove la Corte penale internazionale, il cui Trattato non è stato ratificato da Mosca, non può agire.

Il primo passo giuridico per la confisca degli asset russi è stato invece l’inserimento delle violazioni delle sanzioni anti-russe nella categoria degli ‘eurocrimini’. Se c’è un crimine, c’è una condanna che, nella strategia della Commissione, potrebbe includere la confisca dei beni di chi ha violato le misure restrittive. Sul reato non ci può essere retroattività ma sul congelamento degli asset sì.

Il punto è che sarebbero confiscabili solo gli asset liquidi. E dei 300 miliardi delle riserve della banca centrale russa – 19 sono invece i miliardi congelati di cittadini privati – bloccati dall’Ue, al momento, i tecnici della Commissione non sanno quale sia la parte liquida. Sarà necessaria, in ogni caso, la collaborazione degli Stati membri. Von der Leyen, tuttavia, ha assicurato massima determinazione. Inciampando anche in un errore: nel video ha parlato di 100mila vittime tra i soldati ucraini. Poco dopo il frame è stato rimosso. Il dato, ha spiegato la portavoce Dana Spinant, era inesatto.

(di Michele Esposito/ANSA)

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